La bocchinara
(consiglio la lettura dei post precedenti)
Con la partenza di Maurizio si interruppero anche gli incontri.
Per me fu un discreto problema: l’esperienza con loro era stata straordinaria e ne sentivo la mancanza; sovente mi trovavo vagheggiare su come ricreare avventure simili.
Avrei potuto incontrare Paolo da sola, ma mi sembrava strano… era sempre stato Maurizio a organizzare gli incontri.
Tuttavia, dopo diverse settimane senza scopate, mi decisi e, una sera, lo chiamai. Felici di sentirci, concordammo di vederci in macchina.
Così, un paio di giorni dopo, ci trovammo in un parcheggio davanti alla Fiat Mirafiori. Per ovvie ragioni, scelsi uno stile più casto del solito: camicetta bianca a strisce nere, minigonna nera e dorsay a tacco basso; logicamente non potevano mancare le autoreggenti color carne e mutandine di pizzo aperte dietro. Tra l’altro, era il look che avevo utilizzato durante un paio di tour notturni in solitaria.
Quando arrivai, lui mi stava già aspettando; scesi dall’auto e salii sulla sua.
Parlammo a lungo del più e del meno e poi, inevitabilmente, la discussione scivolò sul sesso. Ripercorremmo i passaggi più importanti da quando ci eravamo conosciuti; ammise che l’avevo eccitato fin da quando avevo iniziato a vestirmi da donna; confessò di aver incalzato Mauri affinché collaborasse con lui per persuadermi a travestirmi e che il valzer di pornazzi a tema trans non era stato casuale; se non fosse stato per quel preconcetto insinuato durante i primi incontri, mi avrebbero scopata molto prima. La minuzia con cui descriveva i diversi momenti confermava un interesse per la mia licenziosità che, evidentemente, all’epoca non avevo colto.
Riconobbi che, anche per me, l’esperienza era stata molto gratificante; i loro cazzi - in particolare il suo – me li sarei succhiati da subito.
Alla fine entrambi dovemmo riconoscere che l’ultima volta fu insuperabile; gli raccontai le sensazioni provate durante la loro doppia scopata e lui fece altrettanto. L’unica cosa di cui non si dichiarò troppo entusiasta fu il fisting: vedere il mio culo così dilatato lo aveva impressionato un po’.
Inevitabilmente queste confessioni ci eccitarono e, poco dopo, mi ritrovai a spompinarlo.
Quando si trattò di scopare, mi tolsi la gonna e mi sdraiai sul sedile del passeggero a gambe larghe, un po’ come fanno le puttane.
Per inciso, ho sempre detestato la scomodità di fare sesso in macchina e anche in quella occasione ne ebbi la riprova.
Nonostante il suo impegno ad incularmi, mi accorsi subito che non era godurioso come al solito: era solo una “banale” scopata. Anche lui, credo, se ne accorse. Non c’era più la stessa atmosfera dei nostri incontri a tre.
Lo incitai lo stesso chiedendogli di scoparmi forte e, poco dopo, mi riempì di sperma il culo. Non era stato male, ma nulla al confronto con quelle cavalcate a cui mi avevano educata.
Ci incontrammo ancora un paio di volte. L’ultima sera, ammisi che trovavo un po’ “impegnativo” quel modo di vederci; mi costringeva a una preparazione lunghissima per una semplice sveltina.
Forse ero stata fortunata ad iniziare la mia esperienza con due ragazzi, ma le scopate da fidanzatini non mi andavano proprio; così, gli confessai che cercavo qualcosa di più appassionante, che volevo di nuovo essere usata come una vera troia. Lui capì: volevo delle emozioni forti. Ne parlammo un po’ e poi, con un goffo tentativo di dare un contributo alla discussione, mi chiese se non avessi provato a frequentare parcheggi o cinema. Li per lì, rimasi un po’ sorpresa: non ero mai stata né in uno, né nell’altro, ma gli promisi che ci avrei pensato; poco dopo ci salutammo.
Purtroppo, per qualche mese tornai a segarmi in cantina.
A dire la verità, tentai con degli annunci su internet, ma con risultati scadenti; non ricordo di preciso, ma tutto si risolse con un paio di pompini.
Per fortuna arrivò la primavera e decisi di tornare alla mia prima passione: fare porcate all’aperto. Il posto prescelto fu un boschetto appartato lungo una stradina di campagna; l’avevo frequentato nel periodo prima di conoscere M. e P.
Mi piaceva questo ritorno al passato perché mi ricordava i tempi delle prime esperienze in montagna. All’epoca, non mi vestivo ancora da donna, mi limitavo ad incularmi col dildo sognando di essere sorpresa.
Ora, però, il desiderio era diventato quello di essere scopata davvero: forse potevo approfittare del boschetto per fare sesso con qualcuno.
Così, durante una telefonata con Paolo, gli raccontai di questa nuova pratica ma lui si dimostrò solo tiepidamente incuriosito: non aveva più la solita cordialità; pensai che fosse ancora risentito per il mio giudizio sui nostri ultimi incontri.
In ogni caso, accettò l’invito.
Gli spiegai come raggiungere il posto dove mi appartavo e, quando arrivò, mi feci trovare abbigliata da battona; infatti, nel frattempo avevo acquistato degli stivali rossi alla coscia (più adatti a camminare sui sentieri) che solitamente abbinavo ad un corpetto rosso lucido (quello che avevo usato durante l’ultima scopata con loro due).
Visto il look da vera bagascia, i suoi pesanti commenti non mi stupirono: “Sembri una bocchinara”, “Dovresti fare la puttana”, “Sei pronta per il marciapiede”. Ero abituata il suo modo ‘colorito’ di rivolgersi a me. Però notai che non erano più gli insulti simpatici che mi faceva nell’ufficio di Maurizio; ora c’era anche del vero disprezzo; questo comprovò la mia ipotesi che si stesse allontanando. Mi rammaricai, ma contemporaneamente, l’umiliazione mi provocò una certa eccitazione.
Sempre con modi piccanti, mi chiese di fargli vedere le performance di cui gli avevo parlato. Così, iniziai scopandomi col dildo seduta sul sedile della macchina; visto che la posizione non si adattava molto a queste operazioni, decisi di scendere e appoggiare il dildo sulla porta, in orizzontale; poi mi chinai e me lo spinsi nel culo. Piegata in avanti ero all’altezza del suo cazzo che, nel frattempo, Paolo aveva tirato fuori e che si massaggiava lentamente guardandomi. Poco dopo, glielo presi in mano e, poi, cominciai a slinguarglielo. Smisi di muovermi col culo per concentrarmi sulla pompa; sentii il suo cazzo irrigidirsi e, poco dopo, mi sborrò copiosamente in faccia; alcuni schizzi mi finirono anche in bocca. In quel momento, lui si spinse un po’ avanti e fece entrare il suo cazzo nella mia gola per farmi bere anche le ultime gocce: ero in estasi. Dio come mi piaceva quando mi umiliava così!
Silenziosamente, iniziò a pulirsi con un fazzoletto di carta.
Io, invece, non mi sfilai il dildo dal culo e continuai a scoparmelo; Paolo non mi aveva inculata e io avevo bisogno di godere ancora.
Mi guardò per un po’ e poi, a sorpresa, mi chiese se ero disponibile a fare pompe anche ad altri. L’idea, in quel momento, mi sembrò molto interessante. In qualche modo poteva essere un’occasione per ricreare un gruppetto.
Così la settimana successiva invitò due amici più giovani. Non so bene da dove arrivassero ma, da quello che avevo capito, erano amici di gioventù.
Erano entrambi smilzi; uno aveva il pizzetto; ambedue superavano di poco i vent’anni.
Paolo mi presentò a loro senza risparmiare commenti osceni sulla mia troiaggine: “È la vacca di cui vi ho parlato”, “Succhia cazzi e beve fiumi di sborra”. I due ragazzi mi sembrarono divertiti e imbarazzati; in effetti, quello dei due meno intimidito ammise di essere rimasto un po’ sorpreso di trovare una “zoccolona senza mutande in un bosco”.
Comunque non si tirarono indietro: a turno mi raggiunsero a ridosso di un cespuglio e si fecero spompinare; entrambi mi sborrarono in faccia.
Si pulirono con un fazzolettino, salutarono e si allontanarono.
Paolo li raggiunse poco dopo, ma prima mi costrinse ‘gentilmente’ bere anche il suo sperma.
Più tardi li sentii parlottare: si stavano mettendo d’accordo per l’incontro successivo e lo facevano senza consultarmi; davano per scontato che io ci sarei stata, un po’ come se io fossi una puttana vera. Lo trovavo oltremodo eccitante. “Fai girare la voce; a questa zoccola piace la sborra!” chiosò qualcuno.
Praticamente ero uno sborratoio. In un certo senso, ero di nuovo in pista!
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Con la partenza di Maurizio si interruppero anche gli incontri.
Per me fu un discreto problema: l’esperienza con loro era stata straordinaria e ne sentivo la mancanza; sovente mi trovavo vagheggiare su come ricreare avventure simili.
Avrei potuto incontrare Paolo da sola, ma mi sembrava strano… era sempre stato Maurizio a organizzare gli incontri.
Tuttavia, dopo diverse settimane senza scopate, mi decisi e, una sera, lo chiamai. Felici di sentirci, concordammo di vederci in macchina.
Così, un paio di giorni dopo, ci trovammo in un parcheggio davanti alla Fiat Mirafiori. Per ovvie ragioni, scelsi uno stile più casto del solito: camicetta bianca a strisce nere, minigonna nera e dorsay a tacco basso; logicamente non potevano mancare le autoreggenti color carne e mutandine di pizzo aperte dietro. Tra l’altro, era il look che avevo utilizzato durante un paio di tour notturni in solitaria.
Quando arrivai, lui mi stava già aspettando; scesi dall’auto e salii sulla sua.
Parlammo a lungo del più e del meno e poi, inevitabilmente, la discussione scivolò sul sesso. Ripercorremmo i passaggi più importanti da quando ci eravamo conosciuti; ammise che l’avevo eccitato fin da quando avevo iniziato a vestirmi da donna; confessò di aver incalzato Mauri affinché collaborasse con lui per persuadermi a travestirmi e che il valzer di pornazzi a tema trans non era stato casuale; se non fosse stato per quel preconcetto insinuato durante i primi incontri, mi avrebbero scopata molto prima. La minuzia con cui descriveva i diversi momenti confermava un interesse per la mia licenziosità che, evidentemente, all’epoca non avevo colto.
Riconobbi che, anche per me, l’esperienza era stata molto gratificante; i loro cazzi - in particolare il suo – me li sarei succhiati da subito.
Alla fine entrambi dovemmo riconoscere che l’ultima volta fu insuperabile; gli raccontai le sensazioni provate durante la loro doppia scopata e lui fece altrettanto. L’unica cosa di cui non si dichiarò troppo entusiasta fu il fisting: vedere il mio culo così dilatato lo aveva impressionato un po’.
Inevitabilmente queste confessioni ci eccitarono e, poco dopo, mi ritrovai a spompinarlo.
Quando si trattò di scopare, mi tolsi la gonna e mi sdraiai sul sedile del passeggero a gambe larghe, un po’ come fanno le puttane.
Per inciso, ho sempre detestato la scomodità di fare sesso in macchina e anche in quella occasione ne ebbi la riprova.
Nonostante il suo impegno ad incularmi, mi accorsi subito che non era godurioso come al solito: era solo una “banale” scopata. Anche lui, credo, se ne accorse. Non c’era più la stessa atmosfera dei nostri incontri a tre.
Lo incitai lo stesso chiedendogli di scoparmi forte e, poco dopo, mi riempì di sperma il culo. Non era stato male, ma nulla al confronto con quelle cavalcate a cui mi avevano educata.
Ci incontrammo ancora un paio di volte. L’ultima sera, ammisi che trovavo un po’ “impegnativo” quel modo di vederci; mi costringeva a una preparazione lunghissima per una semplice sveltina.
Forse ero stata fortunata ad iniziare la mia esperienza con due ragazzi, ma le scopate da fidanzatini non mi andavano proprio; così, gli confessai che cercavo qualcosa di più appassionante, che volevo di nuovo essere usata come una vera troia. Lui capì: volevo delle emozioni forti. Ne parlammo un po’ e poi, con un goffo tentativo di dare un contributo alla discussione, mi chiese se non avessi provato a frequentare parcheggi o cinema. Li per lì, rimasi un po’ sorpresa: non ero mai stata né in uno, né nell’altro, ma gli promisi che ci avrei pensato; poco dopo ci salutammo.
Purtroppo, per qualche mese tornai a segarmi in cantina.
A dire la verità, tentai con degli annunci su internet, ma con risultati scadenti; non ricordo di preciso, ma tutto si risolse con un paio di pompini.
Per fortuna arrivò la primavera e decisi di tornare alla mia prima passione: fare porcate all’aperto. Il posto prescelto fu un boschetto appartato lungo una stradina di campagna; l’avevo frequentato nel periodo prima di conoscere M. e P.
Mi piaceva questo ritorno al passato perché mi ricordava i tempi delle prime esperienze in montagna. All’epoca, non mi vestivo ancora da donna, mi limitavo ad incularmi col dildo sognando di essere sorpresa.
Ora, però, il desiderio era diventato quello di essere scopata davvero: forse potevo approfittare del boschetto per fare sesso con qualcuno.
Così, durante una telefonata con Paolo, gli raccontai di questa nuova pratica ma lui si dimostrò solo tiepidamente incuriosito: non aveva più la solita cordialità; pensai che fosse ancora risentito per il mio giudizio sui nostri ultimi incontri.
In ogni caso, accettò l’invito.
Gli spiegai come raggiungere il posto dove mi appartavo e, quando arrivò, mi feci trovare abbigliata da battona; infatti, nel frattempo avevo acquistato degli stivali rossi alla coscia (più adatti a camminare sui sentieri) che solitamente abbinavo ad un corpetto rosso lucido (quello che avevo usato durante l’ultima scopata con loro due).
Visto il look da vera bagascia, i suoi pesanti commenti non mi stupirono: “Sembri una bocchinara”, “Dovresti fare la puttana”, “Sei pronta per il marciapiede”. Ero abituata il suo modo ‘colorito’ di rivolgersi a me. Però notai che non erano più gli insulti simpatici che mi faceva nell’ufficio di Maurizio; ora c’era anche del vero disprezzo; questo comprovò la mia ipotesi che si stesse allontanando. Mi rammaricai, ma contemporaneamente, l’umiliazione mi provocò una certa eccitazione.
Sempre con modi piccanti, mi chiese di fargli vedere le performance di cui gli avevo parlato. Così, iniziai scopandomi col dildo seduta sul sedile della macchina; visto che la posizione non si adattava molto a queste operazioni, decisi di scendere e appoggiare il dildo sulla porta, in orizzontale; poi mi chinai e me lo spinsi nel culo. Piegata in avanti ero all’altezza del suo cazzo che, nel frattempo, Paolo aveva tirato fuori e che si massaggiava lentamente guardandomi. Poco dopo, glielo presi in mano e, poi, cominciai a slinguarglielo. Smisi di muovermi col culo per concentrarmi sulla pompa; sentii il suo cazzo irrigidirsi e, poco dopo, mi sborrò copiosamente in faccia; alcuni schizzi mi finirono anche in bocca. In quel momento, lui si spinse un po’ avanti e fece entrare il suo cazzo nella mia gola per farmi bere anche le ultime gocce: ero in estasi. Dio come mi piaceva quando mi umiliava così!
Silenziosamente, iniziò a pulirsi con un fazzoletto di carta.
Io, invece, non mi sfilai il dildo dal culo e continuai a scoparmelo; Paolo non mi aveva inculata e io avevo bisogno di godere ancora.
Mi guardò per un po’ e poi, a sorpresa, mi chiese se ero disponibile a fare pompe anche ad altri. L’idea, in quel momento, mi sembrò molto interessante. In qualche modo poteva essere un’occasione per ricreare un gruppetto.
Così la settimana successiva invitò due amici più giovani. Non so bene da dove arrivassero ma, da quello che avevo capito, erano amici di gioventù.
Erano entrambi smilzi; uno aveva il pizzetto; ambedue superavano di poco i vent’anni.
Paolo mi presentò a loro senza risparmiare commenti osceni sulla mia troiaggine: “È la vacca di cui vi ho parlato”, “Succhia cazzi e beve fiumi di sborra”. I due ragazzi mi sembrarono divertiti e imbarazzati; in effetti, quello dei due meno intimidito ammise di essere rimasto un po’ sorpreso di trovare una “zoccolona senza mutande in un bosco”.
Comunque non si tirarono indietro: a turno mi raggiunsero a ridosso di un cespuglio e si fecero spompinare; entrambi mi sborrarono in faccia.
Si pulirono con un fazzolettino, salutarono e si allontanarono.
Paolo li raggiunse poco dopo, ma prima mi costrinse ‘gentilmente’ bere anche il suo sperma.
Più tardi li sentii parlottare: si stavano mettendo d’accordo per l’incontro successivo e lo facevano senza consultarmi; davano per scontato che io ci sarei stata, un po’ come se io fossi una puttana vera. Lo trovavo oltremodo eccitante. “Fai girare la voce; a questa zoccola piace la sborra!” chiosò qualcuno.
Praticamente ero uno sborratoio. In un certo senso, ero di nuovo in pista!
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7 years ago