Scritto da me: vita milanese
VITA MILANESE
Mi chiamo Lucilla e sono una sposa felice.
Beh, non del marito, naturalmente.
Ho conosciuto il mio attuale maritino, che d'ora in poi chiameremo amichevolmente, anche per amor di precisione, “il Coglionazzo”, abbreviato in il “C.” al liceo, proprio all'ultimo anno, per riunificazione tra due classi. Oggi non riesco a capire cosa allora mi sia piaciuto in lui, ma tant’è che ci siamo messi insieme quasi subito, voglio dire dopo pochi giorni.
Sarà stato probabilmente il suo modo di fare, un po’ esitante e molto composto, che me lo faceva sembrare maturo e posato, in mezzo ad una massa di ragazzetti e ragazzotti decisamente piuttosto buzzurri e per lo più brufolosi. Era alto, magro e biondastro.
Io sono tuttora, ed a maggior ragione ero allora, un vero bocciolo di bellezza latina, alta 1,68, con un seno grande e molto guardato anche se un po' pendulo: una che attira i maschietti come il miele le mosche.
Subito fidanzatini, ho scelto di iscrivermi all’università di Milano, a veterinaria (facoltà con un numero enorme di esami) ed abitando con mia madre ed il mio patrigno nel Varesotto ho cominciato ad appoggiarmi anche logisticamente al C., per dormire a casa sua quando dovevo o volevo fermarmi a Milano. Mia madre si è subito dimostrata ostile a questa mia “disinvoltura” ed anche se mi sono dilungata pazientemente ad elencarle la quantità di nostri conoscenti che sono tranquillamente conviventi, non l'ho smossa d'un centimetro: tipica “paolotta”! Anche per questo, per rendermi più indipendente, ho deciso di cominciare a lavorare in un'agenzia immobiliare, pagata per andare in giro a mostrare alla gente gli appartamenti in vendita od in affitto.
D'altra parte, con tutto dell'affetto che mi lega a mia madre, ho orrore di finire sfigata come lei: s'è sposata giovanissima con un industriale ricco e rampante che l'ha messa incinta di me e dopo quattro mesi se n'è andato in un incidente di deltaplano; lei dopo due anni s'è risposata (con l'avvocato di fiducia del mio defunto padre), che dopo un annetto ha avuto un incidente di moto, rimanendo paralizzato e un po' anche inebetito. Quando una volta l'ho detto al C., lui si è limitato a toccarsi la palla sinistra (per via dei mariti uno morto, l'altro invalido), senza nemmeno capire cosa volevo dirgli della mia voglia e gioia di vivere.
Il mio primo problema col C. però è stato il suo stile di vita: fare il saccopelista da adolescente ha un certo sapore, ma con gli anni sfocia nel barbonismo; mi spiego: quando ci siamo conosciuti a scuola, io ero di famiglia danarosa e lui neanche un po'. Quando lui faceva l'università ed io ho cominciato a lavorare nel settore immobiliare la differenza economica si è accresciuta ed io che non avevo fretta di finire l'università spesso uscivo alla sera con amici vari mentre lui restava a casa a studiare. Secondo lui ho le mani bucate, ma è lui che è fanatico del risparmio: tendeva a sublimare psicologicamente in astrusi calcoli finanziari la propria mancanza di quattrini. Qualche volta ricordo che ho insistito per farlo uscire con me, perché non mi piaceva fare la figura di fronte ai miei amici di quella col fidanzato pantofolaio, ma lui ha avuto la faccia tosta di criticarmi per come mi comportavo con altri ragazzi: non che non avesse un minimo di ragione, visto che loro mi trattavano provocatoriamente, in sua presenza, da troia, palpandomi le tette ecc. ed ovviamente si trattava di amici a cui l'avevo già data. Però a fare il malmostoso non aveva proprio niente da guadagnarci. Poi una volta, uno dei miei colleghi d'università, in crisi di maschilismo e decisamente un po' bevuto, si è messo a fargli la predica, che non doveva stare insieme ad una troia come me, che io sono una che la da a tutti eccetera eccetera... Risultato: il C. non ha più voluto uscire con me e la mia compagnia. Io mi ero già preparata a convincerlo che quello parlava soltanto per invidia, che non c'era niente (o quasi) di vero, ma il C. si è limitato a criticare il tipo che non si faceva i fatti suoi.
Dopo 3 anni il C. si è laureato in primavera (laurea breve di indirizzo finanziario) e grazie al voto massimo ha trovato subito un posto pagato benino in una società di investimenti finanziari. Così mi sono decisa e gli ho imposto di andare a vivere stabilmente insieme, in un appartamento più decente, in zona De Angeli, nonostante la riprovazione di mia madre: debbo dire che oramai ero pronta a tutto pur di sfuggire definitivamente dall'atmosfera della casa di provincia, col patrigno moribondo.
Così, mentre quest’anno già a maggio è esplosa la caldissima estate milanese, torrida ed afosa, noi abbiamo deciso di rinunciare totalmente alle normali vacanze estive per la necessità di sistemare l'appartamento, in cui peraltro già abitiamo, avendo rapidamente traslocato i nostri (suoi) pochi nobili con l’aiuto di un paio di nostri (miei) amici. Stante che il C. adesso lavora sempre fino a sera, talvolta anche nei fine settimana, per quei fanatici di americani, parlando sempre più spesso di percentuali di non so bene che, siamo arrivati a concordare che tocchi a me seguire i pochi lavori necessari di muratore, per spostare una porta e togliere un tramezzo. Solo che quando vedo il muratore davanti all’uscio del nuovo appartamento, mi si rimescola subito qualcosa dentro: ha dei pantaloncini cortissimi di jeans ultrastracciati, è a torso nudo, abbronzatissimo, sui 25 anni. Il C. gli spiega prolisso cosa deve fare e quello strafottente guarda fisso soltanto me. Lo trovo molto diverso da quelli del mio ambiente umano abituale. Tanto per non restare lì a guardarlo imbambolata o peggio ancora sembrargli imbarazzata, mi informo un po' su di lui e quello mi risponde con naturalezza, dandomi del tu. Il C. sta per uscire e mi tira da parte per raccomandarmi di sorvegliarlo sì, ma senza fargli perdere tempo, con quello che ci costa. Poi esce. Ed io, per non fargli perdere tempo, vado a farmi una doccia. Torno dopo quindici minuti, con l'accappatoio non proprio chiusissimo, e trovo che lui ha già tirato giù il tramezzo (di cartongesso) e sta facendo il buco per la porta: mi chiede quanto voglio alto il vano-porta, io salgo su uno sgabello e faccio un segno sul muro col suo matitone che mi ha porto, faccio per scendere, ma l'accappatoio si è vieppiù aperto e gli finisco mezza nuda tra le braccia: ridiamo insieme, ci spostiamo senza parlare nella cucina lì accanto, dove per fortuna non è entrata molta polvere, e lì mi fa sfilare l’accappatoio rosa e mi scopa, prendendomi con naturalezza, come se fossimo da sempre amanti abituali, lui in piedi ed io seduta sul bordo del tavolo di cucina, con le cosce spalancate un po’ puntata sulle braccia tese dietro, poi abbracciata stretta a lui per sentirmelo entrare più in fondo. Io non uso mai il preservativo, che odio visceralmente, ed alla fine mi fa scendere in ginocchio a ripulirgli l'arnese con la bocca. Poi, amichevolmente gli batto l’indice sul petto nudo e gli dico "adesso però mi vai a finire il tuo lavoro, svelto e bene". E pensare che mezz’ora prima mi era assolutamente sconosciuto: chissà se quelli dell’agenzia dove lavoro me lo hanno consigliato maliziosamente? Oppure sono io una vera troietta che non sa resistere al maschio vero?
Quando alla sera il C. torna a casa non riesce a nascondere la sorpresa (lui si intende solo di numeri e percentuali), perché il lavoro sembra quasi finito: in realtà le rifiniture sono più lente e ci vorrà ancora una giornata. Comunque si congratula con me per l'incredibile efficienza.
L'indomani dico al muratore "senti io voglio il lavoro finito e perfetto, ma dopo, se vuoi, ci divertiamo con più calma". Fatto sta che già alle due è tutto finito (e mi sembra rifinito bene) e resta solo da aspettare che si asciughi il muro e da pulire il pavimento. Questa volta andiamo sul letto e mi scopa ripetutamente, con spontaneità e senza discorsi, per tre ore buone, dietro, davanti, ancora dietro, ancora davanti, in bocca. Confesso che certamente è la prima vera grande scopata della mia vita: non è uno dei maschietti entusiasti di scoparsi la ragazza di un altro ma al contempo frettolosi, come se temessero che io cambi idea, ma un giovane uomo vero in forze ed assolutamente ruspante.
Nei giorni seguenti il C. torna a congratularsi ripetutamente con me per l'efficienza del mio muratore (cioè, come sa, contattato tramite l'agenzia per cui lavoro), ma butta lì un sornione "chissà cosa gli hai fatto", come se subodorasse qualcosa e volesse farmi uscire allo scoperto.
Io glisso.
Mi domando invece se all’agenzia verranno a sapere qualcosa: ma non che me ne preoccupi per nulla; anche se la curiosità mi resta; ma non credo: questo è un uomo, per quanto giovane, scopa per istinto, non per poi vantarsi a destra e manca; potrebbe raccontarlo ad altri muratori come lui, non ai geometri dell’agenzia. Comunque, chi se ne frega!
Per la terza domenica di giugno, a casa pseudoultimata (abbiamo pareti nude, tranne per un paio di “croste” ereditate dal C. da suo nonno, che quando non faceva finta di dipingere quadri era ferroviere), decido di invitare a pranzo una coppia di nostri (miei) amici: il C. dovrà cucinare ed io faccio la spesa (d'altra parte l'ho quasi sempre fatta io, già da quando il C. era propriamente squattrinato): ho voglia di peperonata ed arrosto e vista la situazione climatica li serviremo freddi; mi ero però dimenticata che domenica mattina il C. ha una stupidissima riunione con dei clienti: cazzo, di domenica mattina! Comunque gli dico chiaro e tondo che basta che provveda a preparare tutto già il sabato sera. Venerdì sera quindi mi da la lista degli ingredienti e sabato in giornata provvedo, tra una visita d'appartamento e l'altra. Alla sera si mette in cucina, in mutande, e comincia a piagnucolare tagliando le cipolle; io, con pantaloncini minimi e una maglietta a scollatura larga, mangio un gelato alla vodka davanti al televisore, pensando com'è pirla con quelle cipolle; lo sento brontolare qualcosa e mi appare davanti col coltellino in mano e con gli occhi rossi "dove hai messo i peperoni?"
Ammetto che per la peperonata servano i peperoni e ci sarei arrivata a capirlo da sola anche se non me lo avesse scritto.
Solo che in un supermercato erano proprio brutti e poi . . . mi sono dimenticata; guardo l'orologio: non sono ancora le 19.30 e schizzo dalla poltrona, dicendogli "vado a prenderli freschissimi!!" In strada mi rendo subito conto di non fare a tempo ad arrivare al supermercato in tre minuti esatti, quindi mi dirigo verso un fruttivendolo più vicino, infischiandomene se costeranno un paio di euro in più; ha già la saracinesca mezzo abbassata, ma mi infilo spavalda: sono o non sono una professionale e disinvolta venditrice?
Dentro c'è un tipo sui 50 col grembiule verde, con un cliente oltre i sessanta.
Intuisco dagli sguardi fissi verso la maglietta che quando mi sono chinata per passare sotto la saracinesca mi hanno potuto vedere le tette dalla scollatura, dato che ovviamente non ero in casa, con questa afa, col reggipetto.
Il cliente fa un cenno di saluto, il fruttivendolo gli rialza la saracinesca così che possa uscire senza doversi chinare e quindi la riabbassa quasi del tutto: mi guarda fisso e mi viene in mente che un paio di mesi prima quando ero già venuta una volta in questo negozio avevo sentito che faceva apprezzamenti ad una cliente con la minigonna argentata e zoccoli altissimi: praticamente, in divisa da puttana. Mi dice che tiene la verdura nella stanza dietro per salvarla dal caldo e mi spinge di là con una leggerissima mano morta sul culo: io mi scaldo già, perché questo tipo magro e muscoloso, capelli neri e ricci, mi prenderebbe anche un casino. Di là, ci sono le cassette, ma anche un tavolo da cucina col piano di marmo bianco; lo spazio intorno al tavolo è poco ed io mi appoggio con l'ombelico al marmo fresco, scrutando dentro due cassette di plastica appoggiatevi l’una sull’altra; ma lui si appoggia dietro di me: glielo sento già duro, mentre mi si struscia dietro; mi arrotola giù i pantaloncini e mi appoggia la cappella all'ano: mi spalma alcune gocce d'olio (spero almeno extravergine, dato che il mio culo non lo è affatto) e mi penetra. Entra senza difficoltà, perché ho sempre scopato volentieri col culo quanto e più che con la passerina, ma si lamenta quasi subito che gliel'ho sporcato: mi fa girare afferrandomi con decisione con le sue braccia muscolose e scure e mi abbassa la testa, tirandomi per un’orecchia con la bocca verso il suo uccello, io non voglio, ma non so cosa fare in alternativa: quindi cedo e finisco col ripulire la mia stessa cacchetta dal suo uccello. Ricomincia ad incularmi allegramente, dopo cinque minuti protesta di nuovo (ma che, prima di andare dal fruttivendolo dovrei farmi un clistere?!?) e si ripete l'operazione di ripulizia. Contrariamente a quanto mi sarei aspettata non mi sborra dentro, ma, forse perché m'ha vista complessivamente docile, mi fa inginocchiare per la terza volta col suo cazzo in faccia, solo che stavolta invece di mettermelo in bocca me lo sbatacchia sul viso: io con la bocca cerco istintivamente di prenderlo, ma lui sfugge e . . . comincia a parlarmi interrogandomi su me stessa; alle prime domande gli rispondo a monosillabi, poi comincio a raccontargli qualcosa di me, sempre percossa sulle guance dalla sua cappella. Di sè non dice nulla ed io peraltro non sono al momento orientata ad approfondire; dopo poco l'uccello gli è tornato semimolle, lui mi sfila la maglietta facendomi alzare le braccia e, tenendomi i due polsi con una sola mano mi rimette l'uccello in bocca e piscia a piccoli scrosci; sono sorpresa, è la mia prima volta ed all’inizio tossisco, poi poco per volta miglioro: alla fine della pisciata ho imparato! Finalmente mi rialzo e vedo di sfuggita che quanto colatomi lungo il corpo è sceso da una piletta di scarico nel pavimento. Rido tra me mentalmente domandandomi "che sia fatto apposta?" Mi rigira con la pancia verso il tavolo, prende una zucchina da una cassetta, la unge d'olio e me la infila senza difficoltà nel culo; ce la muove con abilità e con metodo per un paio di minuti, poi mi dice di sedermi sul tavolo, mentre la pressione della zucchina mi spinge a tenermi con le chiappe un po' sollevate e con le gambe divaricate, mi fa appoggiare i calcagni sull'orlo dello stesso piano di marmo; lui si infila un guanto di plastica da lavapiatti, lo unge a sua volta e comincia a penetrarmi in figa con due e poi con tre dita: per me la pratica è nuova, l'ho vista solo in un filmetto porno a casa di amici, comunque ho voglia di provare la novità e cerco di collaborare; affonda anche il mignolo e spinge per dilatarmi; sento però che il muscolo non mi si rilascia e comincia a farmi male: glielo dico e gli afferro con la mano sinistra il polso destro per farlo smettere, mentre con la mano destra mi appiglio al suo braccio sinistro. Lui stesso s'è accorto che la cosa non funziona e rinuncia: torno in ginocchio, se lo mena con la mano per concludere e mi sborra in bocca.
Mi passa mezzo metro di scottex e mi ripulisco alla bell'e meglio. Scambiamo ancora due parole ed io quasi mi giustifico del non essere così sfondata come si aspettava: capisco che ha interpretato come esperienza una certa mia disponibilità sessuale, ma è evidente che non sono (ancora?) così troia sfondata come s'immaginava.
Prendo frettolosamente i peperoni (ha la faccia tosta di farmeli anche pagare) e mi dice sarcastico "lo zucchino te lo lascio in omaggio". Cazzo, m’ero dimenticata di avere uno zucchino nel culo!
Torno rapidamente a casa, ma senza orologio non ho idea di quanto sia passato. Apro ed il C. mi viene sulla porta interrogativo ed allarmato. Gli rispondo con la risposta preparatami in ascensore "aspettavo che fossero perfettamente maturi", ma non si smonta e mi replica seccato "ti rendi conto che le cipolle stavano già soffriggendo, ho dovuto spegnerle ed ora rischia di venirmi male e tutto unto?" Mi viene da ridere: non è seccato per me che sono stata fuori senza un motivo e mezza biotta a farmi sbattere in tutti i buchi dal maschione del quartiere, ma per la peperonata! Insiste polemico che non si può cucinare così, prima mi dimentico gli ingredienti, poi ci metto ottantatrè minuti per andare e tornare dal supermercato dietro l'angolo! Gli sparo: "innanzitutto un cuoco decente, quale fai finta di essere, prima di iniziare a cucinare controlla gli ingredienti; secondo: il supermercato era chiuso, sono andata dal fruttivendolo, che stava chiudendo, e per farlo riaprire ha voluto scoparmi, davanti e dietro: quello sì che è un vero maschio!" gli giro le spalle, andando verso il bagno ed aggiungo "sei solo un povero stupido cornuto!" Ho parlato a getto, senza riflettere, senz'altro sotto l'emozione dell’esperienza forte e dell’eccitazione sessuale residua e già mentre sento le mie parole ne sono quel pizzico spaventata e pentita: non temo affatto il C., ma le litigate ed i dissapori sì! Non sono venuta a vivere qui per avere tensione in casa. Quindi vado in bagno sbirciando alle mie spalle, ma vedo che non mi segue. Mi sfilo lentamente e con delicatezza la zucchina, mi ripulisco, mi costringo a riprendermi un momento sciacquandomi la faccia con acqua fresca e torno sbirciandolo verso la zona giorno.
Lui è tutt'ora in cucina, vado là anch'io, vedo una bottiglietta di birra aperta sul tavolo e me la scolo senza fiatare: noto che lui nel frattempo sta anche cucinando qualcosa per stasera e butta in padella due bistecche: questo è evidentemente un buon segno e mi tranquillizzo. Gli palpo con la mano destra una natica e lui si gira e mi bacia, lingua in bocca, senza parlare. Poi ceniamo davanti al telegiornale, andiamo subito a dormire, io stanca, lui voglioso. Mi monta subito, davvero molto voglioso, ma non è certo superiore al solito e sborra dopo un attimo. E ci addormentiamo subito senza una parola.
La questione sembra finita lì, anche se domenica, a tavola con Franco e Laura, si sente in dovere di precisare che se la peperonata è troppo unta non è colpa sua, ma della mia inadempienza nel fornirgli gli ingredienti: loro ridacchiano e non ci fanno caso. Povero palla!
Nelle due settimane seguenti torno quattro volte da Claudio, il fruttivendolo, ma mai nell'orario di chiusura: il motivo che mi spinge non è perché voglia riprendere il “discorso”, ma per abituarmi all'idea di conoscerlo come amante, almeno per ciò che è stato e per assimilare mnemonicamente la sua figura ed i suoi gesti.
Le prime due volte mi parla dandomi del tu, ma senza che nessuno di noi dica se non lo stretto necessario, come se fossi una conoscente qualsiasi.
La terza volta, quando ricompare dal retro, ci sono nel negozio anche una tale sui trenta con la minigonna ed una canottiera velata nera semitrasparente nonchè una tipa anziana: Claudio serve prima quest’ultima, anche se è entrata dopo di me. Poi, rivoltosi a noi, mi serve mentre ci presenta, dicendo solo il nome: "Lucilla, Ambra" E, rivolto a me, aggiunge "Lei è una bravissima!". A questo punto entrano altri clienti e lui si rivolge a loro, io saluto e faccio per andarmene, ma Ambra mi dice, tirandomi in un angolo "Possiamo vederci quando vuoi, io sono sempre libera." e stando al mio fianco alla mia sinistra mi cinge la vita con il braccio destro, tirandomi un po’ a sè e baciandomi sulla guancia. Il lui della coppia che Claudio sta servendo ci sbircia, mentre la lei pontifica sui sapori dei broccoli e li sceglie con grandissima cura. Poi escono e Claudio mi chiede con fare pensieroso "Quando vai in ferie?" Gli chiarisco che quest'anno io ed il maritino abbiamo concordato di non farne di ferie. Io però sono davvero pentita di questa comune decisione e più che altro sto soffrendo l’afa milanese. Claudio allora mi propone vagamente alcuni giorni su una barca d'altura, all'inizio di luglio, assieme a lui, ad Ambra ed ai comuni amici. Siamo nuovamente interrotti dai clienti, saluto e me ne vado, non senza che Ambra mi baci di nuovo, sulla bocca, dilungandosi un attimo più del normale.
La quarta volta che vado da lui, di venerdì, lo trovo da solo, mi saluta e mi chiede subito se, allora, ho deciso per la vacanza in barca a luglio; io per la verità non ci avevo pensato più di tanto, perché in mancanza di dettagli non si può nemmeno lavorare di fantasia, E certo non ne ho parlato col C.: quindi dico a Claudio:
"Mah, non so, ma dove, come, quanto a lungo?" Lui si fa un pizzico aggressivo e replica "Ragazza, devi avere le idee un po' più chiare se vuoi far strada nella vita e non voglio che quando ci sono i clienti ti metti a lesbicare con Ambra, queste cose si fanno con discrezione, capisci! comunque sarà un paio giorni, vi porto io in auto fino a Chioggia, lì ci aspettano gli altri, tutti dei bei ragazzi che ce l’hanno sempre in tiro, e vi tocca anche un bel regalo"
Sono allibita! La propostami "vacanza" s'è trasformata in un'orgia. Ci devo pensare su e me ne vado un tantino risentita.
Passano due giorni e mi chiama mia madre: il mio patrigno sta infine tirando gli ultimi. Debbo dire che nella mia vita ha sempre rappresentato, per ovvi motivi, una non presenza. Comunque decido di andare da mia madre. Arrivo che è già morto e trovo mia madre più che affranta decisamente invecchiata: ha 53 anni ma ne dimostra più di 70. Coglie l'occasione per tornare alla carica, più con isterismo che con vigore, affinché mi sposi. Sfuggo una risposta, non tanto per rifiuto di principio del matrimonio, quanto perché non sono per nulla sicura di volere proprio il C.: ho 25 anni e proprio adesso sto vivendo nuove esperienze. Perché dovrei autoimprigionarmi?
Poi si calma un po' e mi fa un discorso economico, riuscendo a lasciarmi strabiliata: finché ero vissuta con lei (e col patrigno), non mi era stato fatto mancar nulla, ma non ci avevo fatto più di tanto caso: ero abituata così; ora però mi fa un discorso in cifre, rendendomi edotta dell'ammontare del suo patrimonio, di cui sono unica erede: lei non vuole rifarsi una vita, ma ritirarsi ancor di più, occupandosi di aiutare i poveri; vuole tenersi l'usufrutto di alcuni beni e rendite, ma intestare a me il resto, andando al più presto dal notaio. E (il tutto purché mi decida a sposarmi) mi attribuisce da subito l'uso d'un piccolo elegante condominio con giardino e piscina che aveva iniziato a costruire per sè e il patrigno, per rendere più facili i suoi spostamenti su seggiola a rotelle rispetto alla villa Liberty dove siamo sempre vissuti, ricca di scale e scalette. Ovviamente stupita, le chiedo da dove vengano tutti questi soldi, ma mi è subito abbastanza chiaro: il mio (vero) padre era ricco perché unico proprietario dell'azienda, che dopo l'incidente mia madre vendette. Nemmeno lei, figlia unica era povera. L'avvocato, poi divenuto patrigno, ottenne per l'incidente occorso a mio padre un notevole risarcimento danni ed un'altro risarcimento ancora maggiore gli ottenne, per l'invalidità permanente, il suo socio di studio quando lui in moto fu travolto da un camion che gli tagliò la strada. Ed anche il mio patrigno era tutt'altro che povero, soprattutto in terreni, via via edificati.
Venticinque anni di vita ritirata, mai un viaggio od una spesa particolare (escluse le due feste ed i relativi viaggi di nozze), hanno fatto il resto.
Comincio a questo punto a sentirmi possibilista, ma preferisco rispondere a mia madre parlandole della mia esitazione di fronte ad un passo così determinante: questo discorso mia madre lo apprezza e si convince a darmi un paio di settimane per riflettere e decidermi, dando peraltro per scontato che io alla fine non possa che risolvermi ad aderire.
Per il funerale il C. arriva a casa di mia madre e di lì rientriamo insieme a Milano in treno. Poco più di mezz'ora di viaggio, ma forse la mezz'ora più importante della mia vita, perché comincia a parlarmi di una faccenda a cui non avevo mai prestato attenzione: Luca e Mara sono due suoi colleghi, che mi ha citato spesso, sposati e regolarmente conviventi, lui nostro coetaneo, lei di cinque anni maggiore. Lei è l'amante conclamata del loro capo, un cinquantenne pretenzioso, panciuto, barbuto e baffuto. Luca è ben consapevole della tresca, evidente anche in ufficio, ma si accontenta dell'onore di potersi accompagnare con Mara, che di proprio non potrebbe appagare né sessualmente né socio-economicamente: Luca non rischia nulla, perché il boss è sposato, con quattro figli, e la moglie ha la maggioranza del pacchetto societario, quindi Mara non potrà mai sposarsi col boss e forse nemmeno ci tiene, divertendosi di più a vivere così e ad umiliare il suo maritino. Sono tutti pettegolezzi di cui ero forse a conoscenza, per quanto me ne potesse fregare, non frequentando i personaggi in questione, Ma la novità è che il C. si diverte molto raccontandomi i particolari di Mara che si fa sorprendere nell’ufficio del boss, dopo che quello l’ha scopata e se ne è uscito subito per un appuntamento lasciandola lì a ricomporsi, mentre lei non si è ricomposta per niente: ed è proprio lei che chiama il marito con l’interfono e quando quello arriva gli dice di cercarle un orecchino che nella foga le è caduto per terra e lei non riesce a ritrovarlo e mentre lui è a quattro zampe a cercare l’orecchino si affaccia sulla porta e fa segno agli altri di venire: così quelli lo vedono lì a quattro zampe e lei gli da dei calcetti nel culo dicendogli di cercare meglio: immaginarsi gli sberleffi generali! Il C. trova eccitante il ruolo del maritino cornuto e consenziente e lo capisco da come si struscia la patta senza nemmeno accorgersene mentre me lo racconta. Improvvisamente interessata, gli chiedo: “Ma quando è successo?”, perché da come lo dice non capisco e lui “Almeno tre volte, sempre la stessa identica scena: è chiaro che lei lo fa apposta, ma anche lui o è cretino del tutto o ci sta, come per un gioco di ruolo.” E’ evidente che l’idea lo eccita e non è solo una mia impressione, visto che a questo punto salta fuori (oh sorpresa) a dirmi che è andato dal fruttivendolo a comprare della frutta, ma in tutta evidenza solo per vedere quello di persona: quindi non aveva ignorato come semplici risposte polemiche le mie battute in proposito, ma ne aveva preso mentalmente atto; tiro profondamente il fiato per fare il punto e gli sparo a bruciapelo che penserei di passare un paio di giorni in barca. Appare decisamente un po' sorpreso che un tipo di quel calibro possegga una barca con varie cabine, ma non ne sappiamo di più.
Da Cadorna andiamo a casa in tram, gli parlo della possibilità offertaci da mia madre e della mia decisione di concentrarmi per finire l'università in un paio d'anni anziché nei quindici e più che sarebbero necessari coll'attuale ritmo di un paio di esami all'anno, una volta conseguite rendite tali che mi rendano superfluo perder tempo con l'agenzia immobiliare.
E' pienamente d'accordo.
Nei giorni seguenti vado a visitare il fruttivendolo, ma Claudio non c'è e mi serve una sconosciuta sui cinquanta: le chiedo di Claudio e mi dice che non sa dov'è, lei è solo la nuova socia. Ci dovrebbe essere domani. Mi domando se il negozio sia in crisi, per la concorrenza dei supermercati, per cui abbia dovuto cercarsi un socio con capitali freschi.
Ripasso ancora: stavolta lo trovo e gli dico che ho deciso, mi sta bene di andare al mare con lui. “Bene” mi dice, aggiungendo “non preoccuparti per l'abbigliamento, penso io a tutto”. Credevo che bastasse un costume da bagno, ma mi fa capire che no e mi chiede taglie e misure esatte. Poi mi mostra una bibita secondo lui afrodisiaca che tiene dietro uno scaffale, a base di guaranà: va bene, ma i liquidi sono più pesanti dell’insalata e non ho voglia di girare per negozi con quei chili in più. “Te li porto a casa io stasera se vuoi” mi fa ". . . a che ora arriva a casa tuo marito?"
"Beh, in questi giorni verso le 7 e mezzo circa"
"Mh, peccato, io non riesco a chiudere così presto" (intende per essere lì ed andarsene prima).
"Dai, fai così, vieni alle 8 e se ti va ti fermi a cena!"
"??"
"Tanto gli ho detto di noi, penso anzi che sia contento così!"
". . . ?cenetta in tre?"
"NO! Caspita! cenetta in due e lui ci serve a tavola"
Rido soddisfatta e me ne vado, lasciandolo poco persuaso.
Naturalmente una cenetta decente non si improvvisa in mezz'ora, ma non è questo l'aspetto importante di tutta la faccenda. Comunque telefono subito al C. intimandogli di arrivare a casa più presto del solito, perché ho un amico a cena: insiste per saperne di più e cedo, dicendogli che è Claudio, il fruttivendolo; gli dico che deve cucinarci, NON gli dico che apparecchio la tavola per due e che dovrà servirci a tavola, NE' come lo voglio far vestire.
Arriva prima delle sette e capisco che è un bel po' eccitato: lo porto in cucina per fargli vedere cosa voglio che ci prepari (tutte cosette ultra semplici) e poi in camera da letto, dove giace adagiata una mia tutina da ballo rosa di quando facevo danza, intorno ai quattordici anni: è superelasticizzata e potrebbe entrarci un elefante. Gli dico di mettersela, fa per infilarsela, poi cambia idea e si rifiuta: gli chiarisco che deve essere più coerente, che dopo tutto non lo vedrà nessuno che lo conosca e che se fosse carnevale non farebbe tante storie. “Già ma non è carnevale!” “Se ti serve per disinibirti cambio la pagina sul calendario!” Cede, se la infila, e gli faccio calzare due ciabattone con la zeppa di sughero.
Fa per fermarsi davanti allo specchio, ma lo spingo via, perché non si veda: non è né sexy né vagamente femminile, ma solo atroce! non credo esistano travestiti neanche di periferia così brutti! Bah … o forse sì.
Claudio arriva poco prima delle otto, lo faccio accomodare sul divanetto del salotto e vedo da come si guarda intorno stupito che si aspettava che fossimo gente di livello sociale inferiore. Se sapesse cosa sto per ereditare … rischierei che rimanesse intimidito od al contrario che ecceda in bullismo: meglio evitare e comunque è certo che non sono affari suoi.
Il C. arriva a prendere il sacchetto portato da Claudio e la sua comparsa in tutina rosa è . . . di sicuro effetto. Mi fa "Ma è un gay?" "No, gli ho detto io oggi per la prima volta di vestirsi così, per tenerci allegri.". Claudio palesemente mi scruta per studiarmi meglio.
Io e lui ci sediamo assieme sul divano, ci versiamo il guaranà e gli accarezzo la patta dei calzoncini: gli viene subito duro, se li sfila completamente e glielo prendo in bocca: arriva il C. con i primi, ci vede e cerca di fare il disinvolto, mentre noi ci alziamo per sederci a tavola e lui se ne torna svelto in cucina; ha dimenticato acqua e vino, sto per alzarmi, ma mi fermo e penso che sia meglio gridargli dietro "Coglionazzo, ti se rincoglonito del tutto? hai dimenticato da bere!!!" e mi diverte averlo insultato di fronte al mio nuovo amante.
Claudio mi guarda e ridacchia un pizzico nervoso e senza sapere che dire.
Il C. arriva subito a passo di corsa, posa le bottiglie e Claudio, guardandolo fisso mi fa "Con quei baffetti fa proprio schifo di merda!"
Ha ragione e devo dire che non mi piacciono proprio, anche prescindendo dall'attuale tenuta pseudofemminile che li rende caricaturali.
Così gli dico "Non hai sentito?! tagliateli! e subito!" Mi guarda stupefatto non comprendendo bene cosa voglio. "Dai!” insisto “stai meglio senza e non solo per oggi! va di là a tagliarteli!"
“Ma…” ribatte bloccato “e se poi cambi idea, mi ci vorranno due mesi perché mi ricrescano!”
Apprezzo il messaggio che non sa di rifiuto, ma di sottomissione evidente ai miei gusti e, per giunta, in presenza di Claudio: perciò schiaccio energicamente l’acceleratore e gli comunico: “Beh, forse su questo potresti avere ragione, quindi va di corsa in bagno e raditi completamente il baffo destro, che così possiamo fare il confronto!” “VA!!” gli soggiungo aggressiva. “Il destroo!!!” gli urlo dietro, mentre si sta allontanando, come se la scelta avesse importanza.
Claudio si è acclimatato e si sbellica dal ridere, scuotendo la testa.
Il C. torna dopo un mezzo minuto dal bagno, e noi rischiamo di pisciarci addosso nel vederlo.
La cena prosegue e dopo il secondo, senza aspettare formaggio o dolce, Claudio si alza perché non resiste più: è rimasto senza calzoncini ed io ho continuato a giocarci con la mano, tra una forchettata e l’altra, per una buona mezz'ora. Ci alziamo per andare di là, ma mentre Claudio raccoglie i calzoncini vedo che hanno una macchia, proprio lì, all'interno, di evidente causa: così strillo al C. di venire, glieli caccio in mano e gli dico di pulirli in bagno mentre noi stiamo in camera.
Per andare in bagno si passa davanti alla camera, con una porta ad arco e priva di battente. Claudio ha solo voglia di scopare e mi prende davanti e dietro, venendomi dentro una sola volta in figa, all'inizio. Poi vedo che si alza dal letto e credo, delusa, che voglia andare a casa: avevo preparato crema e gel sul comodino e speravo tornasse alla carica con le sue mani divaricatrici. In realtà vedo che sta cercando il C., lo scorge sul divano, semisdraiato, dopo che ha sgomberato, lavato i piatti ecc.: lo afferra per i capelli da dietro la spalliera del divano, dicendogli "Tirati su che devo pisciare!" il C. si alza girando intorno al divano e, spintonato brutalmente, lo precede in bagno: Claudio lo fa sdraiare con la schiena nel piatto doccia, con culo e gambe sollevate contro la parete posteriore (per la verità ci vuole un po', perché l'imbranato non riesce a mettersi subito in posizione); a questo punto fa infilare anche me con testa e tronco nel box doccia sopra il C., mentre resto in piedi con le gambe larghe fuori dal piatto e ricomincia a penetrarmi nel culo; mi appoggio alla parete di fronte per reggermi e dopo un momento estrae il cazzo, spara la sborrata (davvero ricca) sul corpo del C., mi afferra per i capelli tirandomi fuori dalla doccia, mi fa abbassare per ripulirgli l'uccello e piscia a lungo irrorando il corpo del C., dalla faccia ai genitali: noto che il C. apre e chiude la bocca, ma non capisco se per berne (gli piace?) o per riuscire a respirare; poi Claudio tende la gamba attraverso il vano doccia e da diversi colpetti dall’alto in basso col tallone allo scroto del coglionazzo, che si agita cercando di sottrarsi; Claudio si è divertito ed il C., con infinita fatica, riesce a tirarsi via da quella posizione ed uscire dalla doccia; ma Claudio sta già uscendo dal bagno ed io dietro di lui: va in salotto e si rimette i calzoncini ripuliti, mi dice che se ne va, gli riporto dalla camera da letto la maglia, ho la debolezza di chiedergli quando andremo in barca: "Dammi il numero di cellulare che ti farò sapere." e se ne esce.
Faccio per coricarmi dopo pochi minuti ed il C. mi raggiunge, amorevole ed eccitato coll'uccello ritto in mano: "Non ti fare idee sbagliate, lo apostrofo, forse domani, adesso no di certo! e vai a dormire sul divano, qui voglio stare da sola!"
Dopo un paio di giorni, Claudio mi telefona per dirmi che partiremo venerdì in mattinata, passa lui a prendermi.
Arriva e scendo vestita d'un miniabito di mussola di un colorino rosa stinto, scollato a V fin quasi all'ombelico e che mi copre a mala pena l'inguine, d'un grande cappello rosso a tesa larga e d'un paio di infradito rosa: sotto nulla; mi sento abbastanza nuda e questo aumenta la mia eccitazione, se mai ce ne fosse bisogno: peraltro in tutta la notte ho dormito pochissimo, pensando alla gita; ad un certo punto non ne potevo più di rigirarmi nel letto, fa anche troppo caldo ed umido, così ho cominciato a menare distrattamente l’uccello del mio C., poi gliel’ho preso in bocca, ma sono riuscita a fermarmi abilmente un attimo prima della sua sborrata, perché lui quando sta per venire inarca la schiena per un buon minuto e questo è il segnale: così quando ho visto che stava iniziando ad inarcare la schiena mi sono fermata e risdraitata supina, guardandolo di sottecchi alla pallida luce che entra dalla strada: lui si è girato e mi ha guardato perplesso e così io gli ho fatto: “Senti bello adesso vai al cesso, e finisci di segarti, di sesso banale e noioso non ho più voglia! Ci vuole un po’ di fantasia nella vita, non credi anche tu?”
Claudio guida una cabriolet nera ed ha al suo fianco una ragazza romena (Andreea) e dietro c'è la già conosciuta Ambra; mi siedo al fianco di Ambra, ma come si entra in autostrada il vento tende a strapparmi il cappello: così mi metto con le ginocchia ripiegate e con la testa in grembo ad Ambra, che mi incoraggia, posandomi il cappello sul viso; Ambra infila la mano destra sotto il mio miniabito e comincia a sditalinarmi con abilità e lentezza: dopo l'orgasmo mi addormento.
Ci fermiamo a far benzina, pisciare e bere qualcosa in un grill. Scendo rintronata, mi sono svegliata fermandomi, e mi avvio scalza sull’asfalto per andare al cesso dietro lo spaccio: solo che c'è sporcizia per terra e quindi esito se tornare in auto a prendere le infradito o fregarmene; due camionisti panciuti, in zoccoli e pantaloncini che escono dai cessi mi osservano un attimo e mi tendono venti euro; mi viene da ridere, ma non ho gran voglia; entro al cesso, ma loro mi seguono. Hanno l'aria decisa ma non aggressiva, sembrano tedeschi, ci starei anche, ma adesso non mi sembra il momento: entra la romena, dice qualcosa in tedesco e da loro il numero di cellulare, spiegandomi risentita ed energica che non posso andare con tutti, quando Claudio ci aspetta! È chiaro che mi considera e mi tratta come se fossi una qualsiasi battona da strada!
Arriviamo vicino a Chioggia e andiamo subito al pontile: c'è una superbarca tutta in legno e Claudio sottolinea che costa XXXX e che è lunga più di 40 metri. Saliamo per la passerella in fila indiana: grandi spazi eleganti e varie cabine; tutto in legno ed ottone lucidissimo. Claudio assegna a me, Ambra ed Andreea una sola cabina in comune, con un lettino a 2 posti ed uno singolo; "Tanto ci starete pochissimo", aggiunge. Torniamo in un salone comune, dove ci sono preparati diversi vassoi e vassoietti di salatini, dolcetti, tramezzini ecc., coperti da tovaglioli di carta e numerose varie bottiglie: in piedi dietro un tavoletto stanno parlando tra di loro due alte travestite brasiliane, decisamente appariscenti, vestite solo d'un triangolino che nasconde gli uccelli e con grosse tettone al vento, intente ad aprire le bottiglie; per loro fortuna l’acqua in porto è immobile e la barca non ondeggia per nulla, perché calzano delle infradito di gomma dorata con zeppe altissime, sulle quali sarebbe forse difficile rimanere in equilibrio col moto ondoso. Claudio arriva con un paio di sacchetti e ce li distribuisce: a me da una sorta di grembiulino in pelle nera da allacciare in vita, che copre un po' il davanti, lasciando del tutto scoperto il culo, un dildo anale nero e delle curiose calzaturine mai viste prima che consistono solo di un pezzo di pelle nera che sta sopra il piede, lasciando scalza la pianta: si fissano con laccetti sotto le dita e dietro la caviglia ed hanno delle borchiette di strass. Ambra calza zeppe nere col tacco, da domina, e si allaccia uno strappone/mutanda nero con punte a cazzo in lattice nero intercambiabili su un supporto fisso: da quella piccola a quella gigantesca, che non riuscirei mai a farmi infilare. Andreea indossa polsiere, cavigliere ed un collare di pelle nera ed una maglia di rete metallica che lascia tutto ben visibile. Claudio ci avverte che tra poco arriveranno gli amici. Mi è ormai chiara la situazione: si tratta di suoi clienti, ai quali procura ragazze a pagamento; i capi d’abbigliamento datici sono evidentemente tutti già usati, ma devo ammettere, per la verità, che sono in ordine e puliti.
Mi è purtroppo impossibile raccontare l’esatta successione cronologica degli eventi, nell'arco del fine settimana, perché è stato un susseguirsi di coiti in ogni possibile posizione, lunghe scopate e sborrate di ogni genere: roba da film porno. I miei ricordi sono a flash e non ce la faccio a capire come è stata l’esatta successione degli incontri, perché qualcosa mi pare sia stato dopo ma poi ricordo che un tale non lo avevo già visto prima.
Comunque, abbiamo dormito nelle cabine decisamente poche ore (io sempre tra le braccia di Ambra che non si stancava mai di lesbicare con me e sbaciucchiarmi: decisamente ci sa fare!) e qualche ora sulla coperta, prendendo il sole. Per il resto ci siamo esibite spesso in atteggiamenti S/M con Ambra come domina (Andreea è masochista per davvero e le piace farsi frustare a lungo): Abbiamo scopato più volte con tutti i vari “visitatori” che si sono alternati a bordo (in totale tra i quindici ed i venti), sempre con Claudio che fungeva da regista; quasi tutti i clienti di Claudio hanno voluto farsi fotografare o riprendere con la videocamera, naturalmente mascherando le proprie facce. Ambra è riuscita (finalmente! che botta! e ne vado particolarmente orgogliosa!) a penetrarmi con entrambe le mani, una davanti ed una dietro! Ed io ho voluto provare a farmi scopare dai due travesta in contemporanea e mi ci sono anche divertita un mondo: ma erano molta scena e modesta sostanza: belle sì, ma cazzetti difficili da portare in tiro e veloci ad afflosciarsi.
Gli ospiti di Claudio sono chiaramente tutti a pagamento ed io non riesco a capire perché degli uomini siano disposti a pagare per farsi maltrattare, anche se per noi donne può essere divertente, almeno quando siamo sicure che la situazione rimanga sotto controllo (coi mariti e fidanzati è diverso, perché umiliarli serve a scaricare le tensioni, le frustrazioni e le insoddisfazioni, prendendosela con qualcuno. E poi c’è il giuoco di ruolo, divertente quando ci si intende e lui assume la parte che gli si è detto di svolgere). Ma che gusto ci prova uno a farsi umiliare da una sconosciuta? Tuttavia due uomini arrivati insieme, non so se perché già si conoscevano o perché Claudio li ha abbinati, hanno passato l’intero sabato a fare gli schiavi: completamente nudi, con delle scarpe col tacco, a pulire la barca, a riordinare qua e là, spesso a quattro zampe a baciare i piedi sia a noi ragazze che ai clienti; a qualche cliente non piace (come fa un maschio a bloccarsi se solo gli si dice di lasciarsi baciare un piede da un’altro chino a quattro zampe? dev’essere alla fin fine un grande inibito!), mentre i due sottomessi erano disponibilissimi ad essere umiliati. Claudio ha poi preso un’iniziativa curiosa con uno dei due, forse (credo) suggeritagli da un cliente medico: mentre uno dei due schiavi si è nutrito per l’intero giorno solo del cibo masticato e sputato per terra da noi ragazze, l’altro ha potuto solo bere e mangiare cose con molto liquido, come yogurt o frutta fresca: il risultato è che dopo solo qualche ora aveva una solenne diarrea, anche se di suo completamente senza dolori, perché derivante dal mangiare e non da una malattia qualsiasi: noi siamo state incaricate (ed Ambra ci si divertiva un mondo) di controllare che non andasse al wc ed Andreea (che ne ha una grande esperienza perché li fa usare su di sé) gli ha messo nel culo un dildo anale con la pompetta, gonfiandoglielo dentro a dismisura, a chiudergli il buco del culo dall’interno, così che quel poveretto in certi momenti si rotolava per terra per il mal di pancia; solo nel pomeriggio lo hanno lasciato scaricare, ma ha dovuto tenersi appeso fuori bordo con le mani attaccate alla barriera cromata; per fortuna non ci vedeva nessuno, però si è sollevata in aria una puzza che non vi dico!
Poi domenica nella tarda mattinata Claudio ha legato me ed Andrea in coperta, l'una di fronte all'altra attorno alla base di un albero: tre dei clienti si alternavano a frustarci, io avevo raccomandato che fosse solo una faccenda simbolica, ma loro ci davano dentro di brutto; avrei gridato volentieri di smettere, ma delle palline di gomma in bocca me lo impedivano. Andreea invece, con la faccia a venti centimetri dalla mia, lacrimava ma sorrideve estasiata. Alla fine, quando mi hanno slegato, ero anche un po' incazzata, ma ancora alticcia del vino bevuto col brunch non riuscivo a farmi prendere sul serio.
E’ intervenuta Ambra spalmandomi schiena e retrocosce di crema lenitiva, ci siamo rivestite “in borghese” e ci siamo preparate a partire, ma solo io e Claudio per Milano, perché Ambra ed Andreea avevano deciso di seguire un nuovo "amico" a casa sua.
Così ricordo che sono in auto davanti, a fianco di Claudio, che mi dice di scoprirmi tirandomi su il vestito in vita e di sditalinarmi mentre guida. Allora, mentre mi sfrego lentamente, mi spiega che i soldi che guadagna extra gli servono perché vuole vendere il negozio per comprarsi una trattoria fuori Milano. Ad un certo punto devia dal percorso, dicendomi che vuole mangiare qualcosa di cucinato davvero (per due giorni abbiamo consumato riccamente di tutto, ma solo piatti freddi): io non ne sentirei nemmeno la necessità, ma lui, da tipico mediterraneo, ci tiene: entriamo in una locanda, dove ha modo di abbuffarsi di maccheroni; io spaparanzata davanti a lui, scosciatissima nel mio miniabito il cui bordo per di più agito per farmi aria, scalza avendo perduto chissà dove le infradito, attiro l'attenzione dei maschi presenti ad un altro tavolo mentre stuzzico poca roba: ogni tanto li guardo e sogghigno; Claudio si occupa solo di mangiare e di farsi servire e li ignora; poi, mentre aspetta il caffè mi chiarisce: "Primo: tu la dai solo a chi e quando voglio io! secondo: devi fare in modo che anche tuo marito diventi mio schiavo!" Beve il caffè, dice alla cameriera che ci serve una camera per qualche ora e con la chiave in mano mi spinge su da una scaletta. Entriamo nella banalissima camera da sfigati, mi spinge prona sul letto e, senza spogliarsi, aprendosi la patta mi incula risoluto sdraiato sopra di me: sono talmente aperta che potrei prendere un cavallo ed il continuo ungermi di crema da parte dell’ottima Ambra mi ha evitato che il fine settimana mi provocasse qualsiasi irritazione.
Solo dopo Claudio si spoglia e si addormenta subito della grossa; mi sdraio di fianco, ma non ho sonno. Mi viene da pisciare. La camera, costato ora, non ha bagno di sorta, ma solo un lavandino in un angolo. Esco e guardo sul corridoio, ma non vedo niente; mi affaccio verso il basso, ma non sento nessuno; ridiscendo nella saletta e chiedo alla cameriera, che, andando verso la cucina mi fa "Un momento che arrivo"; mi riavvio verso il primo piano e vedo che due dei tipi di mezz'ora prima mi seguono, sorridenti: dopo la prima rampa di scale il primo mi prende per l'orlo del vestito, trattenendomi: potrei strillare, ma non mi va ed il loro odore di operai sudati mi trasmette (ancora) una voglia diabolica: d'altronde con Claudio poco fa non ho goduto e sono quindi almeno quattro lunghe ore che non ho un cazzo di orgasmo! Tirata da dietro per il bordo del vestito, mi chino in avanti appoggiandomi ad uno scalino e scoprendo così il culo: uno mi allarga le chiappe, il secondo mi passa di fianco e si siede sul gradino in faccia a me offrendomi in bocca il suo arnese ed il terzo, sopraggiunto, se lo mena al mio fianco. Obietto "Ma io devo pisciare, mi scappa proprio!" "Dai, esclama quello che sto spompinando, dai Franco è il tuo momento!" Quello che se lo mena in piedi al mio fianco si rannicchia sotto di me e con le sue ditone comincia ad allargami le labbra, aspettando il fiotto; quello dietro me lo ha messo subito nel culo, ma si accorge che è già pieno della fresca sborrata: impreca e mi insulta il bastardo, come se avesse scperto che la sposina non è una verginella, me lo passa nella figa e continua a commentare " … troia-baldracca-schifosa…" un po' mi da fastidio, se non gli va di farlo può andarsene a cagare brutto stronzo allupato che fa anche il difficile, ma col cazzo in bocca e tenuta da una manona sulla nuca non è il momento giusto per discuterci. Finalmente mi si apre il flusso di piscio ed arriva un vero diluvio: dopo un attimo quello dietro lo estrae e mi sborra sulla schiena quello davanti mi sborra sui capelli, si rialzano scherzando tra di loro e senza dirmi una parola, con uno sguardo di compatimento se ne vanno giù tutti e tre.
Mi sfilo il vestitino di mussola, ridotto ad uno schifo, sedendomi per un attimo su un gradino superiore a quelli bagnati di piscio, quando . . . ti spunta in cima alla scala la cameriera a cui avevo chiesto del cesso un buon dieci minuti prima: è una donna sui quaranta con trenta chili di troppo e con la faccia sgarbata, mi vede, pensa (forse) che non mi sia riuscita a trattenere, svolge alcune importanti considerazioni sul fatto che lei non è tenuta a ripulire la sporcizia delle zozzone di città e mi butta lì in mal modo uno scopettone ed un secchio, guardandomi poi altezzosa con aria truce. Capisco che crede che quello che ho appallottolato in mano sia uno straccio e che io fossi già seduta lì pensando di ripulire: faccio per replicare "Ma questo non è . .", ma lascio perdere, asciugo con l'ex vestitino alla bell'e meglio e poi lo butto nel secchio, pensando che non ricordo nemmeno dove l’avevo comprato. Risalgo gli ultimi scalini, le passo a fianco ed un paio di colpi sul culo col manico dello scopettone mi fanno sospettare che ne sapesse di più; inseguita dalle sue sagge considerazioni, rientro in camera e mi sdraio nuda a fianco di Claudio, sempre dormiente.
Dormo anch'io un paio d'ore e mi sveglio con Claudio che si sta rivestendo e mi dice di fare altrettanto, ma io non ho più che il cappello e fuori c'è ancora abbastanza chiaro; fa per uscire dalla camera, mi vede ancora nuda e così mi fa "Allora? vuoi restare qui?" "E’ che non ho nulla da mettermi." Cerco di spiegargli, in piedi, con occhi soavi e col cappello romanticamente di tre quarti; fa spallucce scende le scale e sale in macchina: lo seguo di corsa, prima che mi lasci qui per davvero, tanto su tutto lo spiazzo davanti alla locanda non c'è (quasi) nessuno. Ed essere nuda con lui è sicuramente meglio che nuda e sola nel caldo pomeriggio di una locanda sconosciuta della torrida Bassa Padana. In che posto di merda che sono finita!
Arriviamo a Milano che è notte, mi scarica davanti a casa senza parcheggiare e, mentre scendo per strada come mamma mi ha fatta, precisa "Questa settimana voglio fottermi anche quel fesso di tuo marito" e riparte, rombando inutilmente. Deve essere stata una decisione importante e sofferta frutto di lunga meditazione.
Credo che nessuno mi abbia vista nuda attraversare il marciapiede, aprire con la chiave la portina a vetri condominiale, entrare, salire le scale, aprire la porta blindata con due chiavi, di cui una non voleva infilarsi, e sparire nell'appartamento.
Il C. giace addormentato su una poltrona davanti al pc acceso: appena tocco il maws ricompaiono le immagini spedite da Claudio durante il festino in barca: ero d'accordo che gliele mandasse, ma non mi ero resa conto di quante fossero e quanto dettagliate.
Mi precipito a letto, ma non dormo bene. Al mattino mi alzo tardi e non vedo il C., già al lavoro.
Quando lo rivedo alla sera, resto impressionata da quanto ha l'aria sciupata: così un po' mi preoccupo e resto con lui seduta a lungo a tavola, mentre mi chiede della "vacanzina"; impiego un po' a capire che non è così ridotto perché stravolto dall'umiliazione o dalla situazione venutasi a creare, ma che è ancora distrutto dalle migliaia di seghe che si è fatto in mia assenza e che solo queste causano quelle impressionanti occhiaie! Lo faccio sedere per terra davanti al divano a leccarmi i piedi, pensando che devo essere necessariamente io a prendere il suo controllo (forse è quello che vuole anche lui); mi appare soddisfatto e più tranquillo, finchè gli dico che Claudio vuole fargli il culo. Non risponde nulla e continua a succhiarmi le dita, soprattutto gli alluci: ora io credo davvero (e nessuno mi convincerà del contrario) che un uomo che succhia un alluce lo fa perché gli piacerebbe succhiare un cazzo! (dopo tutto come quasi veterinario sono un quasi medico, perché gli a****li sono solo più spontanei degli esseri umani).
Gli dico inoltre che d'ora in poi lui deve farmi anche un po' da schiavo domestico e che non tollererò mai più di trovare la casa nello stato in cui l'ha ridotta in questi tre giorni a casa da solo: se lui non è capace di autogestirsi, vuol dire che lo gestirò io. Per questo è innanzitutto necessario che modifichi le sue abitudini lavorative, rientrando a casa per le 17.30, come tanti altri impiegati, e BASTA con i fine settimana impegnati al lavoro, anche se solo parzialmente. Non me ne frega niente se guadagnerà di meno. E’ esitante, poi promette che ne parlerà col boss, anche se mi anticipa che il problema potrebbe essere che tra qualche settimana Mara starà a casa in maternità, perché è incinta e non certo di Luca suo marito, ma del boss medesimo: venerdì in ufficio c'è stato l'annuncio di Mara, il boss lo sapeva già ed una piccola festicciola ha allietato tutti gli impiegati: mi mostra al computer una foto dell’ufficio, con Mara seduta sull'orlo di una scrivania, il boss al suo fianco in piedi ed il marito sull'altro lato con la mano di Mara che gli spunta dietro la testa facendogli le solite corna da foto; ma qui hanno ben diverso sapore!
Mia madre si fa viva martedì ed io le rispondo affermativamente su tutto: va bene per la casa, va bene per le nozze; ma purché se ne occupi lei. E lei non chiede di meglio che di occuparsi di tutto.
Mercoledì compro in centro uno strappone ed un dildo anale e già in serata mi ci diverto col C.: è remissivo e disponibile, come oggigiorno molti maschietti, ma non ci sa fare e quando gli dico di rilasciare i muscoli è lo stesso che se gli dicessi di volare sul tetto: non capisce come condursi, punto e basta.
Giovedì invece si fa vivo Claudio, dicendomi che sabato vuole uscire in pizzeria con me ed il C., promettendomi anche il pagamento per le mie prestazioni a Chioggia, di cui mi ero francamente dimenticata e che, tutto sommato, penso di rifiutare: non per snobismo e non solo perché non mi servono proprio quei soldi, ma principalmente perché voglio riservarmi psicologicamente margini di manovra: lui mi considera come la sua schiava/puttana, mentre io non è che sia proprio contraria, ma vorrei capire la cosa fino in fondo e che ne parlassimo per bene.
Venerdì sera ripeto i giochi di inculata del C. con lo strappone, mettendolo in ginocchio davanti al video del pc su cui faccio scorrere le mie immagini da Chioggia: lui l’ho fatto mettere a quattro zampe tra me e lo schermo con le ginocchia appoggiate su un basso puf, perché non voglio trovarmi io in posizione scomoda: sono a gambe larghe e devo ammettere che rivedere le foto fattemi da Claudio mi da una forte eccitazione, così che alla fine toltomi lo strappone mi faccio un ditalino furioso: il C. era puntato sulle braccia ed ho notato, guardandoglielo quando uscivo con lo strappone dal suo culo che non gli è venuto duro per niente: era eccitato e pienamente aderente al suo ruolo, ma non ce l’aveva proprio in tiro. Allora gli infilo il dildo, per la verità non troppo grosso, e gli dico di passarci la notte: dal mio ritorno dal mare non ho più fatto sesso vero col C., limitandomi a farlo sborrarsi addosso, col menarglielo in varia maniera.
Così sabato al mattino decido di andare alla fiera di Sinigallia e compro una grande lettiera per cani pieghevole e due vecchie coperte militari: naturalmente sono col C., perché spetta a lui portare i pesi e non si trova mai uno straccio di parcheggio vicino alle bancarelle. Il venditore a cui chiedo la lettiera, sottolineando la parola GRANDE, forse per familiarizzare e vendermi anche qualcosa d’altro, mi chiede che razza di cane ho: ed io con tutta naturalezza gli rispondo “Nooo, è per il mio schiavo”, indicandoglielo alle mie spalle e girandomi verso di lui: quello ridacchia, pensando un attimo che io scherzi, ma poi trasale perché capisce che non è così guardando in faccia il C. che è diventato rosso come un peperone! Allora, già che ci sono, prendo anche un collare borchiato, alto sui tre centimetri ed il relativo guinzaglio, il tutto nero, e glielo metto subito al collo: la gente intorno ridacchia indicandoci e qualcuno scuote la testa; io sono tranquillissima perché anche se qualche vigile avesse da vederci, nessuna norma al mondo vieta ad una brava e seria ragazza di buona famiglia di tenere al guinzaglio il suo uomo in luogho pubblico! Però penso che la cosa più strana, mentre attraversiamo l’intiera fiera in lungo ed in largo, non sia né la gente che commenta divertita né quella che disapprovano, ma quelli con le fette di salame sugli occhi, che non si accorgono di nulla di quello che non stanno specificatamente facendo loro in quel preciso momento, nemmeno se un elefante li toccasse sulla spalla con la proboscide. La fiera è piena di extracomunitari e mi verrebbe voglia di combinare anche lì qualcosa di divertente, ma mi pare che loro invece abbiano un vero paraocchi mentale ed anche se mi chino più volte a guardare le cose che offrono mentre tengo sopra la mia spalla il guinzzaglio a cui è attaccato il C. e quindi lo tiro verso di me, quelli parlano con frasi fatte delle loro cianfrusaglie e nessuno mi dice qualcosa che mi permetta di interloquire anche solo con una battuta sulla situazione: peccato, mi sarebbe piaciuto far tornare il C. di un bel colore rosso acceso (preciso, a scanso di equivoci, che sin dalla mattina seguente alla rasatura parziale si era tagliato anche l’altro baffo). Alla fine del giro tra le bancarelle mi viene da concludere che forse gli extracomunitari hanno paura di esporsi, lì in pubblico, in una faccenda fuori dai loro schemi abituali. Dovrò quindi trovare un’altra via.
Tornando a casa in tram, chiedo al mio futuro maritino se girare al mio guinzaglio lo ha divertito: annuisce senza parlare ed io gli aggiungo “Tanto lì non ti conosceva nessuno!” Però adesso mi chiede di toglierglielo: li sgancio e metto nel sacco della lettiera il guinzaglio, lasciandogli però il collare, perché agli altri può sembrare un semplice ornamento, magari gothic, ma voglio che lui ci si abitui, sentendoselo al collo.
Alle 8 di sera Claudio passa a prendere me ed il C., presentandosi con Ambra, con una monovolume con vetri laterali e posteriori oscurati. La cena è insignificante, tranne perché mi comunica l'indirizzo della sua nuova trattoria, non lontano da dove io ed il C. a questo punto della nostra vita quasi coniugale sappiamo che tra poco andremo a stare. Non parla invece del compenso che mi ha promesso ed io mi guardo bene dal sollevare la questione. Subito dopo mangiato, il C., che ha bevuto due birre ed è uno che non ha mai retto l'alcool, va al cesso e Claudio gli grida dietro "E pulisciti bene!". Poi usciamo dalla pizzeria e Claudio si avvia verso vie che non conosco, fino ad una zona dove abbondano dei travestiti, poi più in là puttane negre ed ancora un pezzo oltre delle bianche: accosta, scende dall'auto e va a parlare con un tale fermo su un'altra auto, chiaramente un magnaccia. Torna dopo un attimo e mi dice che io ed Ambra adesso lavoriamo per un po' in quella via, che lui è già d'accordo col boss della via e che io dovrò continuare sino a che il C. non gli cede. Il C. stranamente ha un moto di sdegno e scende imprecando dall'auto: scende anche Claudio e gli dice a muso duro che non ha da lamentarsi, perché anche lui sta per essere soddisfatto e lo spinge, abbassandogli la testa con la mano come fa la polizia nei film, sul sedile anteriore: mentre mi allontano con Ambra vedo che il C. è inginocchiato sui sedili anteriori a gambe larghe col busto appoggiato sugli schienali anteriori e proteso col viso verso i sedili posteriori e Claudio gli monta alle spalle. Io non capisco se il C. faccia finta di non volere ciò che in realtà vuole o se oppure sia davvero intenzionato a non fare ciò a cui poco dopo acconsente; forse non saprebbe rispondere nemmeno lui.
Io invece so benissimo che ho una gran voglia di andare fino in fondo alla strada che ho iniziato a percorrere, perché mi eccita sentirmi degradata: da un lato perché così, facendomi sbattere, sento di umiliare il mio maritino; dall’altro perché accetto sì di diventare una ricca signora, ma non una signora benpensante: è chiaramente una rivalsa contro il clima che ho dovuto respirare a casa mia in una adolescenza a dir poco da incubo!
E, comunque, quando sarò stufa nulla al mondo potrà impedirmi di dare un bel servito a Claudio o a chiunque altro.
Fare la battona non è poi questo spasso, anche se mi emoziona il passeggiare sul marciapiedi a fianco di Ambra, avvolta dagli sguardi degli automobilisti: su istruzioni datemi da Claudio già giovedì, indosso una minigonna ed un top, oltre alle zeppe di sughero che avevo fatto mettere al C, quando lo avevo vestito con la tutina rosa da ballo.
Un paio di clienti allungano le mani sotto la gonnellina, per toccarmi la figa: l'istinto è ritirarsi arretrando, ma riesco a resistere. Un marocchino non si limita a toccarmela, ma mi ci infila proprio due dita ed io lo lascio fare per un buon minuto, poi ride giulivo e se ne va. Anche Ambra ride "Si vede che non ci sai proprio fare, non devi concedere niente gratis"; ma non è la mia idea: io sono lì a divertirmi col fare un’esperienza eccitante e trasgressiva, non per fare un po’ di grana di cui non ho bisogno. Però penso che non mi piacerebbe incontrare qualcuno che conosco o, peggio, essere vista da uno che per non fare la figura del puttaniere finga di niente ma poi vada a raccontare in giro che io batto: però penso che dovrei essere proprio sfigata perché accadesse!
Uno mi fa salire in auto, gli dico che deve dare i soldi ad Ambra, come da istruzioni, e mi porta da parte, per farsi fare solo un pompino col preservativo. Ritorno e dico ad Ambra che adesso mi sto davvero scocciando (lei non capisce), ma nel mentre vedo che il C. siede sul marciapiedi vicino all'auto: vado lì e dico a Claudio che voglio tornare a casa: non la prende bene, ma neanche poi tanto male; Ambra resta, io ed il C. veniamo riportati a casa.
In auto non parliamo; salendo in ascensore schiaccio lo STOP d’emergenza e apro la patta al C.: lui crede che voglia prendergli l’uccello in qualche maniera, ma io lo faccio girare di spalle e gli dico che voglio solo costatare com’è la del mio maritino e gli caccio pure due dita nel buco del culo, che non si è ancora richiuso del tutto: mi eccita da morire l’idea che il mio ometto abbia il culo aperto, non solo dal mio attrezzo di plastica, ma anche dai miei amici e conoscenti! Credo che non potrei vivere con un uomo che non sia una troietta sottomessa, anche se a me piace farmi sbattere dai maschi dominanti.
Mi domando se esistano da qualche parte, penso proprio di sì, maschi che siano il tipo, ma al contempo che se lo facciano mettere normalmente nel culo da altri maschi, magari del medesimo tipo.
La settimana successiva vedo mia madre ed andiamo dal Notaio, per approfittare di questi tempi di minori imposte sulle donazioni ai figli, che nessuno sa se dureranno a lungo. Concordiamo che la cerimonia di nozze sia quanto di più semplice possibile e con pochissimi invitati, anche nell'ottica del recente lutto.
Nelle settimane successive Claudio sembra scomparso ed io ed il C. siamo molto presi per il nuovo trasloco, a distanza di pochi mesi dal precedente. Ci diamo anche da fare per cercare di vendere l'appartamento, di cui quindi non dovremo più pagare le rate di mutuo.
La cerimonia di nozze riesce proprio come speravo, poco più che una formalità; l'unica concessione fatta a mia madre è stata l'abito bianco (comprato e non noleggiato come usa oggidì), perchè io ne avrei fatto volentieri a meno; ma lei ha insistito che ha un valore simbolico: sì certo, simbolo di verginità, ha ha ha! Ma tant'è. (Però poi mi è venuta l’idea balzana che potrò in futuro forse usarlo per qualche giochetto di troiaggine: vedremo!)
Per il viaggio di nozze, concordiamo che lo faremo in inverno, ai tropici o giù di lì.
Quando Claudio si rifà vivo, lo avverto che non abitiamo più a Milano e gli do il nuovo indirizzo. Aggiungo che mi sono nel frattempo sposata col C.: sembra un po' seccato e mi dice che è stato molto occupato per preparare il nuovo locale e che sabato ci sarà l'inaugurazione, . . . ma non ci invita.
La settimana successiva mia madre mi telefona, facendomi un discorsetto: lei mi ha regalato la palazzina (in anticipo sulla futura eredità), che ha un appartamento grande a piano terra, un garage e locali di disbrigo seminterrati e tre appartamenti per piano a ciascuno dei due piani superiori: col ricavato degli affitti di sei appartamenti posso benissimo far a meno di lavorare e terminare l'università, ma lei mi richiede di affittare gli appartamenti a prezzi non esosi a gente extracomunitaria, di cui lei stessa mi fornirà gli estremi, poichè adesso ha deciso di cominciare ad occuparsi di questi immigrati, evidentemente gran bisognosi del suo aiuto, per puro volontariato, appoggiandosi alla sua parrocchia.
Il primo che mi arriva ha un'aria davvero da poco di buono: preferisco non dire qui da dove arriva per evitare inutili polemiche. Comunque mi faccio dare i suoi dati e fotocopia del passaporto e del permesso di soggiorno, poi telefono ad una amica della compagnia con cui uscivo fino ad alcuni mesi fa e che è in polizia, chiedendole se può darmi qualche informazione. Mi richiama già l'indomani, chiarendomi che ha precedenti plurimi per spaccio, rissa e tentato omicidio: è fuori in attesa di processo.
Chiamo mia madre e, benchè non intenda essere polemica, la smonto, chiedendole se si rende conto di chi mi manda e se vuole mettendomi in guai seri, col piazzarmi in casa certa gente: si mette a piangere al telefono e decido di andare a trovarla di persona. Non vorrei che si cacci in una di quelle situazioni in cui le donne anziane (anche se lei per la verità non lo è ancora) perdono il senso del reale e finiscono preda di truffatori, maghi o quartomondisti senza scrupoli. Ci accordiamo quindi che lei si limiti ad indicare, a chi le chiede un alloggio in affitto, il mio numero, ma che sia poi io a selezionarli e decidere.
Così finisce che mi scelgo due operai senegalesi per uno degli appartamenti ed una famiglia nigeriana per ciascuno degli altri due al primo piano, mentre al secondo piano vanno tre famiglie cinesi: speriamo che si prendano il disturbo di pagare l'affitto con regolarità, perchè in Italia con gli inquilini morosi non si sa come fare, dati i tempi grotteschi dei nostri tribunali: mia madre almeno può dirsi contenta che sono tutti extracomunitari!
I tre appartamenti al secondo piano sono parzialmente mansardati, per cui non c'è vista verso il lato sud, dove al piano terreno c'è il giardino con la piscina, mentre uno degli appartamenti al primo piano (quello dei due senegalesi) è più piccolo, avendo verso sud un grande terrazzo coperto.
Finalmente la settimana seguente prendo io l'iniziativa di chiamare Claudio, che non sento ormai da diverse settimane, per sapere come gli va: è vero che lui una volta mi ha detto che preferisce essere lui a farsi vivo quando ne ha voglia e tempo, ma, nonostante non possa forse nemmeno dire che gli sono affezionata, mi sembra strano questa sua lunga lontananza. E' contento di sentirmi e mi dice di passare da lui a trovarlo domani pomeriggio, ma non mi spiega il motivo per cui non s'è più degnato di farsi vivo.
Vado da lui e così conosco la sua trattoria. Nè ultrapopolare nè lussuosa, la definirei piuttosto anonima: l'unica particolarità è l'estrema abbondanza di specchi. Mi chiarisce che ha passato settimane a litigare con gli uffici pubblici ed il personale relativo perchè gli facevano infinite difficoltà in relazione alle caratteristiche dei servizi igienici e delle cucine (chiaramente a caccia di bustarelle), assurdamente, visto che il locale c'era già e non si tratta di nuova licenza. Comunque i locali di servizio (rifatti) mi sembrano quasi di qualità superiore alla due salette da pranzo, per fumatori e per non fumatori. C'è anche un servizio igienico per gli handicappati, con tanto di doccia.
Chiacchieriamo a lungo, quanto mai prima d’ora. E’ riuscito a capire, rimeditandoci, un po' di più di cose su di me e si è quindi reso conto che mi piace sì provare giochetti nuovi e perversi vari, ma che non ho alcun interesse a fare la puttana o la puttanella per tornaconto economico. Arriviamo alla conclusione che mi va di diventare la sua schiavetta, ma che deve organizzarsi meglio per assumere il ruolo di mio master, soprattutto informandosi e documentandosi sulle varie pratiche; io desidero poi che lui coinvolga il più possibile anche il C. e che in generale mi dica prima (meglio qualche giorno prima) che cosa faremo, perchè questo mi permetterà di pensarci, anche eccitandomi preventivamente. Lui comunque vuole fare qualcosa in alcune sere della settimana, con pubblico adeguato, e pensa che sia io che il C. potremmo collaborare, anche se non sa ancora bene come.
E' ormai ora di cena ed ovviamente decidiamo che mi fermi a mangiare lì, perciò telefono al C., avvertendolo: mugugna un po', ma non me ne frega un bel niente.
Mentre parlo con lui, accadono però due cose: mentre il cuoco viene in sala, dove siamo seduti, avvertendo che l'aiuto cuoco gli ha telefonato che arriverà in ritardo, entra un gruppo di una trentina di persone che chiede se c'è possibilità di cena pur non avendo prenotato. Claudio è un attimo perplesso, poi dice che sì, provvede subito e, detto fatto, mi dice di seguirlo in cucina ad aiutare il cuoco: Claudio stesso viene in cucina, prepara degli affettati di antipasto e li porta in sala, tornandone con le ordinazioni. Mi squadra, come non aveva fatto prima, e mi dice di togliermi le scarpette (ballerine), la maglia di felpa senza maniche (sotto cui non ho nulla, non facendo certo freddo) e la gonna di jeans: resto quindi a piedi nudi e con un banale perizoma nero. Ed in questa tenuta lavoro ad aiutare il cuoco egiziano, senza peraltro soffrirne, nella cucina calda e piuttosto umida. Claudio fa da cameriere e va e viene dalla saletta, portando piatti pieni e bottiglie e riportando quanto da lavare ed avanzi; in un momento tranquillo va anche a recuperare le cavigliere di pelle nera già utilizzate in barca e me le dà da indossare, ingiungendomi pure di agganciarle tra di loro, col moschettone: ora posso camminare solo a passettini, ma per fortuna il grosso del lavoro di preparazione è terminato. Arriva infine anche l'aiuto-cuoco, nipote del cuoco che fino ad ora non aveva perso occasione per palparmi le tette ed il culo. Dopo i dolci, i clienti fumano, bevono il caffè e se ne vanno, naturalmente senza alcun sentore di me che in cucina facevo la schiava, ma il bello deve venire, perchè Claudio, per punire il ritardatario, escogita (astutamente) l'idea di stabilire che suo zio può sfogarsi con me dell'eccitazione procuratagli vedendomi nuda per due ore al suo fianco, mentre il nipote può solo guardare: e sta a guardare con gli occhioni spalancati, palpandosi la patta con la mano destra, ma senza osare sfoderarsi l'uccello, mentre suo zio mi incula appoggiata sul lavatoio. Poi il nipote stesso, Amin, sgombera la tavolata e pulisce la sala, mentre Claudio si offre di riaccompagnarmi a casa, vista l'ora e la carenza di mezzi pubblici: solo che non mi fa rivestire, limitandosi a mettere un sacco di juta plastificata sotto il mio culo per evitare che la sborra del cuoco gli macchi il sedile. I miei vestiti (ivi compreso il perizoma toltomi dal cuoco) sono in un sacchetto che Claudio butta sul sedile posteriore, mentre salgo in auto con le sole ballerine e le cavigliere: nessuna problema, dato che l'auto è parcheggiata in un cortile dietro la trattoria e che per un attimo all'aperto non faccio certo a tempo a prendere un colpo di freddo (sono peraltro a stomaco semivuoto, avendo solo stuzzicato qualcosa in cucina), ma arrivata a casa mia Claudio parcheggia nella via laterale e senza farmi rivestire entriamo in casa: ci sono solo un paio di passanti lontani, che non credo vedano niente, ma i due senegalesi sono affacciati a fumare alla finestra e non si perdono un movimento: quando i nostri sguardi si incrociano, mi salutano deliziosi con un ampio sorriso da orecchio ad orecchio.
Le mie chiavi sono nel sacchetto e Claudio suona al citofono, facendosi aprire dal C., che viene perplesso ad aprire e, quando mi vede nuda, esclama turbato"Ma poteva vederti qualcuno!!!"
Claudio non conosce la nuova casa, ma non si fa intimidire: entra, si stravacca sul divano del salotto già noto, senza togliersi le scarpe, ed intima a me ed al C. di sederci per terra sul tappeto davanti a lui, perchè vuole parlarci. Annuncia ufficialmente che vuole che entrambi diventiamo suoi schiavi: in particolare vuole che al sabato sera andiamo nella trattoria a lavorare come sguatteri (nudi o con un tenuta decisa da lui) nella cucina della trattoria, riservandosi all'occasione di farci anche fare qualcosa con i clienti. Io sono disponibile, gliel'ho già detto, il C. è forse un po' perplesso ma visibilmente eccitato perché chiede un sacco di particolari su come sarà. Io peraltro non sono molto convinta che Claudio sappia davvero bene cosa vuole e che sia capace di fare il master in una relazione a tre: mi pare evidente che non ha nessuna esperienza e che nemmeno conosce gli ambienti S/M.
Comunque, per cominciare, fa spogliare nudo anche il C. e ci fa mettere entrambi piegati a 90 gradi dietro la spalliera del divano: sfilatasi la cintura in similpelle, vuole frustare sulle chiappe il C., mentre incula me; solo che vede, e si ricorda, che io ho già il culo pieno, avendolo preso dal cuoco, e non gli va di infilare l'uccello nella sborra dell'egiziano; quindi mi dice di prendere uno sgabello o qualcosa che mi rialzi il culo, così da potermelo infilare da dietro ma in figa: mi guardo intorno, cercando qualcosa, ma . . suona il campanello: ovviamente non aspettiamo nessuno, trasaliamo tutti e guardiamo istintivamente l'orologio; chi può essere all'una di notte? Mi viene da ridere, Claudio mi dice: "Beh, va ad aprire!" Cerco il sacchetto con i miei vestiti od una vestaglia, ma Claudio chiarisce "no, così come sei!" Mi avvicino all'uscio per guardare dallo spioncino e chiedo a voce alta: "Chi é?"
E' Pagall, il senegalese del primo piano, quello più corpulento e sveglio, che avverte che il carro attrezzi ci sta portando via l'auto! Lo grido a Claudio, che lancia un urlaccio e si tuffa fuori, incespicando nei pantaloni che si sta richiudendo ed imprecando come un matto. Io spiego al C., che non ha capito cos'è successo, che per la pulizia settimanale notturna della strada stanno rimuovendo l'auto di Claudio (noi non abbiamo mai avuto un'auto e non ci facciamo mai caso). Dalla porta aperta entra Pagall, per nulla intimidito dal vederci nudi, seguito dall'amico Lelè, sceso anche lui dalle scale. Pagall è corpulento e statuario, Lelè più basso e forse più agile: entrambi indossano solo pantaloncini bianchi. Il C., rimasto nudo davanti ai due, è diventato rosso in volto, il che contrasta col pallore di chi non ha fatto in tutta l'estate nemmeno un giorno al sole. Ha cercato invano di recuperare i propri vestiti, ma io ci sono salita sopra in piedi e gli intimo: "Dai, offri loro qualcosa da bere, sii gentile!". Si guarda intorno come se non capisse, ma Pagall dice di portargli due birre e lui corre in cucina. Allora Pagall chiede a me "Vi stavate divertendo, eh?" Ed io, decisa e sfacciata, ma imprecisa, "Claudio è il nostro Padrone, possiede sia me che mio marito e noi siamo ai suoi ordini", senza chiarire che per ora è poco più che un progetto.
Il C. arriva con le due birre: per coprirsi in cucina si è infilato un grembiule che, se ne maschera i genitali, lo rende però di gran lunga più ridicolo: un uomo nudo NON è di per sé ridicolo, e non conta tanto che sia più o meno bello o brutto; è il suo modo di fare, il suo imbarazzo che possono renderlo ridicolo facendo semmai venir voglia di deriderlo. Porge la birra a Pagall (che ha raccolto da terra la cintura lasciatavi da Claudio e sembra intuirne lo scopo) ed a Lelè, che afferra con la mano sinistra la birra e con la destra afferra la chiappa sinistra del C. appena questo si volta: è una presa forte, non simbolica, lo trattiene un momento, il C. si gira verso di lui dicendogli solo "Ma cosa ..." e Lelè muove la mano per infilargli un dito nell'ano: il C. salta via, ma non si allontana che di cinquanta centimetri; Pagall chiarisce: "A lui piacciono tanto i maschietti bianchi" "Ed a te?" gli chiedo, sedendomi, nuda come sono, sulla spalliera del divano ed allargando un po' le coscie. "A me va bene sia maschio che femmina!"
Rientra, trafelato e rabbioso, Claudio: se l'è cavata con la multa, ma ha evitato la rimozione; non credo peraltro che sia il tipo che la pagherà mai.
Valutata a colpo d'occhio la situazione creatasi da noi, si dimostra sorprendentemente all'altezza di padroneggiarla: saluta con un cenno i due e chiarisce perentorio "Io sono il loro padrone!" Pagall gli conferma che l'ho già informato e Claudio appare soddisfatto e gli dice che possono utilizzarci. I due non aspettavano altro ed io ed il C. ci rimettiamo spontaneamente piegati a 90 gradi appoggiati alla solita spalliera; Pagall non fa lo schizzinoso per il mio culo già utilizzato e mi penetra risoluto, mentre Lelè fa fatica con il C., che è psicologicamente disponibile, ma bloccato: Claudio gli dice di portargli dell'olio e passa la bottiglia a Lelè, che ci si unge il cazzo e ne versa anche tra le chiappe del C., spargendolo intorno ed entrandogli nel buchetto con un dito; poi appoggia la bottiglia per terra, impugna l'uccello, lungo ed elastico, e lo infila deciso, facendo sussultare il mio maritino, che stupidamente si contrae in tutto il corpo. Io sono posseduta meravigliosamente dal mio Pagall, che mi soddisfa da morire, sguazzando nel culo fradicio (e, devo certo dire, ben allenato) col suo cazzone meraviglioso e, col viso piegato di lato, guardo e rido divertita delle smorfie del C.; la faccenda dura un quarto d'ora, poi i nostri due negroni scambiano fra di loro qualche parola incomprensibile e si sfilano quasi insieme, ci fanno girare ed abbassare in ginocchio e ci sborrano in bocca strusciandoci poi gli uccelli in faccia. Entrambi, ma Lelè di più, hanno sugli uccelli tracce e pezzettini della nostra merda e ci infilano gli uccelli in bocca da ripulire: io non faccio resistenza, perchè mi piace sentirmi pubblica troia e degradata, così come mi era piaciuto fare la puttana in barca e (ma un po' meno) la volta scorsa sul viale delle puttane, ma il C. ha una faccia paonazza ed è chiaramente disgustato; dopo un attimo si rialza e con una mano sulla bocca corre al cesso a vomitare.
Claudio è rimasto seduto a sorvegliare, sorseggiandosi una vodka che si è servito da sè. Si alza, commenta che come inizio per oggi può bastare e si appresta ad andarsene. Anche i negroni si reinfilano i pantaloncini, ma prima che escano, chiarisco a scanso d'equivoci futuri, che questo non c'entra niente col nostro contratto d'affitto e che comunque dovranno rispettare le scadenze dei pagamenti. Oh cazzo, non si facciano venire strane idee!
Lunedì sera il C. mi annuncia che giovedì il suo boss di lavoro ci ha invitato a cena assieme ad altri: lo guardo perplessa, chiedendomi se è davvero così scemo che vuole coinvolgermi in una cena di colleghi di lavoro, senza rendersi conto che mi pare difficile immaginare qualcosa che possa annoiarmi di più, ma, con molta esitazione e scrutando la mie reazioni, mi spiega che in realtà il boss (da loro chiamato alla mafiosa "don Antonio") vuole esibire Mara quale propria schiava S/M, assieme al marito Luca. Mi chiarisce che la situazione si è evoluta rispetto a quanto ne sapevo io: la moglie del boss ha saputo in qualche maniera della tresca tra il proprio marito e la Mara, restatane gravida, ed anzichè fare la classica sceneggiata tragica e mollare il marito (forse proprio perché, avendo lei i cordoni della borsa, si sente forte) ha deciso di cavalcare la situazione e si è riscoperta a fare a sua volta la Domina. Giovedì quindi ci hanno invitato, formalmente per una cena, ma in realtà per una festa S/M che si svolgerà in casa loro, che hanno già attrezzato e che vogliono mostrare.
Così andiamo.
Oltre a me ed al C., ci sono Luca e Mara, che lì sono già abbastanza di casa, ed una decina di altri, per lo più, ma non esclusivamente, che lavorano nella società finanziaria, anche con mogli/mariti e fidanzate/fidanzati. Dopo le solite (inutili) presentazioni di nomi che nessuno può memorizzare, saliamo subito nel vasto sottotetto neo-attrezzato: ci sono varie strutture per legare ed una specie di pedana rotonda rialzata al centro, che a prima vista sembra un palco per ballare. Mara col pancione e Luca sono portati al guinzaglio a quattro zampe da Domina Francesca (la moglie di don Antonio, vestita più da odalisca che da festa S/M, con grandi veli rossi e ciabatte rosse con cerniera anteriore e con superzeppe che secondo me ne sottolineano solo la bassezza di statura) ed io penso che ci sono poche cose più troiesche a vedersi di una vacca gravida che è schiavizzata (mi domando se anche a me piacerebbe essere ingravidata da un altro: la cosa mi eccita, ma non so proprio se lo farei davvero), mentre don Antonio magnifica le proprie attrezzature, spiegando alla vile plebaglia presente quanto ha speso per ognuna, riuscendo però a rimediare solo la figura del pirla che si è fatto spennare. Alcuni dei presenti sono "precettati" dal boss affinchè non si limitino a complimentarsi doverosamente, ma utilizzino l'impiantistica: ed è così che tre o quattro si lasciano legare con più o meno convinzione e, tra insistenti "Ma attento fai piano, per carità!", si lasciano percuotere più o meno simbolicamente; solo Luca e Mara vengono fustigati per davvero da Domina Francesca, ma mi sembra evidente che la natura della loro sottomissione è d'altro tipo rispetto alle frustatine; anche se è altrettanto evidente che lei ha una certa voglia di punire Mara, che a lungo l’ha data al proprio marito a sua insaputa e Luca, che è stato il complice cornuto della loro storia.
Dopo un po' qualcuno chiede di andare ai servizi ed è così che ai padroni di casa viene l'idea di una seduta di pissing: intervengo decisa al volo, dichiarando che il C. è sicuramente disponibile, Luca e Mara si aggiungono spontaneamente e due altri maschi della compagnia si offrono. I cinque vengono accompagnati ad una vasca tipo lavatoio ribassata (e perciò poco visibile) situata quasi in un angolo e Domina Francesca, io e tre altre ragazze ci mettiamo loro intorno, irrorandoli copiosamente. Poi toccherebbe ai maschi di pisciare, ma i due ragazzi svicolano velocissimi dalla vasca, protestando che loro non la prendono se non dalle donne: rimangono Luca con Mara ed il C. ed io, dopo un attimo d'esitazione, volontariamente scendo nella vasca, a fare la mia parte; è così che assumiamo ufficialmente lo status di coppie sottomesse.
Purtroppo non hanno previsto un'area per farsi la doccia: qualcuno si ripulisce alla bell'e meglio, altri usano il bagno al piano di sotto.
Ci ritroviamo dopo qualche minuto due piani più giù, davanti ad un lussuoso buffet a chiacchierare di S/M e d'altro, ripromettendoci di tornare più tardi nel sottotetto torturaiolo (in realtà il tempo passa e nessuno ne ha più di tanto voglia). Don Antonio mi trascina verso un divano su cui si siede a gambe larghe, col bacino in bilico sul bordo del cuscinone e mi fa inginocchiare tra le sue gambe, così da potermi far chinare a prendere in bocca il suo perizoma di pelle nera con, ovviamente, il contenuto: ma non se lo toglie, divertendosi a farselo venire in tiro senza tirarlo fuori. Mi afferra ora per le orecchie, ora con una mano sola per la nuca, per darmi il ritmo preferito. Dopo dieci minuti fa un segno sopra la mia testa ed il C. si avvicina, si inginocchia al mio posto e mi sostituisce: ma il boss lo ferma quasi subito, scosta il perizoma e glielo infila in bocca! Sono francamente impressionata, non dal fatto che mio marito stia spompinando il suo capo, ma dal fatto che lo faccia tranquillamente davanti ad una decina di persone, suoi colleghi e relativi partner.
Solo dopo mezz'ora, quando usciamo per tornare a casa capisco quanto sia brillo e quanto poco si sia reso conto della figura da troia che ha (abbiamo) fatto. Don Antonio mi ha peraltro chiarito che vuole che diventi ufficialmente sua schiava, visto che Mara è attualmente utilizzabile sì e no.
Venerdì sera suona alla porta Pagall, seguito da Lelè, annunciandomi che devono parlarmi; dopo un attimo di preoccupazione, capisco che non ci sono guai in vista per la casa, perchè semplicemente Pagall vuole garantirsi l'abitudinarietà della mia disponibilità sessuale verso di lui e la disponibilità del culo del C. per Lelè: mi chiarisce che, tra di loro, lui si incula con regolarità l'amico, ma non accetta il contraccambio, essendo maschio solo dominante; per questo Lelè gradisce aver sotto mano il C. per svuotarsi a sua volta i coglioni quando non avrà di meglio: a me l’idea del maritino inteso come “svuotatoio dei coglioni del senegalese del primo piano” prende un casino! Mentre mi spiega il tutto mi ha già spogliata, mi solleva sulle braccia e mi porta a letto, mentre Lelè ride come un matto sul divano guardando qualcosa in televisione, nell’attesa del C. che ritarda dal lavoro.
Sono perplessa: Pagall di corpo è un gran maschio, ma di testa si vede che è un nulla assoluto.
Claudio mi intriga perchè ruspante ed umiliante, ma non sa organizzare nulla che non sia per quattrini.
Don Antonio è un arrogante pirla, ma con maggior voglia e capacità di organizzare: solo che sua moglie è proprio una stronzetta senza speranza.
Cosa scegliere?
Quando scegliere?
Perchè scegliere?
Scegliere?
E se riuscissi a metterli in contatto, così che don Antonio faccia il capo, Claudio il suo braccio destro ed i senegalesi gli esecutori? Ci pensi, se rimanessi incinta di un senegalese, su ordine di don Antonio e tutti vedessero quanto il maritino è una troietta cornuta! Peccato solo, vivere presso Milano, dove la gente tende a farsi i cazzi propri, perché circolare per strada in un posto dove tutti ti conoscono, con un maritino come il mio, magari al guinzaglio, ed una carrozzina con dentro un bimbo mulatto è cosa per la quale vale davvero la pena di stare al mondo!
Sto solo sognando?
Boh!
Mi piacerebbe davvero che qualche cineasta traesse dai racconti film atti a divulgare la cultura cuckold. Film, non pornofilm.
Mi chiamo Lucilla e sono una sposa felice.
Beh, non del marito, naturalmente.
Ho conosciuto il mio attuale maritino, che d'ora in poi chiameremo amichevolmente, anche per amor di precisione, “il Coglionazzo”, abbreviato in il “C.” al liceo, proprio all'ultimo anno, per riunificazione tra due classi. Oggi non riesco a capire cosa allora mi sia piaciuto in lui, ma tant’è che ci siamo messi insieme quasi subito, voglio dire dopo pochi giorni.
Sarà stato probabilmente il suo modo di fare, un po’ esitante e molto composto, che me lo faceva sembrare maturo e posato, in mezzo ad una massa di ragazzetti e ragazzotti decisamente piuttosto buzzurri e per lo più brufolosi. Era alto, magro e biondastro.
Io sono tuttora, ed a maggior ragione ero allora, un vero bocciolo di bellezza latina, alta 1,68, con un seno grande e molto guardato anche se un po' pendulo: una che attira i maschietti come il miele le mosche.
Subito fidanzatini, ho scelto di iscrivermi all’università di Milano, a veterinaria (facoltà con un numero enorme di esami) ed abitando con mia madre ed il mio patrigno nel Varesotto ho cominciato ad appoggiarmi anche logisticamente al C., per dormire a casa sua quando dovevo o volevo fermarmi a Milano. Mia madre si è subito dimostrata ostile a questa mia “disinvoltura” ed anche se mi sono dilungata pazientemente ad elencarle la quantità di nostri conoscenti che sono tranquillamente conviventi, non l'ho smossa d'un centimetro: tipica “paolotta”! Anche per questo, per rendermi più indipendente, ho deciso di cominciare a lavorare in un'agenzia immobiliare, pagata per andare in giro a mostrare alla gente gli appartamenti in vendita od in affitto.
D'altra parte, con tutto dell'affetto che mi lega a mia madre, ho orrore di finire sfigata come lei: s'è sposata giovanissima con un industriale ricco e rampante che l'ha messa incinta di me e dopo quattro mesi se n'è andato in un incidente di deltaplano; lei dopo due anni s'è risposata (con l'avvocato di fiducia del mio defunto padre), che dopo un annetto ha avuto un incidente di moto, rimanendo paralizzato e un po' anche inebetito. Quando una volta l'ho detto al C., lui si è limitato a toccarsi la palla sinistra (per via dei mariti uno morto, l'altro invalido), senza nemmeno capire cosa volevo dirgli della mia voglia e gioia di vivere.
Il mio primo problema col C. però è stato il suo stile di vita: fare il saccopelista da adolescente ha un certo sapore, ma con gli anni sfocia nel barbonismo; mi spiego: quando ci siamo conosciuti a scuola, io ero di famiglia danarosa e lui neanche un po'. Quando lui faceva l'università ed io ho cominciato a lavorare nel settore immobiliare la differenza economica si è accresciuta ed io che non avevo fretta di finire l'università spesso uscivo alla sera con amici vari mentre lui restava a casa a studiare. Secondo lui ho le mani bucate, ma è lui che è fanatico del risparmio: tendeva a sublimare psicologicamente in astrusi calcoli finanziari la propria mancanza di quattrini. Qualche volta ricordo che ho insistito per farlo uscire con me, perché non mi piaceva fare la figura di fronte ai miei amici di quella col fidanzato pantofolaio, ma lui ha avuto la faccia tosta di criticarmi per come mi comportavo con altri ragazzi: non che non avesse un minimo di ragione, visto che loro mi trattavano provocatoriamente, in sua presenza, da troia, palpandomi le tette ecc. ed ovviamente si trattava di amici a cui l'avevo già data. Però a fare il malmostoso non aveva proprio niente da guadagnarci. Poi una volta, uno dei miei colleghi d'università, in crisi di maschilismo e decisamente un po' bevuto, si è messo a fargli la predica, che non doveva stare insieme ad una troia come me, che io sono una che la da a tutti eccetera eccetera... Risultato: il C. non ha più voluto uscire con me e la mia compagnia. Io mi ero già preparata a convincerlo che quello parlava soltanto per invidia, che non c'era niente (o quasi) di vero, ma il C. si è limitato a criticare il tipo che non si faceva i fatti suoi.
Dopo 3 anni il C. si è laureato in primavera (laurea breve di indirizzo finanziario) e grazie al voto massimo ha trovato subito un posto pagato benino in una società di investimenti finanziari. Così mi sono decisa e gli ho imposto di andare a vivere stabilmente insieme, in un appartamento più decente, in zona De Angeli, nonostante la riprovazione di mia madre: debbo dire che oramai ero pronta a tutto pur di sfuggire definitivamente dall'atmosfera della casa di provincia, col patrigno moribondo.
Così, mentre quest’anno già a maggio è esplosa la caldissima estate milanese, torrida ed afosa, noi abbiamo deciso di rinunciare totalmente alle normali vacanze estive per la necessità di sistemare l'appartamento, in cui peraltro già abitiamo, avendo rapidamente traslocato i nostri (suoi) pochi nobili con l’aiuto di un paio di nostri (miei) amici. Stante che il C. adesso lavora sempre fino a sera, talvolta anche nei fine settimana, per quei fanatici di americani, parlando sempre più spesso di percentuali di non so bene che, siamo arrivati a concordare che tocchi a me seguire i pochi lavori necessari di muratore, per spostare una porta e togliere un tramezzo. Solo che quando vedo il muratore davanti all’uscio del nuovo appartamento, mi si rimescola subito qualcosa dentro: ha dei pantaloncini cortissimi di jeans ultrastracciati, è a torso nudo, abbronzatissimo, sui 25 anni. Il C. gli spiega prolisso cosa deve fare e quello strafottente guarda fisso soltanto me. Lo trovo molto diverso da quelli del mio ambiente umano abituale. Tanto per non restare lì a guardarlo imbambolata o peggio ancora sembrargli imbarazzata, mi informo un po' su di lui e quello mi risponde con naturalezza, dandomi del tu. Il C. sta per uscire e mi tira da parte per raccomandarmi di sorvegliarlo sì, ma senza fargli perdere tempo, con quello che ci costa. Poi esce. Ed io, per non fargli perdere tempo, vado a farmi una doccia. Torno dopo quindici minuti, con l'accappatoio non proprio chiusissimo, e trovo che lui ha già tirato giù il tramezzo (di cartongesso) e sta facendo il buco per la porta: mi chiede quanto voglio alto il vano-porta, io salgo su uno sgabello e faccio un segno sul muro col suo matitone che mi ha porto, faccio per scendere, ma l'accappatoio si è vieppiù aperto e gli finisco mezza nuda tra le braccia: ridiamo insieme, ci spostiamo senza parlare nella cucina lì accanto, dove per fortuna non è entrata molta polvere, e lì mi fa sfilare l’accappatoio rosa e mi scopa, prendendomi con naturalezza, come se fossimo da sempre amanti abituali, lui in piedi ed io seduta sul bordo del tavolo di cucina, con le cosce spalancate un po’ puntata sulle braccia tese dietro, poi abbracciata stretta a lui per sentirmelo entrare più in fondo. Io non uso mai il preservativo, che odio visceralmente, ed alla fine mi fa scendere in ginocchio a ripulirgli l'arnese con la bocca. Poi, amichevolmente gli batto l’indice sul petto nudo e gli dico "adesso però mi vai a finire il tuo lavoro, svelto e bene". E pensare che mezz’ora prima mi era assolutamente sconosciuto: chissà se quelli dell’agenzia dove lavoro me lo hanno consigliato maliziosamente? Oppure sono io una vera troietta che non sa resistere al maschio vero?
Quando alla sera il C. torna a casa non riesce a nascondere la sorpresa (lui si intende solo di numeri e percentuali), perché il lavoro sembra quasi finito: in realtà le rifiniture sono più lente e ci vorrà ancora una giornata. Comunque si congratula con me per l'incredibile efficienza.
L'indomani dico al muratore "senti io voglio il lavoro finito e perfetto, ma dopo, se vuoi, ci divertiamo con più calma". Fatto sta che già alle due è tutto finito (e mi sembra rifinito bene) e resta solo da aspettare che si asciughi il muro e da pulire il pavimento. Questa volta andiamo sul letto e mi scopa ripetutamente, con spontaneità e senza discorsi, per tre ore buone, dietro, davanti, ancora dietro, ancora davanti, in bocca. Confesso che certamente è la prima vera grande scopata della mia vita: non è uno dei maschietti entusiasti di scoparsi la ragazza di un altro ma al contempo frettolosi, come se temessero che io cambi idea, ma un giovane uomo vero in forze ed assolutamente ruspante.
Nei giorni seguenti il C. torna a congratularsi ripetutamente con me per l'efficienza del mio muratore (cioè, come sa, contattato tramite l'agenzia per cui lavoro), ma butta lì un sornione "chissà cosa gli hai fatto", come se subodorasse qualcosa e volesse farmi uscire allo scoperto.
Io glisso.
Mi domando invece se all’agenzia verranno a sapere qualcosa: ma non che me ne preoccupi per nulla; anche se la curiosità mi resta; ma non credo: questo è un uomo, per quanto giovane, scopa per istinto, non per poi vantarsi a destra e manca; potrebbe raccontarlo ad altri muratori come lui, non ai geometri dell’agenzia. Comunque, chi se ne frega!
Per la terza domenica di giugno, a casa pseudoultimata (abbiamo pareti nude, tranne per un paio di “croste” ereditate dal C. da suo nonno, che quando non faceva finta di dipingere quadri era ferroviere), decido di invitare a pranzo una coppia di nostri (miei) amici: il C. dovrà cucinare ed io faccio la spesa (d'altra parte l'ho quasi sempre fatta io, già da quando il C. era propriamente squattrinato): ho voglia di peperonata ed arrosto e vista la situazione climatica li serviremo freddi; mi ero però dimenticata che domenica mattina il C. ha una stupidissima riunione con dei clienti: cazzo, di domenica mattina! Comunque gli dico chiaro e tondo che basta che provveda a preparare tutto già il sabato sera. Venerdì sera quindi mi da la lista degli ingredienti e sabato in giornata provvedo, tra una visita d'appartamento e l'altra. Alla sera si mette in cucina, in mutande, e comincia a piagnucolare tagliando le cipolle; io, con pantaloncini minimi e una maglietta a scollatura larga, mangio un gelato alla vodka davanti al televisore, pensando com'è pirla con quelle cipolle; lo sento brontolare qualcosa e mi appare davanti col coltellino in mano e con gli occhi rossi "dove hai messo i peperoni?"
Ammetto che per la peperonata servano i peperoni e ci sarei arrivata a capirlo da sola anche se non me lo avesse scritto.
Solo che in un supermercato erano proprio brutti e poi . . . mi sono dimenticata; guardo l'orologio: non sono ancora le 19.30 e schizzo dalla poltrona, dicendogli "vado a prenderli freschissimi!!" In strada mi rendo subito conto di non fare a tempo ad arrivare al supermercato in tre minuti esatti, quindi mi dirigo verso un fruttivendolo più vicino, infischiandomene se costeranno un paio di euro in più; ha già la saracinesca mezzo abbassata, ma mi infilo spavalda: sono o non sono una professionale e disinvolta venditrice?
Dentro c'è un tipo sui 50 col grembiule verde, con un cliente oltre i sessanta.
Intuisco dagli sguardi fissi verso la maglietta che quando mi sono chinata per passare sotto la saracinesca mi hanno potuto vedere le tette dalla scollatura, dato che ovviamente non ero in casa, con questa afa, col reggipetto.
Il cliente fa un cenno di saluto, il fruttivendolo gli rialza la saracinesca così che possa uscire senza doversi chinare e quindi la riabbassa quasi del tutto: mi guarda fisso e mi viene in mente che un paio di mesi prima quando ero già venuta una volta in questo negozio avevo sentito che faceva apprezzamenti ad una cliente con la minigonna argentata e zoccoli altissimi: praticamente, in divisa da puttana. Mi dice che tiene la verdura nella stanza dietro per salvarla dal caldo e mi spinge di là con una leggerissima mano morta sul culo: io mi scaldo già, perché questo tipo magro e muscoloso, capelli neri e ricci, mi prenderebbe anche un casino. Di là, ci sono le cassette, ma anche un tavolo da cucina col piano di marmo bianco; lo spazio intorno al tavolo è poco ed io mi appoggio con l'ombelico al marmo fresco, scrutando dentro due cassette di plastica appoggiatevi l’una sull’altra; ma lui si appoggia dietro di me: glielo sento già duro, mentre mi si struscia dietro; mi arrotola giù i pantaloncini e mi appoggia la cappella all'ano: mi spalma alcune gocce d'olio (spero almeno extravergine, dato che il mio culo non lo è affatto) e mi penetra. Entra senza difficoltà, perché ho sempre scopato volentieri col culo quanto e più che con la passerina, ma si lamenta quasi subito che gliel'ho sporcato: mi fa girare afferrandomi con decisione con le sue braccia muscolose e scure e mi abbassa la testa, tirandomi per un’orecchia con la bocca verso il suo uccello, io non voglio, ma non so cosa fare in alternativa: quindi cedo e finisco col ripulire la mia stessa cacchetta dal suo uccello. Ricomincia ad incularmi allegramente, dopo cinque minuti protesta di nuovo (ma che, prima di andare dal fruttivendolo dovrei farmi un clistere?!?) e si ripete l'operazione di ripulizia. Contrariamente a quanto mi sarei aspettata non mi sborra dentro, ma, forse perché m'ha vista complessivamente docile, mi fa inginocchiare per la terza volta col suo cazzo in faccia, solo che stavolta invece di mettermelo in bocca me lo sbatacchia sul viso: io con la bocca cerco istintivamente di prenderlo, ma lui sfugge e . . . comincia a parlarmi interrogandomi su me stessa; alle prime domande gli rispondo a monosillabi, poi comincio a raccontargli qualcosa di me, sempre percossa sulle guance dalla sua cappella. Di sè non dice nulla ed io peraltro non sono al momento orientata ad approfondire; dopo poco l'uccello gli è tornato semimolle, lui mi sfila la maglietta facendomi alzare le braccia e, tenendomi i due polsi con una sola mano mi rimette l'uccello in bocca e piscia a piccoli scrosci; sono sorpresa, è la mia prima volta ed all’inizio tossisco, poi poco per volta miglioro: alla fine della pisciata ho imparato! Finalmente mi rialzo e vedo di sfuggita che quanto colatomi lungo il corpo è sceso da una piletta di scarico nel pavimento. Rido tra me mentalmente domandandomi "che sia fatto apposta?" Mi rigira con la pancia verso il tavolo, prende una zucchina da una cassetta, la unge d'olio e me la infila senza difficoltà nel culo; ce la muove con abilità e con metodo per un paio di minuti, poi mi dice di sedermi sul tavolo, mentre la pressione della zucchina mi spinge a tenermi con le chiappe un po' sollevate e con le gambe divaricate, mi fa appoggiare i calcagni sull'orlo dello stesso piano di marmo; lui si infila un guanto di plastica da lavapiatti, lo unge a sua volta e comincia a penetrarmi in figa con due e poi con tre dita: per me la pratica è nuova, l'ho vista solo in un filmetto porno a casa di amici, comunque ho voglia di provare la novità e cerco di collaborare; affonda anche il mignolo e spinge per dilatarmi; sento però che il muscolo non mi si rilascia e comincia a farmi male: glielo dico e gli afferro con la mano sinistra il polso destro per farlo smettere, mentre con la mano destra mi appiglio al suo braccio sinistro. Lui stesso s'è accorto che la cosa non funziona e rinuncia: torno in ginocchio, se lo mena con la mano per concludere e mi sborra in bocca.
Mi passa mezzo metro di scottex e mi ripulisco alla bell'e meglio. Scambiamo ancora due parole ed io quasi mi giustifico del non essere così sfondata come si aspettava: capisco che ha interpretato come esperienza una certa mia disponibilità sessuale, ma è evidente che non sono (ancora?) così troia sfondata come s'immaginava.
Prendo frettolosamente i peperoni (ha la faccia tosta di farmeli anche pagare) e mi dice sarcastico "lo zucchino te lo lascio in omaggio". Cazzo, m’ero dimenticata di avere uno zucchino nel culo!
Torno rapidamente a casa, ma senza orologio non ho idea di quanto sia passato. Apro ed il C. mi viene sulla porta interrogativo ed allarmato. Gli rispondo con la risposta preparatami in ascensore "aspettavo che fossero perfettamente maturi", ma non si smonta e mi replica seccato "ti rendi conto che le cipolle stavano già soffriggendo, ho dovuto spegnerle ed ora rischia di venirmi male e tutto unto?" Mi viene da ridere: non è seccato per me che sono stata fuori senza un motivo e mezza biotta a farmi sbattere in tutti i buchi dal maschione del quartiere, ma per la peperonata! Insiste polemico che non si può cucinare così, prima mi dimentico gli ingredienti, poi ci metto ottantatrè minuti per andare e tornare dal supermercato dietro l'angolo! Gli sparo: "innanzitutto un cuoco decente, quale fai finta di essere, prima di iniziare a cucinare controlla gli ingredienti; secondo: il supermercato era chiuso, sono andata dal fruttivendolo, che stava chiudendo, e per farlo riaprire ha voluto scoparmi, davanti e dietro: quello sì che è un vero maschio!" gli giro le spalle, andando verso il bagno ed aggiungo "sei solo un povero stupido cornuto!" Ho parlato a getto, senza riflettere, senz'altro sotto l'emozione dell’esperienza forte e dell’eccitazione sessuale residua e già mentre sento le mie parole ne sono quel pizzico spaventata e pentita: non temo affatto il C., ma le litigate ed i dissapori sì! Non sono venuta a vivere qui per avere tensione in casa. Quindi vado in bagno sbirciando alle mie spalle, ma vedo che non mi segue. Mi sfilo lentamente e con delicatezza la zucchina, mi ripulisco, mi costringo a riprendermi un momento sciacquandomi la faccia con acqua fresca e torno sbirciandolo verso la zona giorno.
Lui è tutt'ora in cucina, vado là anch'io, vedo una bottiglietta di birra aperta sul tavolo e me la scolo senza fiatare: noto che lui nel frattempo sta anche cucinando qualcosa per stasera e butta in padella due bistecche: questo è evidentemente un buon segno e mi tranquillizzo. Gli palpo con la mano destra una natica e lui si gira e mi bacia, lingua in bocca, senza parlare. Poi ceniamo davanti al telegiornale, andiamo subito a dormire, io stanca, lui voglioso. Mi monta subito, davvero molto voglioso, ma non è certo superiore al solito e sborra dopo un attimo. E ci addormentiamo subito senza una parola.
La questione sembra finita lì, anche se domenica, a tavola con Franco e Laura, si sente in dovere di precisare che se la peperonata è troppo unta non è colpa sua, ma della mia inadempienza nel fornirgli gli ingredienti: loro ridacchiano e non ci fanno caso. Povero palla!
Nelle due settimane seguenti torno quattro volte da Claudio, il fruttivendolo, ma mai nell'orario di chiusura: il motivo che mi spinge non è perché voglia riprendere il “discorso”, ma per abituarmi all'idea di conoscerlo come amante, almeno per ciò che è stato e per assimilare mnemonicamente la sua figura ed i suoi gesti.
Le prime due volte mi parla dandomi del tu, ma senza che nessuno di noi dica se non lo stretto necessario, come se fossi una conoscente qualsiasi.
La terza volta, quando ricompare dal retro, ci sono nel negozio anche una tale sui trenta con la minigonna ed una canottiera velata nera semitrasparente nonchè una tipa anziana: Claudio serve prima quest’ultima, anche se è entrata dopo di me. Poi, rivoltosi a noi, mi serve mentre ci presenta, dicendo solo il nome: "Lucilla, Ambra" E, rivolto a me, aggiunge "Lei è una bravissima!". A questo punto entrano altri clienti e lui si rivolge a loro, io saluto e faccio per andarmene, ma Ambra mi dice, tirandomi in un angolo "Possiamo vederci quando vuoi, io sono sempre libera." e stando al mio fianco alla mia sinistra mi cinge la vita con il braccio destro, tirandomi un po’ a sè e baciandomi sulla guancia. Il lui della coppia che Claudio sta servendo ci sbircia, mentre la lei pontifica sui sapori dei broccoli e li sceglie con grandissima cura. Poi escono e Claudio mi chiede con fare pensieroso "Quando vai in ferie?" Gli chiarisco che quest'anno io ed il maritino abbiamo concordato di non farne di ferie. Io però sono davvero pentita di questa comune decisione e più che altro sto soffrendo l’afa milanese. Claudio allora mi propone vagamente alcuni giorni su una barca d'altura, all'inizio di luglio, assieme a lui, ad Ambra ed ai comuni amici. Siamo nuovamente interrotti dai clienti, saluto e me ne vado, non senza che Ambra mi baci di nuovo, sulla bocca, dilungandosi un attimo più del normale.
La quarta volta che vado da lui, di venerdì, lo trovo da solo, mi saluta e mi chiede subito se, allora, ho deciso per la vacanza in barca a luglio; io per la verità non ci avevo pensato più di tanto, perché in mancanza di dettagli non si può nemmeno lavorare di fantasia, E certo non ne ho parlato col C.: quindi dico a Claudio:
"Mah, non so, ma dove, come, quanto a lungo?" Lui si fa un pizzico aggressivo e replica "Ragazza, devi avere le idee un po' più chiare se vuoi far strada nella vita e non voglio che quando ci sono i clienti ti metti a lesbicare con Ambra, queste cose si fanno con discrezione, capisci! comunque sarà un paio giorni, vi porto io in auto fino a Chioggia, lì ci aspettano gli altri, tutti dei bei ragazzi che ce l’hanno sempre in tiro, e vi tocca anche un bel regalo"
Sono allibita! La propostami "vacanza" s'è trasformata in un'orgia. Ci devo pensare su e me ne vado un tantino risentita.
Passano due giorni e mi chiama mia madre: il mio patrigno sta infine tirando gli ultimi. Debbo dire che nella mia vita ha sempre rappresentato, per ovvi motivi, una non presenza. Comunque decido di andare da mia madre. Arrivo che è già morto e trovo mia madre più che affranta decisamente invecchiata: ha 53 anni ma ne dimostra più di 70. Coglie l'occasione per tornare alla carica, più con isterismo che con vigore, affinché mi sposi. Sfuggo una risposta, non tanto per rifiuto di principio del matrimonio, quanto perché non sono per nulla sicura di volere proprio il C.: ho 25 anni e proprio adesso sto vivendo nuove esperienze. Perché dovrei autoimprigionarmi?
Poi si calma un po' e mi fa un discorso economico, riuscendo a lasciarmi strabiliata: finché ero vissuta con lei (e col patrigno), non mi era stato fatto mancar nulla, ma non ci avevo fatto più di tanto caso: ero abituata così; ora però mi fa un discorso in cifre, rendendomi edotta dell'ammontare del suo patrimonio, di cui sono unica erede: lei non vuole rifarsi una vita, ma ritirarsi ancor di più, occupandosi di aiutare i poveri; vuole tenersi l'usufrutto di alcuni beni e rendite, ma intestare a me il resto, andando al più presto dal notaio. E (il tutto purché mi decida a sposarmi) mi attribuisce da subito l'uso d'un piccolo elegante condominio con giardino e piscina che aveva iniziato a costruire per sè e il patrigno, per rendere più facili i suoi spostamenti su seggiola a rotelle rispetto alla villa Liberty dove siamo sempre vissuti, ricca di scale e scalette. Ovviamente stupita, le chiedo da dove vengano tutti questi soldi, ma mi è subito abbastanza chiaro: il mio (vero) padre era ricco perché unico proprietario dell'azienda, che dopo l'incidente mia madre vendette. Nemmeno lei, figlia unica era povera. L'avvocato, poi divenuto patrigno, ottenne per l'incidente occorso a mio padre un notevole risarcimento danni ed un'altro risarcimento ancora maggiore gli ottenne, per l'invalidità permanente, il suo socio di studio quando lui in moto fu travolto da un camion che gli tagliò la strada. Ed anche il mio patrigno era tutt'altro che povero, soprattutto in terreni, via via edificati.
Venticinque anni di vita ritirata, mai un viaggio od una spesa particolare (escluse le due feste ed i relativi viaggi di nozze), hanno fatto il resto.
Comincio a questo punto a sentirmi possibilista, ma preferisco rispondere a mia madre parlandole della mia esitazione di fronte ad un passo così determinante: questo discorso mia madre lo apprezza e si convince a darmi un paio di settimane per riflettere e decidermi, dando peraltro per scontato che io alla fine non possa che risolvermi ad aderire.
Per il funerale il C. arriva a casa di mia madre e di lì rientriamo insieme a Milano in treno. Poco più di mezz'ora di viaggio, ma forse la mezz'ora più importante della mia vita, perché comincia a parlarmi di una faccenda a cui non avevo mai prestato attenzione: Luca e Mara sono due suoi colleghi, che mi ha citato spesso, sposati e regolarmente conviventi, lui nostro coetaneo, lei di cinque anni maggiore. Lei è l'amante conclamata del loro capo, un cinquantenne pretenzioso, panciuto, barbuto e baffuto. Luca è ben consapevole della tresca, evidente anche in ufficio, ma si accontenta dell'onore di potersi accompagnare con Mara, che di proprio non potrebbe appagare né sessualmente né socio-economicamente: Luca non rischia nulla, perché il boss è sposato, con quattro figli, e la moglie ha la maggioranza del pacchetto societario, quindi Mara non potrà mai sposarsi col boss e forse nemmeno ci tiene, divertendosi di più a vivere così e ad umiliare il suo maritino. Sono tutti pettegolezzi di cui ero forse a conoscenza, per quanto me ne potesse fregare, non frequentando i personaggi in questione, Ma la novità è che il C. si diverte molto raccontandomi i particolari di Mara che si fa sorprendere nell’ufficio del boss, dopo che quello l’ha scopata e se ne è uscito subito per un appuntamento lasciandola lì a ricomporsi, mentre lei non si è ricomposta per niente: ed è proprio lei che chiama il marito con l’interfono e quando quello arriva gli dice di cercarle un orecchino che nella foga le è caduto per terra e lei non riesce a ritrovarlo e mentre lui è a quattro zampe a cercare l’orecchino si affaccia sulla porta e fa segno agli altri di venire: così quelli lo vedono lì a quattro zampe e lei gli da dei calcetti nel culo dicendogli di cercare meglio: immaginarsi gli sberleffi generali! Il C. trova eccitante il ruolo del maritino cornuto e consenziente e lo capisco da come si struscia la patta senza nemmeno accorgersene mentre me lo racconta. Improvvisamente interessata, gli chiedo: “Ma quando è successo?”, perché da come lo dice non capisco e lui “Almeno tre volte, sempre la stessa identica scena: è chiaro che lei lo fa apposta, ma anche lui o è cretino del tutto o ci sta, come per un gioco di ruolo.” E’ evidente che l’idea lo eccita e non è solo una mia impressione, visto che a questo punto salta fuori (oh sorpresa) a dirmi che è andato dal fruttivendolo a comprare della frutta, ma in tutta evidenza solo per vedere quello di persona: quindi non aveva ignorato come semplici risposte polemiche le mie battute in proposito, ma ne aveva preso mentalmente atto; tiro profondamente il fiato per fare il punto e gli sparo a bruciapelo che penserei di passare un paio di giorni in barca. Appare decisamente un po' sorpreso che un tipo di quel calibro possegga una barca con varie cabine, ma non ne sappiamo di più.
Da Cadorna andiamo a casa in tram, gli parlo della possibilità offertaci da mia madre e della mia decisione di concentrarmi per finire l'università in un paio d'anni anziché nei quindici e più che sarebbero necessari coll'attuale ritmo di un paio di esami all'anno, una volta conseguite rendite tali che mi rendano superfluo perder tempo con l'agenzia immobiliare.
E' pienamente d'accordo.
Nei giorni seguenti vado a visitare il fruttivendolo, ma Claudio non c'è e mi serve una sconosciuta sui cinquanta: le chiedo di Claudio e mi dice che non sa dov'è, lei è solo la nuova socia. Ci dovrebbe essere domani. Mi domando se il negozio sia in crisi, per la concorrenza dei supermercati, per cui abbia dovuto cercarsi un socio con capitali freschi.
Ripasso ancora: stavolta lo trovo e gli dico che ho deciso, mi sta bene di andare al mare con lui. “Bene” mi dice, aggiungendo “non preoccuparti per l'abbigliamento, penso io a tutto”. Credevo che bastasse un costume da bagno, ma mi fa capire che no e mi chiede taglie e misure esatte. Poi mi mostra una bibita secondo lui afrodisiaca che tiene dietro uno scaffale, a base di guaranà: va bene, ma i liquidi sono più pesanti dell’insalata e non ho voglia di girare per negozi con quei chili in più. “Te li porto a casa io stasera se vuoi” mi fa ". . . a che ora arriva a casa tuo marito?"
"Beh, in questi giorni verso le 7 e mezzo circa"
"Mh, peccato, io non riesco a chiudere così presto" (intende per essere lì ed andarsene prima).
"Dai, fai così, vieni alle 8 e se ti va ti fermi a cena!"
"??"
"Tanto gli ho detto di noi, penso anzi che sia contento così!"
". . . ?cenetta in tre?"
"NO! Caspita! cenetta in due e lui ci serve a tavola"
Rido soddisfatta e me ne vado, lasciandolo poco persuaso.
Naturalmente una cenetta decente non si improvvisa in mezz'ora, ma non è questo l'aspetto importante di tutta la faccenda. Comunque telefono subito al C. intimandogli di arrivare a casa più presto del solito, perché ho un amico a cena: insiste per saperne di più e cedo, dicendogli che è Claudio, il fruttivendolo; gli dico che deve cucinarci, NON gli dico che apparecchio la tavola per due e che dovrà servirci a tavola, NE' come lo voglio far vestire.
Arriva prima delle sette e capisco che è un bel po' eccitato: lo porto in cucina per fargli vedere cosa voglio che ci prepari (tutte cosette ultra semplici) e poi in camera da letto, dove giace adagiata una mia tutina da ballo rosa di quando facevo danza, intorno ai quattordici anni: è superelasticizzata e potrebbe entrarci un elefante. Gli dico di mettersela, fa per infilarsela, poi cambia idea e si rifiuta: gli chiarisco che deve essere più coerente, che dopo tutto non lo vedrà nessuno che lo conosca e che se fosse carnevale non farebbe tante storie. “Già ma non è carnevale!” “Se ti serve per disinibirti cambio la pagina sul calendario!” Cede, se la infila, e gli faccio calzare due ciabattone con la zeppa di sughero.
Fa per fermarsi davanti allo specchio, ma lo spingo via, perché non si veda: non è né sexy né vagamente femminile, ma solo atroce! non credo esistano travestiti neanche di periferia così brutti! Bah … o forse sì.
Claudio arriva poco prima delle otto, lo faccio accomodare sul divanetto del salotto e vedo da come si guarda intorno stupito che si aspettava che fossimo gente di livello sociale inferiore. Se sapesse cosa sto per ereditare … rischierei che rimanesse intimidito od al contrario che ecceda in bullismo: meglio evitare e comunque è certo che non sono affari suoi.
Il C. arriva a prendere il sacchetto portato da Claudio e la sua comparsa in tutina rosa è . . . di sicuro effetto. Mi fa "Ma è un gay?" "No, gli ho detto io oggi per la prima volta di vestirsi così, per tenerci allegri.". Claudio palesemente mi scruta per studiarmi meglio.
Io e lui ci sediamo assieme sul divano, ci versiamo il guaranà e gli accarezzo la patta dei calzoncini: gli viene subito duro, se li sfila completamente e glielo prendo in bocca: arriva il C. con i primi, ci vede e cerca di fare il disinvolto, mentre noi ci alziamo per sederci a tavola e lui se ne torna svelto in cucina; ha dimenticato acqua e vino, sto per alzarmi, ma mi fermo e penso che sia meglio gridargli dietro "Coglionazzo, ti se rincoglonito del tutto? hai dimenticato da bere!!!" e mi diverte averlo insultato di fronte al mio nuovo amante.
Claudio mi guarda e ridacchia un pizzico nervoso e senza sapere che dire.
Il C. arriva subito a passo di corsa, posa le bottiglie e Claudio, guardandolo fisso mi fa "Con quei baffetti fa proprio schifo di merda!"
Ha ragione e devo dire che non mi piacciono proprio, anche prescindendo dall'attuale tenuta pseudofemminile che li rende caricaturali.
Così gli dico "Non hai sentito?! tagliateli! e subito!" Mi guarda stupefatto non comprendendo bene cosa voglio. "Dai!” insisto “stai meglio senza e non solo per oggi! va di là a tagliarteli!"
“Ma…” ribatte bloccato “e se poi cambi idea, mi ci vorranno due mesi perché mi ricrescano!”
Apprezzo il messaggio che non sa di rifiuto, ma di sottomissione evidente ai miei gusti e, per giunta, in presenza di Claudio: perciò schiaccio energicamente l’acceleratore e gli comunico: “Beh, forse su questo potresti avere ragione, quindi va di corsa in bagno e raditi completamente il baffo destro, che così possiamo fare il confronto!” “VA!!” gli soggiungo aggressiva. “Il destroo!!!” gli urlo dietro, mentre si sta allontanando, come se la scelta avesse importanza.
Claudio si è acclimatato e si sbellica dal ridere, scuotendo la testa.
Il C. torna dopo un mezzo minuto dal bagno, e noi rischiamo di pisciarci addosso nel vederlo.
La cena prosegue e dopo il secondo, senza aspettare formaggio o dolce, Claudio si alza perché non resiste più: è rimasto senza calzoncini ed io ho continuato a giocarci con la mano, tra una forchettata e l’altra, per una buona mezz'ora. Ci alziamo per andare di là, ma mentre Claudio raccoglie i calzoncini vedo che hanno una macchia, proprio lì, all'interno, di evidente causa: così strillo al C. di venire, glieli caccio in mano e gli dico di pulirli in bagno mentre noi stiamo in camera.
Per andare in bagno si passa davanti alla camera, con una porta ad arco e priva di battente. Claudio ha solo voglia di scopare e mi prende davanti e dietro, venendomi dentro una sola volta in figa, all'inizio. Poi vedo che si alza dal letto e credo, delusa, che voglia andare a casa: avevo preparato crema e gel sul comodino e speravo tornasse alla carica con le sue mani divaricatrici. In realtà vedo che sta cercando il C., lo scorge sul divano, semisdraiato, dopo che ha sgomberato, lavato i piatti ecc.: lo afferra per i capelli da dietro la spalliera del divano, dicendogli "Tirati su che devo pisciare!" il C. si alza girando intorno al divano e, spintonato brutalmente, lo precede in bagno: Claudio lo fa sdraiare con la schiena nel piatto doccia, con culo e gambe sollevate contro la parete posteriore (per la verità ci vuole un po', perché l'imbranato non riesce a mettersi subito in posizione); a questo punto fa infilare anche me con testa e tronco nel box doccia sopra il C., mentre resto in piedi con le gambe larghe fuori dal piatto e ricomincia a penetrarmi nel culo; mi appoggio alla parete di fronte per reggermi e dopo un momento estrae il cazzo, spara la sborrata (davvero ricca) sul corpo del C., mi afferra per i capelli tirandomi fuori dalla doccia, mi fa abbassare per ripulirgli l'uccello e piscia a lungo irrorando il corpo del C., dalla faccia ai genitali: noto che il C. apre e chiude la bocca, ma non capisco se per berne (gli piace?) o per riuscire a respirare; poi Claudio tende la gamba attraverso il vano doccia e da diversi colpetti dall’alto in basso col tallone allo scroto del coglionazzo, che si agita cercando di sottrarsi; Claudio si è divertito ed il C., con infinita fatica, riesce a tirarsi via da quella posizione ed uscire dalla doccia; ma Claudio sta già uscendo dal bagno ed io dietro di lui: va in salotto e si rimette i calzoncini ripuliti, mi dice che se ne va, gli riporto dalla camera da letto la maglia, ho la debolezza di chiedergli quando andremo in barca: "Dammi il numero di cellulare che ti farò sapere." e se ne esce.
Faccio per coricarmi dopo pochi minuti ed il C. mi raggiunge, amorevole ed eccitato coll'uccello ritto in mano: "Non ti fare idee sbagliate, lo apostrofo, forse domani, adesso no di certo! e vai a dormire sul divano, qui voglio stare da sola!"
Dopo un paio di giorni, Claudio mi telefona per dirmi che partiremo venerdì in mattinata, passa lui a prendermi.
Arriva e scendo vestita d'un miniabito di mussola di un colorino rosa stinto, scollato a V fin quasi all'ombelico e che mi copre a mala pena l'inguine, d'un grande cappello rosso a tesa larga e d'un paio di infradito rosa: sotto nulla; mi sento abbastanza nuda e questo aumenta la mia eccitazione, se mai ce ne fosse bisogno: peraltro in tutta la notte ho dormito pochissimo, pensando alla gita; ad un certo punto non ne potevo più di rigirarmi nel letto, fa anche troppo caldo ed umido, così ho cominciato a menare distrattamente l’uccello del mio C., poi gliel’ho preso in bocca, ma sono riuscita a fermarmi abilmente un attimo prima della sua sborrata, perché lui quando sta per venire inarca la schiena per un buon minuto e questo è il segnale: così quando ho visto che stava iniziando ad inarcare la schiena mi sono fermata e risdraitata supina, guardandolo di sottecchi alla pallida luce che entra dalla strada: lui si è girato e mi ha guardato perplesso e così io gli ho fatto: “Senti bello adesso vai al cesso, e finisci di segarti, di sesso banale e noioso non ho più voglia! Ci vuole un po’ di fantasia nella vita, non credi anche tu?”
Claudio guida una cabriolet nera ed ha al suo fianco una ragazza romena (Andreea) e dietro c'è la già conosciuta Ambra; mi siedo al fianco di Ambra, ma come si entra in autostrada il vento tende a strapparmi il cappello: così mi metto con le ginocchia ripiegate e con la testa in grembo ad Ambra, che mi incoraggia, posandomi il cappello sul viso; Ambra infila la mano destra sotto il mio miniabito e comincia a sditalinarmi con abilità e lentezza: dopo l'orgasmo mi addormento.
Ci fermiamo a far benzina, pisciare e bere qualcosa in un grill. Scendo rintronata, mi sono svegliata fermandomi, e mi avvio scalza sull’asfalto per andare al cesso dietro lo spaccio: solo che c'è sporcizia per terra e quindi esito se tornare in auto a prendere le infradito o fregarmene; due camionisti panciuti, in zoccoli e pantaloncini che escono dai cessi mi osservano un attimo e mi tendono venti euro; mi viene da ridere, ma non ho gran voglia; entro al cesso, ma loro mi seguono. Hanno l'aria decisa ma non aggressiva, sembrano tedeschi, ci starei anche, ma adesso non mi sembra il momento: entra la romena, dice qualcosa in tedesco e da loro il numero di cellulare, spiegandomi risentita ed energica che non posso andare con tutti, quando Claudio ci aspetta! È chiaro che mi considera e mi tratta come se fossi una qualsiasi battona da strada!
Arriviamo vicino a Chioggia e andiamo subito al pontile: c'è una superbarca tutta in legno e Claudio sottolinea che costa XXXX e che è lunga più di 40 metri. Saliamo per la passerella in fila indiana: grandi spazi eleganti e varie cabine; tutto in legno ed ottone lucidissimo. Claudio assegna a me, Ambra ed Andreea una sola cabina in comune, con un lettino a 2 posti ed uno singolo; "Tanto ci starete pochissimo", aggiunge. Torniamo in un salone comune, dove ci sono preparati diversi vassoi e vassoietti di salatini, dolcetti, tramezzini ecc., coperti da tovaglioli di carta e numerose varie bottiglie: in piedi dietro un tavoletto stanno parlando tra di loro due alte travestite brasiliane, decisamente appariscenti, vestite solo d'un triangolino che nasconde gli uccelli e con grosse tettone al vento, intente ad aprire le bottiglie; per loro fortuna l’acqua in porto è immobile e la barca non ondeggia per nulla, perché calzano delle infradito di gomma dorata con zeppe altissime, sulle quali sarebbe forse difficile rimanere in equilibrio col moto ondoso. Claudio arriva con un paio di sacchetti e ce li distribuisce: a me da una sorta di grembiulino in pelle nera da allacciare in vita, che copre un po' il davanti, lasciando del tutto scoperto il culo, un dildo anale nero e delle curiose calzaturine mai viste prima che consistono solo di un pezzo di pelle nera che sta sopra il piede, lasciando scalza la pianta: si fissano con laccetti sotto le dita e dietro la caviglia ed hanno delle borchiette di strass. Ambra calza zeppe nere col tacco, da domina, e si allaccia uno strappone/mutanda nero con punte a cazzo in lattice nero intercambiabili su un supporto fisso: da quella piccola a quella gigantesca, che non riuscirei mai a farmi infilare. Andreea indossa polsiere, cavigliere ed un collare di pelle nera ed una maglia di rete metallica che lascia tutto ben visibile. Claudio ci avverte che tra poco arriveranno gli amici. Mi è ormai chiara la situazione: si tratta di suoi clienti, ai quali procura ragazze a pagamento; i capi d’abbigliamento datici sono evidentemente tutti già usati, ma devo ammettere, per la verità, che sono in ordine e puliti.
Mi è purtroppo impossibile raccontare l’esatta successione cronologica degli eventi, nell'arco del fine settimana, perché è stato un susseguirsi di coiti in ogni possibile posizione, lunghe scopate e sborrate di ogni genere: roba da film porno. I miei ricordi sono a flash e non ce la faccio a capire come è stata l’esatta successione degli incontri, perché qualcosa mi pare sia stato dopo ma poi ricordo che un tale non lo avevo già visto prima.
Comunque, abbiamo dormito nelle cabine decisamente poche ore (io sempre tra le braccia di Ambra che non si stancava mai di lesbicare con me e sbaciucchiarmi: decisamente ci sa fare!) e qualche ora sulla coperta, prendendo il sole. Per il resto ci siamo esibite spesso in atteggiamenti S/M con Ambra come domina (Andreea è masochista per davvero e le piace farsi frustare a lungo): Abbiamo scopato più volte con tutti i vari “visitatori” che si sono alternati a bordo (in totale tra i quindici ed i venti), sempre con Claudio che fungeva da regista; quasi tutti i clienti di Claudio hanno voluto farsi fotografare o riprendere con la videocamera, naturalmente mascherando le proprie facce. Ambra è riuscita (finalmente! che botta! e ne vado particolarmente orgogliosa!) a penetrarmi con entrambe le mani, una davanti ed una dietro! Ed io ho voluto provare a farmi scopare dai due travesta in contemporanea e mi ci sono anche divertita un mondo: ma erano molta scena e modesta sostanza: belle sì, ma cazzetti difficili da portare in tiro e veloci ad afflosciarsi.
Gli ospiti di Claudio sono chiaramente tutti a pagamento ed io non riesco a capire perché degli uomini siano disposti a pagare per farsi maltrattare, anche se per noi donne può essere divertente, almeno quando siamo sicure che la situazione rimanga sotto controllo (coi mariti e fidanzati è diverso, perché umiliarli serve a scaricare le tensioni, le frustrazioni e le insoddisfazioni, prendendosela con qualcuno. E poi c’è il giuoco di ruolo, divertente quando ci si intende e lui assume la parte che gli si è detto di svolgere). Ma che gusto ci prova uno a farsi umiliare da una sconosciuta? Tuttavia due uomini arrivati insieme, non so se perché già si conoscevano o perché Claudio li ha abbinati, hanno passato l’intero sabato a fare gli schiavi: completamente nudi, con delle scarpe col tacco, a pulire la barca, a riordinare qua e là, spesso a quattro zampe a baciare i piedi sia a noi ragazze che ai clienti; a qualche cliente non piace (come fa un maschio a bloccarsi se solo gli si dice di lasciarsi baciare un piede da un’altro chino a quattro zampe? dev’essere alla fin fine un grande inibito!), mentre i due sottomessi erano disponibilissimi ad essere umiliati. Claudio ha poi preso un’iniziativa curiosa con uno dei due, forse (credo) suggeritagli da un cliente medico: mentre uno dei due schiavi si è nutrito per l’intero giorno solo del cibo masticato e sputato per terra da noi ragazze, l’altro ha potuto solo bere e mangiare cose con molto liquido, come yogurt o frutta fresca: il risultato è che dopo solo qualche ora aveva una solenne diarrea, anche se di suo completamente senza dolori, perché derivante dal mangiare e non da una malattia qualsiasi: noi siamo state incaricate (ed Ambra ci si divertiva un mondo) di controllare che non andasse al wc ed Andreea (che ne ha una grande esperienza perché li fa usare su di sé) gli ha messo nel culo un dildo anale con la pompetta, gonfiandoglielo dentro a dismisura, a chiudergli il buco del culo dall’interno, così che quel poveretto in certi momenti si rotolava per terra per il mal di pancia; solo nel pomeriggio lo hanno lasciato scaricare, ma ha dovuto tenersi appeso fuori bordo con le mani attaccate alla barriera cromata; per fortuna non ci vedeva nessuno, però si è sollevata in aria una puzza che non vi dico!
Poi domenica nella tarda mattinata Claudio ha legato me ed Andrea in coperta, l'una di fronte all'altra attorno alla base di un albero: tre dei clienti si alternavano a frustarci, io avevo raccomandato che fosse solo una faccenda simbolica, ma loro ci davano dentro di brutto; avrei gridato volentieri di smettere, ma delle palline di gomma in bocca me lo impedivano. Andreea invece, con la faccia a venti centimetri dalla mia, lacrimava ma sorrideve estasiata. Alla fine, quando mi hanno slegato, ero anche un po' incazzata, ma ancora alticcia del vino bevuto col brunch non riuscivo a farmi prendere sul serio.
E’ intervenuta Ambra spalmandomi schiena e retrocosce di crema lenitiva, ci siamo rivestite “in borghese” e ci siamo preparate a partire, ma solo io e Claudio per Milano, perché Ambra ed Andreea avevano deciso di seguire un nuovo "amico" a casa sua.
Così ricordo che sono in auto davanti, a fianco di Claudio, che mi dice di scoprirmi tirandomi su il vestito in vita e di sditalinarmi mentre guida. Allora, mentre mi sfrego lentamente, mi spiega che i soldi che guadagna extra gli servono perché vuole vendere il negozio per comprarsi una trattoria fuori Milano. Ad un certo punto devia dal percorso, dicendomi che vuole mangiare qualcosa di cucinato davvero (per due giorni abbiamo consumato riccamente di tutto, ma solo piatti freddi): io non ne sentirei nemmeno la necessità, ma lui, da tipico mediterraneo, ci tiene: entriamo in una locanda, dove ha modo di abbuffarsi di maccheroni; io spaparanzata davanti a lui, scosciatissima nel mio miniabito il cui bordo per di più agito per farmi aria, scalza avendo perduto chissà dove le infradito, attiro l'attenzione dei maschi presenti ad un altro tavolo mentre stuzzico poca roba: ogni tanto li guardo e sogghigno; Claudio si occupa solo di mangiare e di farsi servire e li ignora; poi, mentre aspetta il caffè mi chiarisce: "Primo: tu la dai solo a chi e quando voglio io! secondo: devi fare in modo che anche tuo marito diventi mio schiavo!" Beve il caffè, dice alla cameriera che ci serve una camera per qualche ora e con la chiave in mano mi spinge su da una scaletta. Entriamo nella banalissima camera da sfigati, mi spinge prona sul letto e, senza spogliarsi, aprendosi la patta mi incula risoluto sdraiato sopra di me: sono talmente aperta che potrei prendere un cavallo ed il continuo ungermi di crema da parte dell’ottima Ambra mi ha evitato che il fine settimana mi provocasse qualsiasi irritazione.
Solo dopo Claudio si spoglia e si addormenta subito della grossa; mi sdraio di fianco, ma non ho sonno. Mi viene da pisciare. La camera, costato ora, non ha bagno di sorta, ma solo un lavandino in un angolo. Esco e guardo sul corridoio, ma non vedo niente; mi affaccio verso il basso, ma non sento nessuno; ridiscendo nella saletta e chiedo alla cameriera, che, andando verso la cucina mi fa "Un momento che arrivo"; mi riavvio verso il primo piano e vedo che due dei tipi di mezz'ora prima mi seguono, sorridenti: dopo la prima rampa di scale il primo mi prende per l'orlo del vestito, trattenendomi: potrei strillare, ma non mi va ed il loro odore di operai sudati mi trasmette (ancora) una voglia diabolica: d'altronde con Claudio poco fa non ho goduto e sono quindi almeno quattro lunghe ore che non ho un cazzo di orgasmo! Tirata da dietro per il bordo del vestito, mi chino in avanti appoggiandomi ad uno scalino e scoprendo così il culo: uno mi allarga le chiappe, il secondo mi passa di fianco e si siede sul gradino in faccia a me offrendomi in bocca il suo arnese ed il terzo, sopraggiunto, se lo mena al mio fianco. Obietto "Ma io devo pisciare, mi scappa proprio!" "Dai, esclama quello che sto spompinando, dai Franco è il tuo momento!" Quello che se lo mena in piedi al mio fianco si rannicchia sotto di me e con le sue ditone comincia ad allargami le labbra, aspettando il fiotto; quello dietro me lo ha messo subito nel culo, ma si accorge che è già pieno della fresca sborrata: impreca e mi insulta il bastardo, come se avesse scperto che la sposina non è una verginella, me lo passa nella figa e continua a commentare " … troia-baldracca-schifosa…" un po' mi da fastidio, se non gli va di farlo può andarsene a cagare brutto stronzo allupato che fa anche il difficile, ma col cazzo in bocca e tenuta da una manona sulla nuca non è il momento giusto per discuterci. Finalmente mi si apre il flusso di piscio ed arriva un vero diluvio: dopo un attimo quello dietro lo estrae e mi sborra sulla schiena quello davanti mi sborra sui capelli, si rialzano scherzando tra di loro e senza dirmi una parola, con uno sguardo di compatimento se ne vanno giù tutti e tre.
Mi sfilo il vestitino di mussola, ridotto ad uno schifo, sedendomi per un attimo su un gradino superiore a quelli bagnati di piscio, quando . . . ti spunta in cima alla scala la cameriera a cui avevo chiesto del cesso un buon dieci minuti prima: è una donna sui quaranta con trenta chili di troppo e con la faccia sgarbata, mi vede, pensa (forse) che non mi sia riuscita a trattenere, svolge alcune importanti considerazioni sul fatto che lei non è tenuta a ripulire la sporcizia delle zozzone di città e mi butta lì in mal modo uno scopettone ed un secchio, guardandomi poi altezzosa con aria truce. Capisco che crede che quello che ho appallottolato in mano sia uno straccio e che io fossi già seduta lì pensando di ripulire: faccio per replicare "Ma questo non è . .", ma lascio perdere, asciugo con l'ex vestitino alla bell'e meglio e poi lo butto nel secchio, pensando che non ricordo nemmeno dove l’avevo comprato. Risalgo gli ultimi scalini, le passo a fianco ed un paio di colpi sul culo col manico dello scopettone mi fanno sospettare che ne sapesse di più; inseguita dalle sue sagge considerazioni, rientro in camera e mi sdraio nuda a fianco di Claudio, sempre dormiente.
Dormo anch'io un paio d'ore e mi sveglio con Claudio che si sta rivestendo e mi dice di fare altrettanto, ma io non ho più che il cappello e fuori c'è ancora abbastanza chiaro; fa per uscire dalla camera, mi vede ancora nuda e così mi fa "Allora? vuoi restare qui?" "E’ che non ho nulla da mettermi." Cerco di spiegargli, in piedi, con occhi soavi e col cappello romanticamente di tre quarti; fa spallucce scende le scale e sale in macchina: lo seguo di corsa, prima che mi lasci qui per davvero, tanto su tutto lo spiazzo davanti alla locanda non c'è (quasi) nessuno. Ed essere nuda con lui è sicuramente meglio che nuda e sola nel caldo pomeriggio di una locanda sconosciuta della torrida Bassa Padana. In che posto di merda che sono finita!
Arriviamo a Milano che è notte, mi scarica davanti a casa senza parcheggiare e, mentre scendo per strada come mamma mi ha fatta, precisa "Questa settimana voglio fottermi anche quel fesso di tuo marito" e riparte, rombando inutilmente. Deve essere stata una decisione importante e sofferta frutto di lunga meditazione.
Credo che nessuno mi abbia vista nuda attraversare il marciapiede, aprire con la chiave la portina a vetri condominiale, entrare, salire le scale, aprire la porta blindata con due chiavi, di cui una non voleva infilarsi, e sparire nell'appartamento.
Il C. giace addormentato su una poltrona davanti al pc acceso: appena tocco il maws ricompaiono le immagini spedite da Claudio durante il festino in barca: ero d'accordo che gliele mandasse, ma non mi ero resa conto di quante fossero e quanto dettagliate.
Mi precipito a letto, ma non dormo bene. Al mattino mi alzo tardi e non vedo il C., già al lavoro.
Quando lo rivedo alla sera, resto impressionata da quanto ha l'aria sciupata: così un po' mi preoccupo e resto con lui seduta a lungo a tavola, mentre mi chiede della "vacanzina"; impiego un po' a capire che non è così ridotto perché stravolto dall'umiliazione o dalla situazione venutasi a creare, ma che è ancora distrutto dalle migliaia di seghe che si è fatto in mia assenza e che solo queste causano quelle impressionanti occhiaie! Lo faccio sedere per terra davanti al divano a leccarmi i piedi, pensando che devo essere necessariamente io a prendere il suo controllo (forse è quello che vuole anche lui); mi appare soddisfatto e più tranquillo, finchè gli dico che Claudio vuole fargli il culo. Non risponde nulla e continua a succhiarmi le dita, soprattutto gli alluci: ora io credo davvero (e nessuno mi convincerà del contrario) che un uomo che succhia un alluce lo fa perché gli piacerebbe succhiare un cazzo! (dopo tutto come quasi veterinario sono un quasi medico, perché gli a****li sono solo più spontanei degli esseri umani).
Gli dico inoltre che d'ora in poi lui deve farmi anche un po' da schiavo domestico e che non tollererò mai più di trovare la casa nello stato in cui l'ha ridotta in questi tre giorni a casa da solo: se lui non è capace di autogestirsi, vuol dire che lo gestirò io. Per questo è innanzitutto necessario che modifichi le sue abitudini lavorative, rientrando a casa per le 17.30, come tanti altri impiegati, e BASTA con i fine settimana impegnati al lavoro, anche se solo parzialmente. Non me ne frega niente se guadagnerà di meno. E’ esitante, poi promette che ne parlerà col boss, anche se mi anticipa che il problema potrebbe essere che tra qualche settimana Mara starà a casa in maternità, perché è incinta e non certo di Luca suo marito, ma del boss medesimo: venerdì in ufficio c'è stato l'annuncio di Mara, il boss lo sapeva già ed una piccola festicciola ha allietato tutti gli impiegati: mi mostra al computer una foto dell’ufficio, con Mara seduta sull'orlo di una scrivania, il boss al suo fianco in piedi ed il marito sull'altro lato con la mano di Mara che gli spunta dietro la testa facendogli le solite corna da foto; ma qui hanno ben diverso sapore!
Mia madre si fa viva martedì ed io le rispondo affermativamente su tutto: va bene per la casa, va bene per le nozze; ma purché se ne occupi lei. E lei non chiede di meglio che di occuparsi di tutto.
Mercoledì compro in centro uno strappone ed un dildo anale e già in serata mi ci diverto col C.: è remissivo e disponibile, come oggigiorno molti maschietti, ma non ci sa fare e quando gli dico di rilasciare i muscoli è lo stesso che se gli dicessi di volare sul tetto: non capisce come condursi, punto e basta.
Giovedì invece si fa vivo Claudio, dicendomi che sabato vuole uscire in pizzeria con me ed il C., promettendomi anche il pagamento per le mie prestazioni a Chioggia, di cui mi ero francamente dimenticata e che, tutto sommato, penso di rifiutare: non per snobismo e non solo perché non mi servono proprio quei soldi, ma principalmente perché voglio riservarmi psicologicamente margini di manovra: lui mi considera come la sua schiava/puttana, mentre io non è che sia proprio contraria, ma vorrei capire la cosa fino in fondo e che ne parlassimo per bene.
Venerdì sera ripeto i giochi di inculata del C. con lo strappone, mettendolo in ginocchio davanti al video del pc su cui faccio scorrere le mie immagini da Chioggia: lui l’ho fatto mettere a quattro zampe tra me e lo schermo con le ginocchia appoggiate su un basso puf, perché non voglio trovarmi io in posizione scomoda: sono a gambe larghe e devo ammettere che rivedere le foto fattemi da Claudio mi da una forte eccitazione, così che alla fine toltomi lo strappone mi faccio un ditalino furioso: il C. era puntato sulle braccia ed ho notato, guardandoglielo quando uscivo con lo strappone dal suo culo che non gli è venuto duro per niente: era eccitato e pienamente aderente al suo ruolo, ma non ce l’aveva proprio in tiro. Allora gli infilo il dildo, per la verità non troppo grosso, e gli dico di passarci la notte: dal mio ritorno dal mare non ho più fatto sesso vero col C., limitandomi a farlo sborrarsi addosso, col menarglielo in varia maniera.
Così sabato al mattino decido di andare alla fiera di Sinigallia e compro una grande lettiera per cani pieghevole e due vecchie coperte militari: naturalmente sono col C., perché spetta a lui portare i pesi e non si trova mai uno straccio di parcheggio vicino alle bancarelle. Il venditore a cui chiedo la lettiera, sottolineando la parola GRANDE, forse per familiarizzare e vendermi anche qualcosa d’altro, mi chiede che razza di cane ho: ed io con tutta naturalezza gli rispondo “Nooo, è per il mio schiavo”, indicandoglielo alle mie spalle e girandomi verso di lui: quello ridacchia, pensando un attimo che io scherzi, ma poi trasale perché capisce che non è così guardando in faccia il C. che è diventato rosso come un peperone! Allora, già che ci sono, prendo anche un collare borchiato, alto sui tre centimetri ed il relativo guinzaglio, il tutto nero, e glielo metto subito al collo: la gente intorno ridacchia indicandoci e qualcuno scuote la testa; io sono tranquillissima perché anche se qualche vigile avesse da vederci, nessuna norma al mondo vieta ad una brava e seria ragazza di buona famiglia di tenere al guinzaglio il suo uomo in luogho pubblico! Però penso che la cosa più strana, mentre attraversiamo l’intiera fiera in lungo ed in largo, non sia né la gente che commenta divertita né quella che disapprovano, ma quelli con le fette di salame sugli occhi, che non si accorgono di nulla di quello che non stanno specificatamente facendo loro in quel preciso momento, nemmeno se un elefante li toccasse sulla spalla con la proboscide. La fiera è piena di extracomunitari e mi verrebbe voglia di combinare anche lì qualcosa di divertente, ma mi pare che loro invece abbiano un vero paraocchi mentale ed anche se mi chino più volte a guardare le cose che offrono mentre tengo sopra la mia spalla il guinzzaglio a cui è attaccato il C. e quindi lo tiro verso di me, quelli parlano con frasi fatte delle loro cianfrusaglie e nessuno mi dice qualcosa che mi permetta di interloquire anche solo con una battuta sulla situazione: peccato, mi sarebbe piaciuto far tornare il C. di un bel colore rosso acceso (preciso, a scanso di equivoci, che sin dalla mattina seguente alla rasatura parziale si era tagliato anche l’altro baffo). Alla fine del giro tra le bancarelle mi viene da concludere che forse gli extracomunitari hanno paura di esporsi, lì in pubblico, in una faccenda fuori dai loro schemi abituali. Dovrò quindi trovare un’altra via.
Tornando a casa in tram, chiedo al mio futuro maritino se girare al mio guinzaglio lo ha divertito: annuisce senza parlare ed io gli aggiungo “Tanto lì non ti conosceva nessuno!” Però adesso mi chiede di toglierglielo: li sgancio e metto nel sacco della lettiera il guinzaglio, lasciandogli però il collare, perché agli altri può sembrare un semplice ornamento, magari gothic, ma voglio che lui ci si abitui, sentendoselo al collo.
Alle 8 di sera Claudio passa a prendere me ed il C., presentandosi con Ambra, con una monovolume con vetri laterali e posteriori oscurati. La cena è insignificante, tranne perché mi comunica l'indirizzo della sua nuova trattoria, non lontano da dove io ed il C. a questo punto della nostra vita quasi coniugale sappiamo che tra poco andremo a stare. Non parla invece del compenso che mi ha promesso ed io mi guardo bene dal sollevare la questione. Subito dopo mangiato, il C., che ha bevuto due birre ed è uno che non ha mai retto l'alcool, va al cesso e Claudio gli grida dietro "E pulisciti bene!". Poi usciamo dalla pizzeria e Claudio si avvia verso vie che non conosco, fino ad una zona dove abbondano dei travestiti, poi più in là puttane negre ed ancora un pezzo oltre delle bianche: accosta, scende dall'auto e va a parlare con un tale fermo su un'altra auto, chiaramente un magnaccia. Torna dopo un attimo e mi dice che io ed Ambra adesso lavoriamo per un po' in quella via, che lui è già d'accordo col boss della via e che io dovrò continuare sino a che il C. non gli cede. Il C. stranamente ha un moto di sdegno e scende imprecando dall'auto: scende anche Claudio e gli dice a muso duro che non ha da lamentarsi, perché anche lui sta per essere soddisfatto e lo spinge, abbassandogli la testa con la mano come fa la polizia nei film, sul sedile anteriore: mentre mi allontano con Ambra vedo che il C. è inginocchiato sui sedili anteriori a gambe larghe col busto appoggiato sugli schienali anteriori e proteso col viso verso i sedili posteriori e Claudio gli monta alle spalle. Io non capisco se il C. faccia finta di non volere ciò che in realtà vuole o se oppure sia davvero intenzionato a non fare ciò a cui poco dopo acconsente; forse non saprebbe rispondere nemmeno lui.
Io invece so benissimo che ho una gran voglia di andare fino in fondo alla strada che ho iniziato a percorrere, perché mi eccita sentirmi degradata: da un lato perché così, facendomi sbattere, sento di umiliare il mio maritino; dall’altro perché accetto sì di diventare una ricca signora, ma non una signora benpensante: è chiaramente una rivalsa contro il clima che ho dovuto respirare a casa mia in una adolescenza a dir poco da incubo!
E, comunque, quando sarò stufa nulla al mondo potrà impedirmi di dare un bel servito a Claudio o a chiunque altro.
Fare la battona non è poi questo spasso, anche se mi emoziona il passeggiare sul marciapiedi a fianco di Ambra, avvolta dagli sguardi degli automobilisti: su istruzioni datemi da Claudio già giovedì, indosso una minigonna ed un top, oltre alle zeppe di sughero che avevo fatto mettere al C, quando lo avevo vestito con la tutina rosa da ballo.
Un paio di clienti allungano le mani sotto la gonnellina, per toccarmi la figa: l'istinto è ritirarsi arretrando, ma riesco a resistere. Un marocchino non si limita a toccarmela, ma mi ci infila proprio due dita ed io lo lascio fare per un buon minuto, poi ride giulivo e se ne va. Anche Ambra ride "Si vede che non ci sai proprio fare, non devi concedere niente gratis"; ma non è la mia idea: io sono lì a divertirmi col fare un’esperienza eccitante e trasgressiva, non per fare un po’ di grana di cui non ho bisogno. Però penso che non mi piacerebbe incontrare qualcuno che conosco o, peggio, essere vista da uno che per non fare la figura del puttaniere finga di niente ma poi vada a raccontare in giro che io batto: però penso che dovrei essere proprio sfigata perché accadesse!
Uno mi fa salire in auto, gli dico che deve dare i soldi ad Ambra, come da istruzioni, e mi porta da parte, per farsi fare solo un pompino col preservativo. Ritorno e dico ad Ambra che adesso mi sto davvero scocciando (lei non capisce), ma nel mentre vedo che il C. siede sul marciapiedi vicino all'auto: vado lì e dico a Claudio che voglio tornare a casa: non la prende bene, ma neanche poi tanto male; Ambra resta, io ed il C. veniamo riportati a casa.
In auto non parliamo; salendo in ascensore schiaccio lo STOP d’emergenza e apro la patta al C.: lui crede che voglia prendergli l’uccello in qualche maniera, ma io lo faccio girare di spalle e gli dico che voglio solo costatare com’è la
Mi domando se esistano da qualche parte, penso proprio di sì, maschi che siano il tipo
La settimana successiva vedo mia madre ed andiamo dal Notaio, per approfittare di questi tempi di minori imposte sulle donazioni ai figli, che nessuno sa se dureranno a lungo. Concordiamo che la cerimonia di nozze sia quanto di più semplice possibile e con pochissimi invitati, anche nell'ottica del recente lutto.
Nelle settimane successive Claudio sembra scomparso ed io ed il C. siamo molto presi per il nuovo trasloco, a distanza di pochi mesi dal precedente. Ci diamo anche da fare per cercare di vendere l'appartamento, di cui quindi non dovremo più pagare le rate di mutuo.
La cerimonia di nozze riesce proprio come speravo, poco più che una formalità; l'unica concessione fatta a mia madre è stata l'abito bianco (comprato e non noleggiato come usa oggidì), perchè io ne avrei fatto volentieri a meno; ma lei ha insistito che ha un valore simbolico: sì certo, simbolo di verginità, ha ha ha! Ma tant'è. (Però poi mi è venuta l’idea balzana che potrò in futuro forse usarlo per qualche giochetto di troiaggine: vedremo!)
Per il viaggio di nozze, concordiamo che lo faremo in inverno, ai tropici o giù di lì.
Quando Claudio si rifà vivo, lo avverto che non abitiamo più a Milano e gli do il nuovo indirizzo. Aggiungo che mi sono nel frattempo sposata col C.: sembra un po' seccato e mi dice che è stato molto occupato per preparare il nuovo locale e che sabato ci sarà l'inaugurazione, . . . ma non ci invita.
La settimana successiva mia madre mi telefona, facendomi un discorsetto: lei mi ha regalato la palazzina (in anticipo sulla futura eredità), che ha un appartamento grande a piano terra, un garage e locali di disbrigo seminterrati e tre appartamenti per piano a ciascuno dei due piani superiori: col ricavato degli affitti di sei appartamenti posso benissimo far a meno di lavorare e terminare l'università, ma lei mi richiede di affittare gli appartamenti a prezzi non esosi a gente extracomunitaria, di cui lei stessa mi fornirà gli estremi, poichè adesso ha deciso di cominciare ad occuparsi di questi immigrati, evidentemente gran bisognosi del suo aiuto, per puro volontariato, appoggiandosi alla sua parrocchia.
Il primo che mi arriva ha un'aria davvero da poco di buono: preferisco non dire qui da dove arriva per evitare inutili polemiche. Comunque mi faccio dare i suoi dati e fotocopia del passaporto e del permesso di soggiorno, poi telefono ad una amica della compagnia con cui uscivo fino ad alcuni mesi fa e che è in polizia, chiedendole se può darmi qualche informazione. Mi richiama già l'indomani, chiarendomi che ha precedenti plurimi per spaccio, rissa e tentato omicidio: è fuori in attesa di processo.
Chiamo mia madre e, benchè non intenda essere polemica, la smonto, chiedendole se si rende conto di chi mi manda e se vuole mettendomi in guai seri, col piazzarmi in casa certa gente: si mette a piangere al telefono e decido di andare a trovarla di persona. Non vorrei che si cacci in una di quelle situazioni in cui le donne anziane (anche se lei per la verità non lo è ancora) perdono il senso del reale e finiscono preda di truffatori, maghi o quartomondisti senza scrupoli. Ci accordiamo quindi che lei si limiti ad indicare, a chi le chiede un alloggio in affitto, il mio numero, ma che sia poi io a selezionarli e decidere.
Così finisce che mi scelgo due operai senegalesi per uno degli appartamenti ed una famiglia nigeriana per ciascuno degli altri due al primo piano, mentre al secondo piano vanno tre famiglie cinesi: speriamo che si prendano il disturbo di pagare l'affitto con regolarità, perchè in Italia con gli inquilini morosi non si sa come fare, dati i tempi grotteschi dei nostri tribunali: mia madre almeno può dirsi contenta che sono tutti extracomunitari!
I tre appartamenti al secondo piano sono parzialmente mansardati, per cui non c'è vista verso il lato sud, dove al piano terreno c'è il giardino con la piscina, mentre uno degli appartamenti al primo piano (quello dei due senegalesi) è più piccolo, avendo verso sud un grande terrazzo coperto.
Finalmente la settimana seguente prendo io l'iniziativa di chiamare Claudio, che non sento ormai da diverse settimane, per sapere come gli va: è vero che lui una volta mi ha detto che preferisce essere lui a farsi vivo quando ne ha voglia e tempo, ma, nonostante non possa forse nemmeno dire che gli sono affezionata, mi sembra strano questa sua lunga lontananza. E' contento di sentirmi e mi dice di passare da lui a trovarlo domani pomeriggio, ma non mi spiega il motivo per cui non s'è più degnato di farsi vivo.
Vado da lui e così conosco la sua trattoria. Nè ultrapopolare nè lussuosa, la definirei piuttosto anonima: l'unica particolarità è l'estrema abbondanza di specchi. Mi chiarisce che ha passato settimane a litigare con gli uffici pubblici ed il personale relativo perchè gli facevano infinite difficoltà in relazione alle caratteristiche dei servizi igienici e delle cucine (chiaramente a caccia di bustarelle), assurdamente, visto che il locale c'era già e non si tratta di nuova licenza. Comunque i locali di servizio (rifatti) mi sembrano quasi di qualità superiore alla due salette da pranzo, per fumatori e per non fumatori. C'è anche un servizio igienico per gli handicappati, con tanto di doccia.
Chiacchieriamo a lungo, quanto mai prima d’ora. E’ riuscito a capire, rimeditandoci, un po' di più di cose su di me e si è quindi reso conto che mi piace sì provare giochetti nuovi e perversi vari, ma che non ho alcun interesse a fare la puttana o la puttanella per tornaconto economico. Arriviamo alla conclusione che mi va di diventare la sua schiavetta, ma che deve organizzarsi meglio per assumere il ruolo di mio master, soprattutto informandosi e documentandosi sulle varie pratiche; io desidero poi che lui coinvolga il più possibile anche il C. e che in generale mi dica prima (meglio qualche giorno prima) che cosa faremo, perchè questo mi permetterà di pensarci, anche eccitandomi preventivamente. Lui comunque vuole fare qualcosa in alcune sere della settimana, con pubblico adeguato, e pensa che sia io che il C. potremmo collaborare, anche se non sa ancora bene come.
E' ormai ora di cena ed ovviamente decidiamo che mi fermi a mangiare lì, perciò telefono al C., avvertendolo: mugugna un po', ma non me ne frega un bel niente.
Mentre parlo con lui, accadono però due cose: mentre il cuoco viene in sala, dove siamo seduti, avvertendo che l'aiuto cuoco gli ha telefonato che arriverà in ritardo, entra un gruppo di una trentina di persone che chiede se c'è possibilità di cena pur non avendo prenotato. Claudio è un attimo perplesso, poi dice che sì, provvede subito e, detto fatto, mi dice di seguirlo in cucina ad aiutare il cuoco: Claudio stesso viene in cucina, prepara degli affettati di antipasto e li porta in sala, tornandone con le ordinazioni. Mi squadra, come non aveva fatto prima, e mi dice di togliermi le scarpette (ballerine), la maglia di felpa senza maniche (sotto cui non ho nulla, non facendo certo freddo) e la gonna di jeans: resto quindi a piedi nudi e con un banale perizoma nero. Ed in questa tenuta lavoro ad aiutare il cuoco egiziano, senza peraltro soffrirne, nella cucina calda e piuttosto umida. Claudio fa da cameriere e va e viene dalla saletta, portando piatti pieni e bottiglie e riportando quanto da lavare ed avanzi; in un momento tranquillo va anche a recuperare le cavigliere di pelle nera già utilizzate in barca e me le dà da indossare, ingiungendomi pure di agganciarle tra di loro, col moschettone: ora posso camminare solo a passettini, ma per fortuna il grosso del lavoro di preparazione è terminato. Arriva infine anche l'aiuto-cuoco, nipote del cuoco che fino ad ora non aveva perso occasione per palparmi le tette ed il culo. Dopo i dolci, i clienti fumano, bevono il caffè e se ne vanno, naturalmente senza alcun sentore di me che in cucina facevo la schiava, ma il bello deve venire, perchè Claudio, per punire il ritardatario, escogita (astutamente) l'idea di stabilire che suo zio può sfogarsi con me dell'eccitazione procuratagli vedendomi nuda per due ore al suo fianco, mentre il nipote può solo guardare: e sta a guardare con gli occhioni spalancati, palpandosi la patta con la mano destra, ma senza osare sfoderarsi l'uccello, mentre suo zio mi incula appoggiata sul lavatoio. Poi il nipote stesso, Amin, sgombera la tavolata e pulisce la sala, mentre Claudio si offre di riaccompagnarmi a casa, vista l'ora e la carenza di mezzi pubblici: solo che non mi fa rivestire, limitandosi a mettere un sacco di juta plastificata sotto il mio culo per evitare che la sborra del cuoco gli macchi il sedile. I miei vestiti (ivi compreso il perizoma toltomi dal cuoco) sono in un sacchetto che Claudio butta sul sedile posteriore, mentre salgo in auto con le sole ballerine e le cavigliere: nessuna problema, dato che l'auto è parcheggiata in un cortile dietro la trattoria e che per un attimo all'aperto non faccio certo a tempo a prendere un colpo di freddo (sono peraltro a stomaco semivuoto, avendo solo stuzzicato qualcosa in cucina), ma arrivata a casa mia Claudio parcheggia nella via laterale e senza farmi rivestire entriamo in casa: ci sono solo un paio di passanti lontani, che non credo vedano niente, ma i due senegalesi sono affacciati a fumare alla finestra e non si perdono un movimento: quando i nostri sguardi si incrociano, mi salutano deliziosi con un ampio sorriso da orecchio ad orecchio.
Le mie chiavi sono nel sacchetto e Claudio suona al citofono, facendosi aprire dal C., che viene perplesso ad aprire e, quando mi vede nuda, esclama turbato"Ma poteva vederti qualcuno!!!"
Claudio non conosce la nuova casa, ma non si fa intimidire: entra, si stravacca sul divano del salotto già noto, senza togliersi le scarpe, ed intima a me ed al C. di sederci per terra sul tappeto davanti a lui, perchè vuole parlarci. Annuncia ufficialmente che vuole che entrambi diventiamo suoi schiavi: in particolare vuole che al sabato sera andiamo nella trattoria a lavorare come sguatteri (nudi o con un tenuta decisa da lui) nella cucina della trattoria, riservandosi all'occasione di farci anche fare qualcosa con i clienti. Io sono disponibile, gliel'ho già detto, il C. è forse un po' perplesso ma visibilmente eccitato perché chiede un sacco di particolari su come sarà. Io peraltro non sono molto convinta che Claudio sappia davvero bene cosa vuole e che sia capace di fare il master in una relazione a tre: mi pare evidente che non ha nessuna esperienza e che nemmeno conosce gli ambienti S/M.
Comunque, per cominciare, fa spogliare nudo anche il C. e ci fa mettere entrambi piegati a 90 gradi dietro la spalliera del divano: sfilatasi la cintura in similpelle, vuole frustare sulle chiappe il C., mentre incula me; solo che vede, e si ricorda, che io ho già il culo pieno, avendolo preso dal cuoco, e non gli va di infilare l'uccello nella sborra dell'egiziano; quindi mi dice di prendere uno sgabello o qualcosa che mi rialzi il culo, così da potermelo infilare da dietro ma in figa: mi guardo intorno, cercando qualcosa, ma . . suona il campanello: ovviamente non aspettiamo nessuno, trasaliamo tutti e guardiamo istintivamente l'orologio; chi può essere all'una di notte? Mi viene da ridere, Claudio mi dice: "Beh, va ad aprire!" Cerco il sacchetto con i miei vestiti od una vestaglia, ma Claudio chiarisce "no, così come sei!" Mi avvicino all'uscio per guardare dallo spioncino e chiedo a voce alta: "Chi é?"
E' Pagall, il senegalese del primo piano, quello più corpulento e sveglio, che avverte che il carro attrezzi ci sta portando via l'auto! Lo grido a Claudio, che lancia un urlaccio e si tuffa fuori, incespicando nei pantaloni che si sta richiudendo ed imprecando come un matto. Io spiego al C., che non ha capito cos'è successo, che per la pulizia settimanale notturna della strada stanno rimuovendo l'auto di Claudio (noi non abbiamo mai avuto un'auto e non ci facciamo mai caso). Dalla porta aperta entra Pagall, per nulla intimidito dal vederci nudi, seguito dall'amico Lelè, sceso anche lui dalle scale. Pagall è corpulento e statuario, Lelè più basso e forse più agile: entrambi indossano solo pantaloncini bianchi. Il C., rimasto nudo davanti ai due, è diventato rosso in volto, il che contrasta col pallore di chi non ha fatto in tutta l'estate nemmeno un giorno al sole. Ha cercato invano di recuperare i propri vestiti, ma io ci sono salita sopra in piedi e gli intimo: "Dai, offri loro qualcosa da bere, sii gentile!". Si guarda intorno come se non capisse, ma Pagall dice di portargli due birre e lui corre in cucina. Allora Pagall chiede a me "Vi stavate divertendo, eh?" Ed io, decisa e sfacciata, ma imprecisa, "Claudio è il nostro Padrone, possiede sia me che mio marito e noi siamo ai suoi ordini", senza chiarire che per ora è poco più che un progetto.
Il C. arriva con le due birre: per coprirsi in cucina si è infilato un grembiule che, se ne maschera i genitali, lo rende però di gran lunga più ridicolo: un uomo nudo NON è di per sé ridicolo, e non conta tanto che sia più o meno bello o brutto; è il suo modo di fare, il suo imbarazzo che possono renderlo ridicolo facendo semmai venir voglia di deriderlo. Porge la birra a Pagall (che ha raccolto da terra la cintura lasciatavi da Claudio e sembra intuirne lo scopo) ed a Lelè, che afferra con la mano sinistra la birra e con la destra afferra la chiappa sinistra del C. appena questo si volta: è una presa forte, non simbolica, lo trattiene un momento, il C. si gira verso di lui dicendogli solo "Ma cosa ..." e Lelè muove la mano per infilargli un dito nell'ano: il C. salta via, ma non si allontana che di cinquanta centimetri; Pagall chiarisce: "A lui piacciono tanto i maschietti bianchi" "Ed a te?" gli chiedo, sedendomi, nuda come sono, sulla spalliera del divano ed allargando un po' le coscie. "A me va bene sia maschio che femmina!"
Rientra, trafelato e rabbioso, Claudio: se l'è cavata con la multa, ma ha evitato la rimozione; non credo peraltro che sia il tipo che la pagherà mai.
Valutata a colpo d'occhio la situazione creatasi da noi, si dimostra sorprendentemente all'altezza di padroneggiarla: saluta con un cenno i due e chiarisce perentorio "Io sono il loro padrone!" Pagall gli conferma che l'ho già informato e Claudio appare soddisfatto e gli dice che possono utilizzarci. I due non aspettavano altro ed io ed il C. ci rimettiamo spontaneamente piegati a 90 gradi appoggiati alla solita spalliera; Pagall non fa lo schizzinoso per il mio culo già utilizzato e mi penetra risoluto, mentre Lelè fa fatica con il C., che è psicologicamente disponibile, ma bloccato: Claudio gli dice di portargli dell'olio e passa la bottiglia a Lelè, che ci si unge il cazzo e ne versa anche tra le chiappe del C., spargendolo intorno ed entrandogli nel buchetto con un dito; poi appoggia la bottiglia per terra, impugna l'uccello, lungo ed elastico, e lo infila deciso, facendo sussultare il mio maritino, che stupidamente si contrae in tutto il corpo. Io sono posseduta meravigliosamente dal mio Pagall, che mi soddisfa da morire, sguazzando nel culo fradicio (e, devo certo dire, ben allenato) col suo cazzone meraviglioso e, col viso piegato di lato, guardo e rido divertita delle smorfie del C.; la faccenda dura un quarto d'ora, poi i nostri due negroni scambiano fra di loro qualche parola incomprensibile e si sfilano quasi insieme, ci fanno girare ed abbassare in ginocchio e ci sborrano in bocca strusciandoci poi gli uccelli in faccia. Entrambi, ma Lelè di più, hanno sugli uccelli tracce e pezzettini della nostra merda e ci infilano gli uccelli in bocca da ripulire: io non faccio resistenza, perchè mi piace sentirmi pubblica troia e degradata, così come mi era piaciuto fare la puttana in barca e (ma un po' meno) la volta scorsa sul viale delle puttane, ma il C. ha una faccia paonazza ed è chiaramente disgustato; dopo un attimo si rialza e con una mano sulla bocca corre al cesso a vomitare.
Claudio è rimasto seduto a sorvegliare, sorseggiandosi una vodka che si è servito da sè. Si alza, commenta che come inizio per oggi può bastare e si appresta ad andarsene. Anche i negroni si reinfilano i pantaloncini, ma prima che escano, chiarisco a scanso d'equivoci futuri, che questo non c'entra niente col nostro contratto d'affitto e che comunque dovranno rispettare le scadenze dei pagamenti. Oh cazzo, non si facciano venire strane idee!
Lunedì sera il C. mi annuncia che giovedì il suo boss di lavoro ci ha invitato a cena assieme ad altri: lo guardo perplessa, chiedendomi se è davvero così scemo che vuole coinvolgermi in una cena di colleghi di lavoro, senza rendersi conto che mi pare difficile immaginare qualcosa che possa annoiarmi di più, ma, con molta esitazione e scrutando la mie reazioni, mi spiega che in realtà il boss (da loro chiamato alla mafiosa "don Antonio") vuole esibire Mara quale propria schiava S/M, assieme al marito Luca. Mi chiarisce che la situazione si è evoluta rispetto a quanto ne sapevo io: la moglie del boss ha saputo in qualche maniera della tresca tra il proprio marito e la Mara, restatane gravida, ed anzichè fare la classica sceneggiata tragica e mollare il marito (forse proprio perché, avendo lei i cordoni della borsa, si sente forte) ha deciso di cavalcare la situazione e si è riscoperta a fare a sua volta la Domina. Giovedì quindi ci hanno invitato, formalmente per una cena, ma in realtà per una festa S/M che si svolgerà in casa loro, che hanno già attrezzato e che vogliono mostrare.
Così andiamo.
Oltre a me ed al C., ci sono Luca e Mara, che lì sono già abbastanza di casa, ed una decina di altri, per lo più, ma non esclusivamente, che lavorano nella società finanziaria, anche con mogli/mariti e fidanzate/fidanzati. Dopo le solite (inutili) presentazioni di nomi che nessuno può memorizzare, saliamo subito nel vasto sottotetto neo-attrezzato: ci sono varie strutture per legare ed una specie di pedana rotonda rialzata al centro, che a prima vista sembra un palco per ballare. Mara col pancione e Luca sono portati al guinzaglio a quattro zampe da Domina Francesca (la moglie di don Antonio, vestita più da odalisca che da festa S/M, con grandi veli rossi e ciabatte rosse con cerniera anteriore e con superzeppe che secondo me ne sottolineano solo la bassezza di statura) ed io penso che ci sono poche cose più troiesche a vedersi di una vacca gravida che è schiavizzata (mi domando se anche a me piacerebbe essere ingravidata da un altro: la cosa mi eccita, ma non so proprio se lo farei davvero), mentre don Antonio magnifica le proprie attrezzature, spiegando alla vile plebaglia presente quanto ha speso per ognuna, riuscendo però a rimediare solo la figura del pirla che si è fatto spennare. Alcuni dei presenti sono "precettati" dal boss affinchè non si limitino a complimentarsi doverosamente, ma utilizzino l'impiantistica: ed è così che tre o quattro si lasciano legare con più o meno convinzione e, tra insistenti "Ma attento fai piano, per carità!", si lasciano percuotere più o meno simbolicamente; solo Luca e Mara vengono fustigati per davvero da Domina Francesca, ma mi sembra evidente che la natura della loro sottomissione è d'altro tipo rispetto alle frustatine; anche se è altrettanto evidente che lei ha una certa voglia di punire Mara, che a lungo l’ha data al proprio marito a sua insaputa e Luca, che è stato il complice cornuto della loro storia.
Dopo un po' qualcuno chiede di andare ai servizi ed è così che ai padroni di casa viene l'idea di una seduta di pissing: intervengo decisa al volo, dichiarando che il C. è sicuramente disponibile, Luca e Mara si aggiungono spontaneamente e due altri maschi della compagnia si offrono. I cinque vengono accompagnati ad una vasca tipo lavatoio ribassata (e perciò poco visibile) situata quasi in un angolo e Domina Francesca, io e tre altre ragazze ci mettiamo loro intorno, irrorandoli copiosamente. Poi toccherebbe ai maschi di pisciare, ma i due ragazzi svicolano velocissimi dalla vasca, protestando che loro non la prendono se non dalle donne: rimangono Luca con Mara ed il C. ed io, dopo un attimo d'esitazione, volontariamente scendo nella vasca, a fare la mia parte; è così che assumiamo ufficialmente lo status di coppie sottomesse.
Purtroppo non hanno previsto un'area per farsi la doccia: qualcuno si ripulisce alla bell'e meglio, altri usano il bagno al piano di sotto.
Ci ritroviamo dopo qualche minuto due piani più giù, davanti ad un lussuoso buffet a chiacchierare di S/M e d'altro, ripromettendoci di tornare più tardi nel sottotetto torturaiolo (in realtà il tempo passa e nessuno ne ha più di tanto voglia). Don Antonio mi trascina verso un divano su cui si siede a gambe larghe, col bacino in bilico sul bordo del cuscinone e mi fa inginocchiare tra le sue gambe, così da potermi far chinare a prendere in bocca il suo perizoma di pelle nera con, ovviamente, il contenuto: ma non se lo toglie, divertendosi a farselo venire in tiro senza tirarlo fuori. Mi afferra ora per le orecchie, ora con una mano sola per la nuca, per darmi il ritmo preferito. Dopo dieci minuti fa un segno sopra la mia testa ed il C. si avvicina, si inginocchia al mio posto e mi sostituisce: ma il boss lo ferma quasi subito, scosta il perizoma e glielo infila in bocca! Sono francamente impressionata, non dal fatto che mio marito stia spompinando il suo capo, ma dal fatto che lo faccia tranquillamente davanti ad una decina di persone, suoi colleghi e relativi partner.
Solo dopo mezz'ora, quando usciamo per tornare a casa capisco quanto sia brillo e quanto poco si sia reso conto della figura da troia che ha (abbiamo) fatto. Don Antonio mi ha peraltro chiarito che vuole che diventi ufficialmente sua schiava, visto che Mara è attualmente utilizzabile sì e no.
Venerdì sera suona alla porta Pagall, seguito da Lelè, annunciandomi che devono parlarmi; dopo un attimo di preoccupazione, capisco che non ci sono guai in vista per la casa, perchè semplicemente Pagall vuole garantirsi l'abitudinarietà della mia disponibilità sessuale verso di lui e la disponibilità del culo del C. per Lelè: mi chiarisce che, tra di loro, lui si incula con regolarità l'amico, ma non accetta il contraccambio, essendo maschio solo dominante; per questo Lelè gradisce aver sotto mano il C. per svuotarsi a sua volta i coglioni quando non avrà di meglio: a me l’idea del maritino inteso come “svuotatoio dei coglioni del senegalese del primo piano” prende un casino! Mentre mi spiega il tutto mi ha già spogliata, mi solleva sulle braccia e mi porta a letto, mentre Lelè ride come un matto sul divano guardando qualcosa in televisione, nell’attesa del C. che ritarda dal lavoro.
Sono perplessa: Pagall di corpo è un gran maschio, ma di testa si vede che è un nulla assoluto.
Claudio mi intriga perchè ruspante ed umiliante, ma non sa organizzare nulla che non sia per quattrini.
Don Antonio è un arrogante pirla, ma con maggior voglia e capacità di organizzare: solo che sua moglie è proprio una stronzetta senza speranza.
Cosa scegliere?
Quando scegliere?
Perchè scegliere?
Scegliere?
E se riuscissi a metterli in contatto, così che don Antonio faccia il capo, Claudio il suo braccio destro ed i senegalesi gli esecutori? Ci pensi, se rimanessi incinta di un senegalese, su ordine di don Antonio e tutti vedessero quanto il maritino è una troietta cornuta! Peccato solo, vivere presso Milano, dove la gente tende a farsi i cazzi propri, perché circolare per strada in un posto dove tutti ti conoscono, con un maritino come il mio, magari al guinzaglio, ed una carrozzina con dentro un bimbo mulatto è cosa per la quale vale davvero la pena di stare al mondo!
Sto solo sognando?
Boh!
Mi piacerebbe davvero che qualche cineasta traesse dai racconti film atti a divulgare la cultura cuckold. Film, non pornofilm.
4 years ago