Scritto da me: Česká Lípa

Il cuc racconta vicende di svariati anni fa.
IL RACCONTO E’ DI PURISSIMA FANTASIA:
chi credesse di riconoscervisi si faccia curare
egocentrismo e megalomania;
anche i luoghi citati sono puramente immaginari.







L'azienda per cui lavoro mi ha offerto la possibilità di andare a dirigere la propria succursale sita in Repubblica Ceca: ho accettato senza difficoltà, considerata la retribuzione incomparabilmente migliore del nuovo incarico.
La fabbrica occupa più di cento maestranze e si trova presso una cittadina di circa 7.000 abitanti alle falde di modeste montagne.
Mi hanno assegnato un alloggio in una casetta di recente costruzione, quel tanto arredato, ma sicuramente un po’ vuoto ed anonimo.
A parte la piazzetta storica, la cittadina è distribuita sulle colline che scendono verso il centro: credo che forse non una sola via o viuzza sia in piano.
Poco oltre casa mia, salendo qualche centinaio di metri, c'è un gruppo di edifici d´epoca, una volta era un sobborgo, e lì la trattoria risulta subito meta inevitabile di chi non abbia alcuna voglia di cucinarsi regolarmente in casa.
Girerò sicuramente vari ristoranti, tanto per cambiare, ma la prima volta che arrivo in quella trattoria "AL SOLDATO ", sia la minigonna che il tipo d’insieme della cameriera, che mi porta una ricca grigliata mista, valgono la garanzia di un mezzo abbonamento: è una tipastra che sarà alta 1,70, muscolosa, con i capelli biondi rasati a pochi millimetri, seno esagerato trabordante dal reggipetto di pizzo nero visibile sotto una maglia traforata. A fine pasto lascio una mancia proporzionata al seno.
La terza volta che ceno lì quella trova modo di chiedermi di dove sono, cosa faccio lì, se mi fermerò a lungo, se non lascio la famiglia in Italia. Pare soddisfatta delle mie risposte e contraccambio le domande: ha 18 anni, vive con la madre che gestisce la trattoria stessa assieme al patrigno attuale, che non le piace affatto e si è lasciata da poco col fidanzato che si è trasferito a lavorare a Praga. Avrebbe voluto seguirlo, ma lui è andato a vivere da una ragazza di là. Bene, benone!
Lunedì vedo a curiosare da un robivecchi d'una città vicina, vedo un baulone d'epoca e lo compro senza indugio, contando di metterci un po' delle molte cose per cui non ho spazi adeguati in casa. Scaricarlo da solo dall'auto e portarmelo in casa appare però faccenda ardua: non è per il peso, ma è che non riesco ad afferrare all'un tempo le due maniglie alle estremità, perché troppo distanti rispetto alla lunghezza delle mie braccia; così la cerco in trattoria per farmi dare una mano, ben sapendo che alle ragazze di qui non pare strano aiutare in lavori pesanti; non è di turno e la madre la chiama al cellulare; arriva subito e mi spiega che lavora tre giorni da mane a sera e poi ha tre giorni di riposo: qui è la normale. Si presta ad aiutarmi e così installiamo senza difficoltà il baulone in una stanza di casa mia. Vede tre quadri appoggiati per terra, comprati da un paio di giorni e che mi appresto ad appendere: intuisco che tutto ciò le da un senso psicologico di affidabilità, non percependomi come uno che scomparirà nel nulla. La ringrazio per l’aiuto e le propongo di andare l'indomani insieme a fare spese nella città vicina, considerato che, se ho ben capito, avrà il giorno libero: accetta, contenta.
Il mio lavoro in loco non è ovviamente ad orario fisso e consiste in gran parte nel tenere i rapporti con le pubbliche amministrazioni; i rapporti con clienti e fornitori vengono per lo più sbrogliati senza difficoltà dagli impiegati già presenti; devo inoltre tenere informata dell’andamento la proprietà in Italia.
Così abbiamo tempo di girare per negozi ed ovviamente le compro alcuni capi ed un paio di scarpe di mio gusto. Non spendo peraltro grandi cifre. Mi chiede se ho intenzione di continuare a vivere da solo e, buttando il cuore oltre l'ostacolo, le chiedo se sarebbe interessata a venire da me e se non è un problema la differenza d'età: dice che non lo è e non si fa ripetere due volte l'invito; la sera stessa si ferma a dormire da me ed il giorno dopo vado con lei in auto da sua madre a prendere le sue cose; la madre sembra contenta. Medito che conosco Pavla da meno di dieci giorni ed il tutto non mi par vero.
Domenica ho avuto una giornata impegnatissma (la fabbrica lavora, su turni, anche nei festivi) ed arrivo a casa verso le 19; Pavla sta facendo la doccia e mi chiede se la porto fuori a ballare; acconsento, precisando però che io sono negato al ballo. Preparando il vestiario per cambiarmi, mi accorgo che ho terminato il lucido da scarpe nero (odio le scarpe impolverate): se corro al supermercato, faccio a tempo prima che chiuda alle 20; mi precipito fuori e ci vediamo tra mezz'ora in trattoria (mi cambierò dopo cena); in realtà dopo un quarto d'ora sono già lì e trovo Pavla seduta ad un tavolone con un tipo alto e muscolo, tatuato, capelli rasati come lei, in jeans e canottiera: è Peter, 26 anni, l'ex di Pavla; noi mangiamo, lui si beve un paio di birre, mentre aspetta di andare al treno per la capitale. Usciamo insieme, io scendo verso casa, dove ho lasciato l'auto in strada, Pavla accompagna Peter alla stazione: se si va in auto, per raggiungere la stazione da casa mia bisogna scendere verso il centro e risalire indietro per una strada poco divergente; a piedi invece basta attraversare un piccolo parco di piante secolari che circonda una chiesetta di fine '600. A metà del tragitto giro bruscamente sui tacchi: io sono uscito al volo e non ho preso le chiavi di casa, perché vi ho lasciato lei; perciò vado anch'io verso la stazione e li scorgo abbracciati, con lei seduta sullo schienale d'una panchina di cemento, voltando le spalle al sedile della panchina ed a me; non c'è in giro un cane; ora vedo meglio: stanno proprio scopando! Avanzo per inerzia rallentando; sono a venti metri quando lui raggiunge l'orgasmo e, rapido si richiude i pantaloni, le dice "Corro al treno" e fa per avviarsi; a quel punto mi vedono: lui corre alla stazione, girandosi indietro un paio di volte e lei mi guarda perplessa ed interrogativa: sono ad un metro da lei e le dico, esplicativo, che sono senza chiavi di casa. Ci avviamo insieme in silenzio. Mi chiede "Non sei incazzato? Sai avevo voglia e anche lui mi ha detto che gli piaccio ancora." "No." le rispondo e null'altro. Saliamo in casa. Non sa come regolarsi. Vado verso la camera, dove ho gli abiti per cambiarmi, mi segue, cercando qualcosa da dire, ma io ne approfitto e la spingo sul letto: mi gira le spalle, sapendo che prediligo i rapporti a-nali e pensando di sicuro che non è il momento giusto per contraddirmi (d'altra parte lo ha sempre preso in culo con naturalezza, essendovi già abituata); ma la rigiro e mi appresto a penetrarla in posizione classica; mi scruta un attimo negli occhi; sento subito il succo di Peter; arrivo all'orgasmo in mezzo minuto; è perplessa; le spiego che trovo eccitantissimo sentire il seme di chi mi ha preceduto intorno al mio uccello; "Me ne sono accorta!" esclama e ridacchia.
Risponde al cellulare: è Peter preoccupato. Gli spiega che va tutto bene, che abbiamo appena scopato insieme; me lo passa al cellulare: "Sì", dico io, "Ciao, nessun problema; spero di rivederti venerdì".
Pavla ha cambiato idea, non ha più voglia di andare in discoteca e dormiamo abbracciati. Dormiamo a lungo.
Il venerdì arriva più puntuale di un orologio svizzero subito dopo al giovedì; in settimana ho cercato di spremere da Pavla un po' di informazioni sui suoi gusti e sulle sue fantasie sessuali, ma con scarsissimo successo: anzi si è ritirata nel guscio, minimizzando l'accaduto "Hai detto che non ti sei arrabbiato, adesso non farla tanto lunga"; ho provato a chiederle se ha avuto qualche esperienza "diversa", per esempio con due maschi in una volta o con una ragazza: mi ha detto che sì, qualcosa con una sua ex compagna di scuola, ma di dettagli nemmeno l'ombra.
Allora le ho chiesto se usa internet, per sentirmi rispondere che non le serve, non conosce nessuno che viva lontano. Così ho deciso di andare insieme in un caffé internet (non posso certo portarmela in ufficio): le ho mostrato un po' di tutto, ma soprattutto S/M e cuckoldismo; era meravigliata, come se le si aprisse un mondo nuovo: continuava a lanciare gridolini soffocati, mettendosi la mano davanti alla bocca, per non attirare l’attenzione degli altri utenti, peraltro ragazzini intenti ai videogiochi; ogni poco mi chiedeva: “E questo ti piace? E questo lo fai?” Ho cercato di spiegarle che sono molte le cose che mi piacerebbero, poche quelle che ho già praticato; comunque le ho segnalato ripetutamente che non mi interessa il dolore fisico, che sopporto pochino, ma la complessità delle situazioni. Mi è parso però che abbia una mentalità più diretta ed elementare di quella corrente in Italia: vedremo!
Mi ha anche detto che sua madre anni prima faceva un po’ di S/M con un suo ex, ma non ne sa più di tanto.
Comunque il venerdì è arrivato: in mattinata ricevo un sms di Pavla che mi chiede se sono d'accordo di cucinare qualcosa di italiano, invitando a cena Peter ed una amica; accetto e mi s**teno in cucina, dedicandovi l'intero pomeriggio.
Preparo un carpaccio di cavallo contornato da foglie di carciofi per antipasto, dei tortellini di brasato, bistecchine di struzzo con insalata belga ed un dessert di castagne con panna montata. Non è la tipica cucina italiana, ma è il mio gusto e, soprattutto ho scelto cibi praticamente sconosciuti da queste parti. Comunque di più non so fare. Accompagno l'antipasto con una bottiglia di Schiava del Trentino, i secondi con una di Domina dei Piccoli Tatra ed ho in frigo il Fragolino per il dessert.
La cena peraltro va come prevedibile, anche perchè Jana (una ricciolona alta e con poco seno, poco oltre i venti) dimostra subito di saper collegare i vini al S/M: prima del dessert siamo già in camera da letto, con Jana (amica di Peter ma già nota anche a Pavla, essendo ragazza locale) che mostra a Pavla su di me come si usa uno strappone (per fortuna non di eccessive dimensioni), mentre Pavla stessa la da nuovamente a Peter, di cui pare entusiasta, anche se a me quello pare invece modesto di fantasia: se la scopa solo sdraiato sopra, un po’ in fica, un po’ nel culo: le sborra sulle tette, non so se per timore di metterla incinta. Il difetto degli strapponi è che non dicono mai "Sto venendo!" e dopo un po' sono costretto a chiedere io a Jana di smettere, perchè mi duole il buchetto.
Dopo un'oretta si torna al discorso della discoteca: sanno dalle locandine pubblicitarie affisse per strada che in un paese vicino c’è un concerto dal vivo di un gruppetto rock e decidiamo di andare con la mia auto, ma Jana non può venire, non ci dice perchè.
Arriviamo poco prima delle 22, che quassù sono orario di punta, ma troviamo il salone miserabilmente vuoto, tanto che il complessino non si da nemmeno la pena d'esibirsi e la musica è so-lo di cd.
Pavla fa due o tre giri con un suo ex compagno di scuola che è già lì, certo Ales, mentre Peter mi intrattiene ad un tavolo, parlandomi di come è bravo nel proprio lavoro e di quanto ingiustamente non lo paghino abbastanza. Non mi meraviglierebbe se finisse col chiedermi di assumerlo alla fabbrica.
Queste "discoteche" di provincia sono in realtà grandi saloni di osteria, arredati con tavolacci sul contorno, un palco per gli spettacoli, qualche luce moderna aggiunta e del tutto estranea al contesto generale: le aprono una o due volte al mese. Ales e Pavla tornano al tavolo ed Ales propone di andare in un'altra "discoteca" (dista circa 15 km), dove garantisce che l’ambiente è certo meno triste; obietto che questo posto è più squallido che triste, ma ognuno vuole dire la sua e la discussione è noiosa, avendo tutti e tre loro già carburato discretamente e ripetendo perciò ciascuno ogni affermazione almeno sette volte: d'altra parte qui la gente è trattenuta nel bere solo dalla relativa spesa e, visto che pagavo io, si sono fatti almeno due birre e tre vodke a testa: io non bevo, essendo al volante ed essendo qui i controlli e le pene severissimi.
Pavla gli ricorda del ponte chiuso per lavori in corso (ormai da mesi) sulla strada principale e perciò bisogna girare per stradette secondarie; così saliamo in auto, con Ales al mio fianco per indicarmi il percorso. Passano pochi istanti e mi accorgo che Pavla, dietro di me è soavemente impegnata a spompinare Peter (mi sfugge, per quel che importa, di chi sia stata l'iniziativa: ormai ho acquisito il dato che è ancora ad ogni effetto l’amante di quello e la cosa mi starebbe anche bene, se solo potessimo esplicitare meglio i rapporti; in mancanza mi sento solo un po’ precario): se ne accorge anche quel ritardato di Ales, che si gira verso di loro e si palpa la patta con la mano destra; rallento, ed esco dalla stradetta in un ingresso boschivo, dove fermo l’auto: così posso girarmi anch'io e vedere che Pavla è carponi sul sedile posteriori con Peter che se la prende alla pecorina: lei, con la testa sul lato destro dell'auto, allunga indietro la mano sinistra alla cieca verso il mio viso, come per tirarmi verso di sé, poi ferma un attimo Peter, si rigira con fatica per gli spazi ridotti, sulla schiena, lui la ripenetra e le sborra dentro; Peter scende dall'auto, aprendo la portiera alle proprie spalle; Pavla si struscia con la destra la figa e mi passa la mano sulla bocca: mi dice "Vieni qui!"; scendo dall'auto e mi affaccio al sedile posteriore, la traggo un po', per i piedi, verso di me e tuffo la bocca nel suo triangolo (per fortuna sempre ben rasato); nel frattempo Ales ha aperto l'altra portiera e Pavla glielo ha preso in mano; quando dopo un paio di minuti estraggo il viso dal triangolo della mia felicità, Ales è carponi nell'abitacolo sopra di lei che lo spompina. Ho un'idea: afferro con la destra una coperta d’emergenza che tengo nel vano dietro il sedile posteriore, trascino fuori Pavla per i piedi, cerco di sorreggerla e la conduco davanti all'auto, rimasta con i fari accesi, adagiandola prona sul cofano, sopra la coperta che vi ho più o meno disteso sopra; con la coda dell'occhio vedo Peter che in piedi a pochi metri sta fumando una sigaretta; appoggio il mio arnese al buchetto di Pavla, ma mi è subito evidente che io sono eccitatissimo ma che il mio fratellino non è abbastanza duro: Pavla aspetta passiva; Peter si avvicina menandoselo: porca vacca però! ce l'ha di nuovo bello duro; mi scosta risoluto ed io per salvare la faccia replico "Sì, ma solo un minuto." e lui glielo affonda deciso nel culo; dopo un paio di minuti mi rifaccio avanti, finalmente in tiro: inaspettatamente mi cede il posto, la penetro contento, ma dopo un attimo Peter mi si appoggia alle spalle ed appoggia il suo arnese al mio buchetto: no, ce l'ha troppo grosso e già sento un dolorino di bruciore lasciatomi dallo strappone; così sono purtroppo costretto a battere bruscamente in ritirata, ridandogli spazio.
Dopo un momento sborra, un po' dentro il culo ed un po' sulle chiappe di Pavla; si porta davanti ad un faro e si lamenta che ha il cazzo sporco, come se Pavla ne avesse colpa; lei si gira e sembra tornare tra i vivi: scambiano due battute e lei dice che spetta a me pulirglielo, ma prima devo ripulirle le chiappe ed il buchetto: con una mano sulla testa, Peter mi spinge ad inginocchiarmi, lecco il culo a lei, poi prendo in bocca il suo cazzo e slinguo via i pezzettini di merda ristagnanti; Pavla si porta alle mie spalle e mi piscia sul collo e sulla nuca; Ales è rimasto lì accanto senza smettere di menarselo: me lo infila in bocca e tenendomi per le orecchie mi da il ritmo; un paio di minuti e mi viene in bocca; mi rialzo e vorrei ripulirmi, ma improvvisamente sembrano avere tutti fretta di poter ballare e mi costringono a ripartire quasi subito.
In auto Pavla si siede adesso al mio fianco, mettendomi una gamba distesa in grembo, il che non è l’ideale per guidare; si accende una sigaretta, con la schiena appoggiata alla portiera e tuffa ripetutamente l’intera testa fuori dal finestrino, a rinfrescarsi; tanto stiamo viaggiando sui cinquanta all’ora. Le chiedo “Se sei la mia ragazza sono un cornuto, se non sei la mia ragazza sono solo uno qualsiasi e tu una gran vacca” “Certo che sono la tua ragazza!” e tira una boccata di fumo, buttando poi la testa all’indietro fuori dal finestrino “e tu sei un gran cornuto, più di Jan!” e tutti ridono, io non so nulla di questo Jan “E sei anche tu una troietta ed io sì che sono una gran troia!” La definizione la soddisfa pienamente e si rigira ad appoggiarsi allo schienale, lanciando alle sue spalle il mozzicone dal finestrino.
Da dietro Ales le infila le mani nella larga scollatura, sostenendole le tette meglio di qualsiasi reggipetto.
Questa discoteca è la copia dell'altra, ma effettivamente è molto più animata e gradevole.
Io sono uscito in jeans e camicia, Peter ed Ales sono in jeans e maglietta; Pavla indossa una mini di jeans, a ruota e con certe frangette, un top argento stretto sotto e largo sopra ed infradito con zeppa di cinque centimetri: col suo fisico ha proprio l'aria d'una bella zoccola ed attira abbastanza l’attenzione dei presenti.
Ales la porta subito a ballare ed altri si aggiungono in cerchio a loro, mentre Peter si siede con me a dissetarsi con un paio di birre ed altrettanti bicchierini di vodka.
Poi Ales torna al tavolo e la conversazione tra di noi langue; Pavla è andata ai servizi e tarda a tornare; mi alzo preoccupato, visto che ha bevuto abbastanza e vado verso i servizi femminili: chiamo e non risponde; non so che fare e mi scoccia entrare, così torno al tavolo e spiego a Peter se può venire di là, onde spiegare la situazione se qualcuno ci dovesse piantare grane; viene, non si fa problemi ad entrare nei servizi, ma lei non c'è; allora va verso quelli maschili, spostati di diversi metri, e lei è lì, seduta su un lavandino a torso nudo e con la gonna attorcigliata alla vita, con davanti uno in piedi che se la fotte ed altri due intorno che se lo menano preparandosi al loro turno e pal-pandole intanto le tette; io raccolgo da terra il top, Peter s'incazza e comincia a strepitare: ai tre si affloscia per il contrattempo e se ne vanno protestando; lei non reagisce; lui la prende per un orecchio e la trascina fuori, così com'è, noncurante di me che li seguo con il top in mano; attraversano due stanze piene di gente, la porta all'aperto, dove pure ci sono vari capannelli di gente, si allontana di pochi metri e la spinge col viso contro una betulla; le lega le mani intorno all'alberello con un pezzo di stoffa, lasciandola in realtà abbastanza libera di muoversi, e con la cinta dei pantaloni comincia a frustarla; un po' di gente si assiepa a guardare, ma lo spettacolino non dura molto: serve solo nelle intenzioni di Peter a rivendicare il suo ruolo: ha perfettamente ragione, perché per lui altro è fottersi con soddisfazione la mia ragazza, altro scoparsi una troia ninfomane che la da a chiunque!
Poi risaliamo in auto: lei si addormenta davanti e lui dorme beato semisdraiato dietro. Ales era già scomparso e ci siamo tutti ampiamente scordati di lui.
Arrivando a casa sono stupito di vedere Jana che ci aspetta davanti alla porta, essendo quasi le due di notte: capisco da quello che mi dice che ha telefonato a Peter, forse mentre cercavo Pavla ai servizi.
Pavla si risveglia e sveglia Peter: scendono dall'auto e si abbracciano teneri come due innamorati. Nel frattempo Jana mi spiega che lei lavora saltuariamente in un club della zona dove la chiamano quando ci sono clienti che vogliono prestazioni S/M, ma vorrebbe trasferirsi nella capitale, dove però non ha dove abitare e cerca perciò appoggio presso Peter; lui in realtà abita con una donna divorziata, di vent'anni più anziana e che ha due figli grandi: ma uno dei due è via militare e po-trebbe provvisoriamente esserci posto per lei.
Saliamo in casa, Peter e Pavla vanno a farsi una doccia e Jana mi chiede della serata: eccitantissima per i miei gusti, gliela racconto, però adesso avrei anch'io voglia di sborrare; Jana mi dice "Bene, segati!", ma replico che senza stimolo non mi viene e mi lamento un po'; Peter e Pavla arrivano in camera e Jana riferisce loro: mi fa sedere a gambe larghe su un cuscino che mette per terra a fianco del letto, e mi dice di menarmelo, mentre lei e Pavla sedute sul divanetto di fronte a me un po' slimonano, un po’ mi strusciano i piedi nudi sul petto e in faccia (hanno entrambe il 40 di piede); poi Jana infila le dita nella figa di Pavla e quella si agita come una scema, non bastandole evidentemente il cazzo godutosi. Peter, semiindifferente e stanco si corica dall'altra parte del letto ed io sborro abbastanza rapidamente sui loro piedi: naturalmente se li fanno ripulire con la lingua da me. Jana, informata prima da me e ora da Pavla dei particolari piccanti della serata, mi chiede di spiegare che differenza di sapore c’è tra la mia sborra, quella di Peter che ho leccato dalla figa di Pavla e quella di Ales, ma per la verità non so rispondere, ogni sborra ha il suo sapore e mi limito a dirle che una volta ho spompinato un ragazzo di colore, non ricordo di dove era, che mi ha schizzato in bocca ed in faccia un mezzo bicchiere di sborra, che non era bianca ma giallastra. Io considero che la normalità sia essere bisessuale e non ho mai saputo comprendere la gente che rifiuta i rapporti con quelli del proprio sesso: dipende solo dalla situazione, se è eccitante oppure no e da come ti senti tu in quel momento. Anche sul lavoro, ci sono diversi, sia maschi che femmine, con cui farei volentieri del sesso, ma lì poi si creano i casini, meglio evitare. Però quello che mi eccita davvero non è la scopata in sé, mia o altrui, ma l’insieme di sottomissioni ed umiliazioni.
Poi Pavla mi dice di andarmi a lavare che puzzo discretamente e di dormire sul divanetto nell'anticamera davanti al bagno; loro due si mettono una per lato a fianco di Peter che, supino, le abbraccia e stringe a sé.
Non riesco ad addormentarmi, non tanto per il divano, quanto perchè, se ho svuotato i coglioni, non ho affatto scaricato l'eccitazione psicologica.
Devono essersi accordati prima di addormentarsi, perchè ciascuno dei tre durante la notte mi sveglia ogniqualvolta deve pisciare, entro nella doccia e si scaricano a piacimento sul mio corpo ed in bocca: penso in totale più di dieci volte; e mi dicono di svegliarli alle undici con la colazione a letto. Dormo davvero poco e malissimo.
Al mattino, dopo colazione, Jana se ne va per i fatti propri e con Peter e Pavla andiamo a vi-sitare una mostra d’arte in un museo di una città vicina: qui usa molto e capita di vedere nei musei gente che da noi sarebbe impensabile. Loro fanno i piccioncini e io il portaborse. Ho le idee un po' confuse, perchè se il ruolo del fidanzato cornuto mi piace moltissimo (altrimenti non sarei certo il tipo che si lascia prevaricare), in certi momenti mi pare piuttosto di essere l'ospite di Pavla, che sarebbe fidanzata con Peter; anche se in realtà la presenza occasionale di Ales e la presenza di Jana sono incompatibili con questo schema di gioco.
Non so cosa pensare ed ancor meno come agire, ma l'80 per cento del problema è che non ho dormito come si deve.
Alla sera Peter si ferma nuovamente da noi, ma stavolta io condivido Pavla con lui: lei è in mezzo, sul fianco sinistro, io alle spalle la penetro nel culo e lui sul fianco destro la scopa regolare; non solo siamo ben coordinati fisicamente (e non è così facile), ma il clima è allegro: Peter durante tutto il sandwich ci racconta delle avventure di Jana con i suoi clienti che le richiedono particolari comportamenti S/M. Poi mi addormento felice e loro credo pure.
Domenica Peter parte per la capitale in mattinata per dei lavori in garage ed io rimango con Pavla intenzionato ad approfondire il nostro legame.
Peter in settimana avverte che venerdì non verrà, sempre per via del garage e forse neanche venerdì successivo.
Io il lunedì ancora successivo dovrò andare al Ministero, dove un funzionario mi ha fissato un appuntamento per le 8 di mattina: morire che riesca ad ottenere un orario più ragionevole, anche in un altro giorno. Quindi avverto Pavla che domenica andrò là e mi fermerò a dormire in albergo nella capitale. Lei obietta che vuol venire con me e che dormiremo da Peter; non sono affatto persuaso: altra cosa è dormire occasionalmente scomodo in un'ottica S/M, altra farlo durante la normale vita lavorativa. Ma lei insiste ed alla fine cedo.
Nel frattempo i giorni scorrono quieti e sono un po' stupito del tenore di Pavla: può fare la gran vacca e poi starsene tranquillissima, sempre con la stessa massima disinvoltura. Capisco che io ho in-vece il gusto del trasgressivo nel sangue e mi costa un po’ rinunciarci a lungo.
Domenica arriviamo in serata a casa di Peter e conosciamo la sua donna attuale: Lena è vicina ai 50, un gran culone e due zinne giganti che le scendono quasi alla vita; non escludo che trent'anni prima sia stata bella. Dei due figli, il maggiore, Karel, militare ma oggi a casa in licenza, è un ventiduenne assolutamente normale; l'altro è una culetta effeminatissima che sembra davvero una ragazza: 18 anni, capelli neri a caschetto, assolutamente imberbe, con un accenno di seno; non penso sia solo questione di gusti, ma anche di DNA e di ormoni. Siede a tavola con un accappatoio da doccia e pantofoline rosse femminili con tre centimetri di tacco; dalla scollatura dell'accappatoio intravedo (e se ne accorge) il piercing ai capezzoli dei suoi piccoli seni. Si fa chiamare Renata.
Lena non è una gran cuoca e mangiamo pesante: per fortuna apriamo le bottiglie che ho portato e che rendono il tutto quasi digeribile.
Dopo cena non ho una gran voglia di conversazione e vorrei coricarmi per alzarmi l'indomani presto: tutti d'accordo. Mi aspetto che ci mostrino la camera, ma Peter dice che dormiamo con i due ragazzi; non capisco subito e nella loro camera vedo solo i loro due letti; poi capisco! Lena, forse un po' gelosa verso Pavla che se la fa col suo Peter ha concordato con lui che Pavla dorma con Karel (così da trattarla da puttanella che va con chiunque) ed a me tocca Renata. Pavla non pare dispiaciu-ta, visto che Karel è un bel ragazzo.
Io non sono mai stato a letto con una "cosa" così e mi domando e le domando se è operata: "no, non ancora." è la risposta. Entrambe le coppie si danno quel tanto da fare nel letto e ci addormentiamo.
L’indomani al Ministero tutto bene, ci danno i permessi per il nuovo stabilimento. Così, dopo pochi giorni concordo telefonicamente un prossimo rientro in Italia, per sistemare con i soci pro-prietari dell’azienda una gran quantità di faccende.
Un pomeriggio però mi arriva in ufficio, e non in un momento libero, una chiamata da Pavla che concitatamente mi avverte che è morta sua nonna paterna, di cui nemmeno conoscevo o perlomeno ricordavo l'esistenza, e che pertanto sta partendo in treno per la cittadina dove quella viveva col fratellastro di Pavla stessa.
Ovviamente le chiedo quando tornerà: non lo sa, principalmente perchè vuole approfondire la questione dell'eredità, visto che, mi spiega, a sua nonna erano stati restituiti dei campi ed un mulino confis**ti quarant'anni prima dal regime socialista.
Rientro a casa e non ho voglia di uscire, nemmeno per andare in trattoria, così che sto ad istupidirmi davanti alla tv.
L'indomani è venerdì ed in serata sono a casa a far mente locale sul paio di settimane che passerò in Italia: devo preparare tutti i documenti che è necessario mi porti appresso e distribuirli in due valigette 24ore: le carte più importanti non le ho mai tenute in ufficio. Però odio fare i bagagli, in senso lato.
Mi spoglio per fare una doccia, rimanendo con solo una canottiera, ma vado in cucina a prendere qualcosa per una gran sete, tipica di quando si mangia disordinatamente, quando sento il campanello: mi pare inverosimile che Pavla sia già di ritorno e guardo curioso dallo spioncino: è Peter, a cui apro trasalendo, perchè ovviamente penso che Pavla non lo abbia avvertito della sua repentina partenza. In effetti entra un po' brillo, seccato con lei perchè avrebbero dovuto incontrarsi in trattoria e l'ha aspettata inutilmente un'ora, bagnandosi (ovviamente) doverosamente il gargarozzo con "un paio" di vodke. Entra e gli spiego che Pavla è partita e ad onor del vero non so ripetere il nome del luogo dove mi ha detto che andava: inutile peraltro chiamarla, perchè già ieri ho notato il suo cellulare dimenticato su uno sgabello in camera.
Mi segue in cucina e mi chino a prendere qualcosa dal frigo per me, chiedendogli con tono suadente se vuole qualcosa di analcolico: invece vuole una birra e mentre mi chino (di nuovo) per prendergliela la sua mano solleva con facilità la mia canottiera ed un dito indugia sul mio ano; mi giro e mi sposto per richiudere il frigo, spiegandogli che stavo per fare la doccia, ma lui non molla la presa della mia natica e mi dice brutale che non c'è Pavla e che da qualche parte deve pur svuotarsi i coglioni: naturalmente potrei resistere, ma un po' il suo atteggiamento mi eccita ed in fondo lui mi piace, per come scopa la mia Pavla e così, appoggiato sul tavolo della cucina, sento che si abbassa i pantaloni ed armeggia col suo arnese; gli ci vuole davvero poco per averlo duro, ma io sono chiusissimo. Allora prendo l'iniziativa, ricordandomi l'"Ultimo tango a Prigi": prendo dal frigo un panetto di burro, ne taglio con un coltellino che c'è sul tavolo un cuneo e me lo infilo in culo. Poi mi giro e mi inginocchio per guadagnare tempo in attesa che il burro si sciolga: glielo prendo in bocca e succhio con forza; lui fa versi estasiati; allora mi rigiro e mi chino col ventre sul tavolo, sollevando anche la gamba sinistra di cui appoggio il ginocchio sul bordo del tavolo stesso: adesso entra quasi senza difficoltà ed in pochi minuti sbattendomi vigorosamente (così che devo puntarmi con le braccia contro il muro al di là del tavolo) mi viene dentro con un grosso fiotto caldo. Si ritira su i pantaloni, mi guarda e mi chiede un'altra birra; mentre gliela apro mi chiede quando torna Pavla: "Non lo so, forse già domani, ma proprio non lo so". E se ne va con la birretta in mano, lasciando la porta aperta come se avesse le mani occupate a menarselo di nuovo e senza nemmeno pensare di dovermi forse salutare.
Quanto frettolosamente accaduto non mi sembrerebbe nemmeno vero se non sentissi il rivolo che mi scende dal buchetto indolenzito. Rinvio la doccia, preferendo sdraiarmi prono sul letto, ripercorrendo le sensazioni e lasciando che la sborra di Peter lentamente fuoriesca e si asciughi. E mi addormento.
Sabato preparo i bagagli personali per due settimane di permanenza in Italia, avendo deciso di partire domenica mattina.
Non ho molto da fare e spero in una telefonata di Pavla, che finalmente chiama nel pomeriggio: ha dimenticato il cellulare, non è a casa, del fratellastro e della defunta nonna, per necessità relative al funerale, è ospite di un amico del fratellastro in una casa lì vicino dove non c'è segnale perchè bassa sul torrente (ben conosco il problema, qui frequentissimo, per l'orografia collinare molto irregolare); si fermerà ancora un paio di giorni al massimo. Io le ricordo che sto per partire per l'Italia per un paio di settimane e che quindi ci vedremo al mio rientro; le dico che ieri è venuto Peter a cercarla, ma ovviamente non mi sogno di raccontarle nulla per telefono del fatto che io l’abbia sostituita.
Alle 8 di sera suona di nuovo il campanello e, questa volta, non sono in succinta canottiera, ma in accappatoio regolamentare ed appena docciato. E' di nuovo Peter, che entra e di cui immagino facilmente le intenzioni, oscillando io tra il risentito per la sua spudorata sfacciataggine ed il soddisfatto per il suo interessamento: ma entrando tiene la porta aperta alle sue spalle perchè dopo un attimo lo seguono Ales ed uno sconosciuto, certo Franz; vedono la luce accesa in camera da letto e lì mi precedono, mentre vorrei muovere obiezioni per dirottarli verso il salotto, facendo presente che Pavla dovrebbe rientrare domani: ma non gliene frega più di tanto e Peter mi dice di andare a mettermi il burro e di prendere tre birre; mi spiega, come se fosse motivo adeguato e sufficiente, che ha deciso di mettersi a lavorare in proprio con quei due, aprendo una impresina lì nella cittadina. Prendo le birre e ad ogni buon conto mi metto il burro, anche se timoroso di diventare una sorta di pubblico culo per cazzi senza sbocco migliore: lavoro lì e la voce potrebbe spargersi facilmente. Comunque considero che loro tre lo sanno già e che quindi non sto aumentando il rischio di sputta-namento.
Ales si siede sul letto sopra il cuscino, seduto per farsi spompinare e Peter mi manipola il buchetto, ungendosi l'uccello per infilarmelo al meglio. Preferirei se almeno il terzo, che vedo per la prima volta in vita mia, usasse un preservativo, ma io di certo non ne ho, loro nemmeno e Peter mi garantisce che Franz è sanissimo: non credo alle garanzie di Peter e Franz, ma neanche alla martellante propaganda per i preservativi; quando sta per sborrare, Peter si toglie, subito sostituito da Franz e, facendo spostare Ales, mi sborra in bocca. Franz ha un arnese più grosso di Peter e mi sfonda proprio, così che gli devo chiedere di mettersi un po' di crema dalla s**tolina sul comodino: Ales mi viene in faccia e subito dopo Franz nel culo. Si siedono sulle poltrone, finiscono le birre e, prima d'andarsene, Peter chiarisce per tutti a voce alta e solenne, come per autotranquillizarsi "Noi non siamo mica culi, tu sei un culo, altrimenti non saresti il fidanzato di Pavla". Arrivederci!
Durante le due settimane in Italia sento diverse volte per telefono Pavla, la quale sembra particolarmente ansiosa di sapere quando rientrerò. Le dico che sono venuti Peter ed i due e lei mi dice che sa già tutto.
Rientro e trovo Pavla ansiosa di vedermi: mi chiede innanzitutto se hanno cominciato a piacermi di più gli uomini. No, mi piace essere cuck, sottomesso ed umiliato, ma di mio non sono attratto dagli uomini: io ‘di mio’ non li cerco e non sarei stato disponibile se non ci fosse stata la storia di Peter con lei; semmai mi piace il cazzo, sia da succhiare che da prendere in culo. Non è che non voglia ammettere le mie tendenze, ma che sono affatto diverse e, tutto sommato, per la mentalità corrente, forse ben più perverse. Mi è evidente che una relazione "romantica" con un'altro maschio mi farebbe venire da ridere ed il mio amore per il cuckoldismo si soddisfa di situazioni forti, ma occasionali.
Allora, tranquillizzata un pizzico, arriva alla seconda questione: l'amico del fratellastro che l'ha ospitata (e che lei già conosceva) frequenta ingegneria ed aveva presso di sé due suoi amici universitari, lì per scambi internazionali, l'uno egiziano, l'altro cubano (e mi dice nerissimo). Lei è stata a letto con tutti e tre, non sembrandole vero provare per la prima volta a farsi sbattere da due maschi esotici (in questo Paese e soprattutto nelle città di provincia tutt'altro che abbondanti), sia insieme che separatamente e ci si è ben divertita (alla faccia del funerale della nonna): solo che partendo di corsa non ha dimenticato solo il cellulare, ma anche la pillola. Le chiarisco affettuoso e gentile che non mi pare così probabile che sia rimasta incinta, essendo le probabilità ben inferiori al 50%. Comunque io mi fermo per pochi giorni, dovendo tornare in Italia di nuovo per due, forse tre settimane: le propongo, sperando che rifiuti, di venire con me; comunque non vuole. Meglio, perchè sarò prevalentemente in azienda per occuparmi del nuovo personale che dovrà fare da collegamento tra la sede italiana ed il nuovo stabilimento.
Resto tre settimane in Italia e Pavla mi scrive spesso affettuosi sms e comincia ad utilizzare e-mail.
Al mio rientro mi annuncia con certezza che è incinta. Mi piacerebbe sapere se è maschio o femmina e di chi: sicuramente non di me, fatti i dovuti calcoli e data la rarità delle mie sborrate in figa.
Lei non è entusiasta di andare a fare gli accertamenti in ospedale, almeno non subito, e comunque non penso sarà difficile vedere se un bimbo è figlio di uno slavo, di un arabo o di un negro cubano.
Durante la mia seconda permanenza ho approfittato per concordare un mese di ferie (arretrato e sempre rinviato per necessità aziendali), prima che la nuova fabbrica sia pronta e che io mi trasferisca d'abitazione in una villetta d'epoca ristrutturata ed equidistante dalla nuova e dalla vecchia fabbrica, pur non essendo sulla direttrice stradale che le collega direttamente: circa 25 km da ciascuna (tra di loro ne distano 40), che con le strade di qui significa 20 minuti d'auto, ma anche implica anche fuori dall'areale di reclutamento del grosso del personale delle fabbriche. La casetta viene acquistata dalla mia società, a proprie spese, essendo un investimento minimo rispetto a quello per la nuova fabbrica e lascio libera la dimora attuale per il nuovo responsabile di stabilimento che mi farà da vice.
Dopo una settimana partiamo dunque (io e Pavla) per un mese di ferie, di cui racconterò a parte.

W L E F E R I E

Passate le ferie rientriamo ancora per alcuni giorni nella vecchia casa, principalmente per preparare il trasloco.
Il legame con Pavla è oramai molto forte, grazie proprio all'essere stata con me, lontana dalle sue abitudine, dai suoi conoscenti e dalla sua area linguistica. Ha capito ormai gran bene chi sono, da ogni punto di vista.
Si rifà viva Jana, le raccontiamo delle vacanze e della nuova casa, ci promette aiuto per il trasloco e coinvolge Peter, Ales e Franz, col loro camioncino.
Comunque annuncia che bisognerà organizzare una bella festicciola (è nota tradizione locale) per il della nuova casa: viene con noi a vederla e, mentre prendiamo alcune misure, ne è entusiasta. Comunica che vuole organizzare tutto lei, basta che le diamo un (ragionevole) fondo spese.
Al trasloco siamo ormai ai tre mesi di gravidanza ed il pancino comincia ad intuirsi e tutti durante il trasloco ne parlano: e tutti si domandano chi è il padre e se la nascitura (ne abbiamo nel frattempo appurato il sesso) sarà bianca, mulatta o semiaraba.
Rimandiamo la festicciola per diversi contrattempi, primo tra tutti una forte influenza di Jana. Ormai fa un bel freddo invernale anche se in realtà siamo ancora in autunno ed arriva già la prima neve.
La festicci ola varrà anche quale ufficializzazione del fidanzamento tra me e Pavla e mi sono procurato un anello adeguato.
Ho anche fatto un discorsetto a Jana: mi piace tutto (o quasi) quello che è successo in questi mesi, ma gradirei che la festicciola non si rivelasse semplicemente un'orgia. E Jana m'ha risposto (a letto con la febbre a 40) "Ma certo, non si scopa proprio!"
E' oramai solo a metà gennaio che la festicciola in casa nostra può andare in porto: sono presenti oltre a me e Pavla, quali ufficializzanti il fidanzamento, Peter, Ales e Franz, Jana con due tre amiche del bordello (due di origine ucraina e l’altra vietnamita), la madre di Pavla che sfoggia un nuovo fidanzatino ben più giovane di lei, Karel, titolare del predetto bordello ed il fidanzato ucraino di una delle due professioniste.
Jana chiarisce subito che non si è lì per scopare, perchè questo si potrà fare semmai dopo. Tutti si servono di tartine e beveraggi, mentre Jana fa distendere Pavla con la schiena sopra un tavolo di legno a libro, sgomberato e ricoperto con un pled piegato: da dietro la testa regge le caviglie a Pavla, così che questa si trova rovesciata con le gambe all’indietro, nonstante il pancione e la vietnamita infila un cuscinetto sotto le reni di Pavla onde rialzarle le chiappe. La vietnamita infila poi guanti di plastica monouso sulle sue manine minute e li unge con un gel fornitole dalla stessa Jana e, con estrema lentezza, millimetro dopo millimetro, le infila entrambe le mani, una in figa ed una in culo a Pavla: la faccenda dura un buon tre quarti d'ora e tutti gli astanti sparsi in cerchio incoraggiano e consigliano, mentre un'ucraina provvede ad aggiungere con frequenza gel nei punti di maggior resistenza e l'altra s**tta qualche fotografia.
Ce la fa fino ai polsi (bisogna dire davvero sottili) e scroscia un applauso con grandi commenti di approvazione. Quindi inizia l'operazione di uscita, che Jana avverte deve essere condotta con altrettanta prudenza e lentezza. In realtà, passate le nocche le mani si sfilano in un attimo: Jana dice all'ucraina di s**ttare ancora alcune foto dei buchi dilatati e poi le passa un grosso dildo, della sua collezione, da infilarle nel culo e (poiché non ne aveva a disposizione un'altro ancora più grosso) un gigantesco cetriolo che si è procurata in giornata.
A questo punto Pavla, aiutata, si alza dal tavolo, si sgranchisce un po', si infila delle ciabattine ad infradito con la zeppa e… dichiara che le viene da pisciare! Jana insorge che, dopo tutta la fatica fatta, deve proprio resistere almeno per un po' di tempo; ed aggiunge che potrebbe anche essere solo un'impressione. Così Pavla fa qualche passo esitante e finisce per sedersi di traverso sulle ginocchia di Peter: per la precisione sul suo ginocchio destro, con la spalla sinistra appoggiata al suo petto, la gamba sinistra sopra il bracciolo sinistro della poltroncina ed il piede destro che sfiora il terreno tra le gambe di Peter; il braccio sinistro cinge il collo di Peter e mentre mi avvicino cominciano a sbaciucchiarsi e a limonare: io mi posiziono lì davanti un pizzico esitante e Jana, quale maestra di cerimonie, mi ricorda di inginocchiarmi; inginocchiato sulla gamba destra e con l'altra piegata per mantenermi meglio in equilibrio, apro lo s**tolino del gioielliere ed estraggo l'anello di fi-danzamento, infilandolo al dito della mia fidanzata che con bel garbo mi porge il ditino, mostrando-lo poi orgogliosa a Peter ed alzandolo per farlo vedere a tutti; limona ancora con Peter, perchè sono entrambi soddisfattissimi, inarcando la schiena e mettendo così ancora più in vista la pancia gonfia di circa cinque mesi. Scena indimenticabile.

P.S.: dopo tre settimane l'ospedale rettifica, perchè non si tratta di una bambina, ma di due, che risulteranno l'una di carnagione scuretta perché figlia dell'egiziano e l'altra vera mulatta perché figlia del cubano: vatti a fidare degli esami negli ospedali statali.











Mi piacerebbe davvero che qualche cineasta traesse dai racconti film atti a divulgare la cultura cuckold. Film, non pornofilm.
Published by CucPierino
4 years ago
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